Il Commento

Quelli che “e Pantalone paga”…

Il numero di L’Espresso di domenica 22 gennaio è un salto indietro nel passato, già dalla copertina.

Sergio Rizzo titola così l’inchiesta sulla malagestione del patrimonio pubblico

Palazzi pubblici venduti ai privati a prezzi convenienti. Per anni gli enti hanno pagato affitti salati. Ora bisogna ricomprare. Uno scandalo costato miliardi ai contribuenti.

Il governo in carica nel 2004 mise in vendita 396 immobili statali per fare cassa e ricavare i soldi necessari ad appianare il bilancio dello Stato.

Rizzo denuncia quello che secondo lui è il motivo dello scandalo: non solo gli immobili furono svenduti rispetto al valore di mercato ma gli stessi enti statali, non potendo di fatto trasferirsi in altri immobili, hanno pagato per 18 anni di seguito degli affitti salatissimi. Oltre all’affitto hanno dovuto sostenere i costi delle manutenzioni straordinarie ai “soliti” privati (“amici di destra e sinistra” NdR). Lo Stato avrebbe incassato una decina di milioni dalla vendita ma ne avrebbe spesi una trentina tra affitti, manutenzioni e riacquisti.

Ci risiamo. Una parte del giornalismo italiano continua a guardare il dito e non la luna restando intrappolato in una rappresentazione del problema che limita l’analisi (spesso anche solo la visione). 

Non esiste alcuna spiegazione macroeconomica che spieghi la necessità dello Stato di vendere asset reali per far quadrare i conti.  NESSUNO MOTIVO. I conti del bilancio pubblico non devono quadrare, i bisogni della collettività invece sì. La riduzione del deficit è l’ingegnosa narrazione elaborata per spacciare la follia per un ragionamento dotato di senso, in questo caso la folle scelta di privare la collettività di beni reali a vantaggio dei profitti di pochi gruppi finanziari e immobiliari. Rizzo guarda il dito e individua nelle valutazioni economiche degli asset statali il nodo del problema; è fondamentale, per Rizzo, che un ente pubblico di valutazione sappia mettere in discussione le valutazioni volutamente al ribasso dei gruppi finanziari. 

Leggo l’articolo di Sergio Rizzo e penso che proprio il giorno prima ho presentato “C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando” in un cinema di Cagliari insieme ad uno dei registi, Federico Greco e Mirko Melchiorre . Un pugno in pancia, non il primo e non l’ultimo ma nonostante questo sempre dolorosissimo. Nel film si parla di distruzione della sanità pubblica ma la logica alla base non è diversa dalla vendita del patrimonio pubblico. Il film ricorda che la vera rivoluzione che ci attende è prima di tutto di paradigma economico e culturale. Lo Stato può sempre fare deficit nell’interesse del bene pubblico e mantenere la proprietà di tutti quei palazzi che ritiene utile per migliorare la qualità di vita dei cittadini, così come decidere di darne nuova vita 

La politica italiana ha scelto con cinismo di accompagnare la narrazione dell’austerità invece di combatterla, spesso per ragioni di profitto immediato altre volte per vantaggi sul lungo termine come ottenere una nomina nelle istituzioni europee al termine dell’incarico politico. 

E gli slogan alla e Pantalone paga sono sempre funzionali al gioco anche quando pensano di smascherarlo.


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