Cosa avrebbe potuto fare uno Stato monopolista della valuta a valle della crisi finanziaria del 2008? Sicuramente cose molto diverse da quelle che ha fatto l’Italia, che non è monopolista della valuta e che ha subito anni di manovre lacrime e sangue e che infatti, ancora non è uscita dagli effetti della crisi.
La prima cosa che un Paese monopolista della valuta dovrebbe fare dopo una crisi finanziaria che ha causato una rapida riduzione di liquidità è l’immissione di moneta nel settore privato. Una spesa in deficit libera dai limiti anacronistici e teorici dei Trattati europei, ma tale da andare in senso anticiclico alla crisi finanziaria. Ad esempio una spesa immediata del 12% del rapporto deficit/PIL, da ridurre progressivamente al migliorare della situazione economica.
La spesa in deficit avrebbe rilanciato l’economia, riportando il Paese in crescita economica in termini di prodotto interno lordo già dopo due anni a fronte dei primi anni di arretramento.
Gli stessi effetti si sarebbero potuti osservare sul piano dell’occupazione, con un graduale recupero a fronte degli effetti disastrosi degli anni della crisi.
N.B.: ipotizzando una popolazione occupata per l’80%, potremmo parlare di un dato paragonabile alla piena occupazione volontaria.
In una situazione vicina alla piena occupazione è fondamentale saper gestire la moneta in modo tale da tenere sotto controllo l’inflazione. Uno Stato monopolista della valuta è nei fatti sempre in grado di regolare la quantità di moneta in circolazione. Per cui, dopo i primi anni, è possibile stabilizzarla ad un valore accettabile, sotto il 5 %.
In un’economia in crescita è possibile gestire anche la bilancia dei pagamenti in deficit oppure in surplus, riuscendo in deficit a importare i beni reali necessari senza ricorrere all’indebitamento in valuta estera, se non addirittura aumentando le riserve…
… e in surplus senza distruggere la domanda aggregata interna, garantendo agli stipendi lo stesso potere d’acquisto.
L’esercizio che abbiamo proposto sarebbe stato utile per quei politici e Governi che, al contrario di quanto abbiamo proposto, hanno invece colto con la crisi l’opportunità di accelerare i processi di distruzione dello Stato sociale e di impoverimento dei lavoratori al fine di renderli deboli e sfruttabili. In questi Paesi è mancata la consapevolezza da parte dei cittadini di comprendere il reale intento delle scelte politiche.
Ma quello che ho proposto è un mero esercizio ipotetico e astratto?
Abbiate speranza. Tutti i dati riportati sono quelli di un Paese che esiste, uno Stato in cui i cittadini hanno vegliato affinché le scelte fossero fatte per il bene comune: è l’Islanda.
Il lavoro di Rete MMT è proprio questo, sfidare il pensiero mainstream sul terreno del dibattito, dell’analisi e del ragionamento. E soprattutto alimentare la consapevolezza della collettività sui reali obiettivi delle politiche di austerità dell’Eurozona.