Lo aveva già commentato Gentiloni alla conferenza stampa di fine anno. Ieri, il Ministro Martina lo ha ripreso parlandone in termini di urgenza: è il reddito di inclusione.
Il Reddito d’Inclusione (Rei) è un reddito erogato dallo Stato alle famiglie che l’Istat indica al di sotto della soglia di povertà. Un assegno di massimo di 400 € mensili e che dovrebbe raggiungere una buona parte, ma difficilmente tutta, del milione e 600 mila famiglie povere.
Perché non potrà essere dato a tutti i poveri e perché è di soli 400 € mensili (al massimo)?
A causa di una parola che il vocabolario dall’austerità ama particolarmente: la copertura finanziaria. La Legge di Stabilità 2016 dedica alla misura anti povertà 1 miliardo 150 milioni di euro. Una cifra e una soluzione che non risolve il problema dell’esclusione sociale, ma che mette in luce il circolo vizioso dell’Eurozona: le politiche di austerità creano disoccupazione e povertà e i governi si affannano a cercare una soluzione all’interno dei vincoli delle politiche di austerità. Il risultato è il totale fallimento.
Pochi soldi e non lavoro, non a tutti i poveri, e per di più soldi stanziati ma non ancora approvati.
Eppure c’è stato un momento in cui abbiamo pensato che ci fosse un disegno diverso, orientato a combattere la povertà tramite il lavoro. Lavoro per tutti. È stato quando Gentiloni, alla domanda sulla sorte del disegno di legge sul Rei, ha risposto così:
Un percorso verso una maggiore uniformità di uno strumento di tutela universale è assolutamente necessario. È nei nostri impegni. Ma bisogna stare attenti: non deve disincentivare l’aspirazione a lavorare, ma tutelare le situazioni di crisi e disagio.
Giusto! Non dobbiamo disincentivare l’aspirazione a lavorare. Quindi il Governo darà vita a Piani di Lavoro Transitorio per tutte le persone che vivono una situazione di crisi e di disoccupazione?
No, Gentiloni non ha concluso la frase così. Ha invece elogiato in quel discorso la riforma del Jobs Act, che ha definito ottima, e ha avuto parole dolci anche per i voucher, il cui problema sta solo nella correzione degli abusi.
Nessun lavoro di transizione, ma riforme. Nessuna politica di crescita, ma piccoli redditi anti povertà. È il circolo vizioso dell’Eurozona, ancora nel 2017.