Il Commento

Il Piano Juncker finanzia gli investimenti strategici. E strategico non è più l’interesse pubblico

Il Piano Juncker finanzia gli investimenti strategici. E strategico non è più l'interesse pubblico

La costruzione del moderno Fondo europeo per gli investimenti strategici svolge un ruolo importante e crescente nell’aiutare gli investimenti nel settore sociale.

A pronunciare questa frase è il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, responsabile per la crescita e gli investimenti.

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) di cui parla Katainen è il Fondo creato per far funzionare il Piano Juncker, che fu presentato nel 2014 come lo strumento per il rilancio della crescita “senza aumentare il debito pubblico” (of course)…

Il Piano Juncker prevede di mobilitare 315 miliardi di euro in tre anni mettendo a disposizione 21 miliardi di euro in garanzie finanziarie. L’obiettivo della Commissione europea è di mobilitare il capitale privato nel finanziamento degli investimenti, secondo l’ostinata convinzione secondo cui l’economia riparte tramite l’investimento dei privati e mai del pubblico (e mai soprattutto con l’intervento diretto della BCE). Il Piano Juncker prevede anche l’uso dei fondi pubblici che, in questa circostanza, sono esclusi dal computo del deficit.

In Italia è la Cassa Depositi e Prestiti l’ente che, diventata Istituto nazionale per la promozione dell’Italia, rilascerà garanzie sui crediti delle banche verso i beneficiari del Piano.

Per farla breve, il Piano Juncker prevede investimenti finanziati da prestiti e in cui siano coinvolti i privati. Difficile scorgere nella lista dei beneficiari investimenti che rispondano alle ragioni dell’interesse pubblico. Quelli non sono appetibili per il mercato. In Grecia il Piano Juncker ha finanziato un prestito di 280 milioni per il miglioramento degli aeroporti regionali, privatizzati nel 2015 dal Governo Tsipras su diktat della Troika, e successivamente dati in concessione a una società tedesca.

In Italia nell’elenco dei beneficiari c’è la cordata Ospedal Grando S.p.A., che gestirà il potenziamento dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso.

Banca Intesa ha definito il progetto « la più grande iniziativa di project financing sanitario mai fatta in Italia negli ultimi anni ».

Non c’è dubbio che un ospedale è sempre un’opera a beneficio dei cittadini, ma il problema risiede nella logica e negli interessi che guidano gli indirizzi della UE. Finanziare i progetti che attirano i capitali privati significa finanziare gli investimenti profittevoli per il mercato e il mercato fa la cosa giusta per se stesso: sceglie di investire su un grande ospedale del nord, ben collegato alle altre città europee, con una fascia di utenti piuttosto benestanti. La collettività invece, potrebbe avere necessità di avere ospedali pubblici moderni e potenziati nel Sud, anche nei territori più periferici o dove sempre più persone risultano essere nelle condizioni di rinunciare a curarsi.

Ma chi potrebbe investire in infrastrutture, ricerca, servizi laddove il mercato non lo ritenga profittevole? Solo lo Stato. Chi può salvare i piccoli ospedali periferici nati per offrire un servizio pubblico ai territori più lontani dai grandi centri? La risposta la conoscete, per cui non ci ripetiamo.

Proprio perché lo Stato è l’unico soggetto in grado di garantire equità tra Sud e Nord, tra chi può spendere e chi no, i Trattati Europei impediscono la spesa in deficit.

Oltre il danno la beffa. Ristrutturare le scuole pubbliche fatiscenti concorre al deficit, ma attenzione: l’intervento pubblico che concorre al Piano Juncker è escluso dal computo del deficit.

Solo lo Stato che persegue l’interesse pubblico può difendere gli interessi della collettività. Nulla di diverso da quello che già prevede la Costituzione. Per gli interessi particolari dei privati c’è il Piano Juncker.


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