Il 18 Novembre 2013 la Sardegna è stata colpita da un’alluvione che ha causato 18 morti e milioni di euro di danni, in particolare nella zona di Olbia. Cinque anni fa un’altra alluvione in Sardegna, a Capoterra, aveva causato 5 morti. Nel 2004 altri due morti a Villagrande, sempre nel nord Sardegna. Nel frattempo altre alluvioni hanno causato morti e centinaia di milioni di danni in tutta Italia. Rete MMT riceve una mail dal geologo Antonio Sau, Presidente della Associazione 22 Ottobre, nata a Capoterra in seguito all’evento alluvionale che aveva colpito la Sardegna meridionale proprio il 22 ottobre 2008.
(la Redazione)
Lo scopo principale dell’associazione è stato, all’inizio, quello di studiare la natura dell’evento alluvionale del 22.10.2008 per spiegarlo alla popolazione, poi quello di seguire l’iter di lavori di messa in sicurezza del territorio. Questo ci ha portato alla consapevolezza che senza una seria politica di prevenzione certi fenomeni continueranno a procurare danni a persone e cose.
A oggi, dopo 5 anni dall’alluvione, l’unico intervento strutturale concluso a Capoterra è la ricostruzione di un ponte distrutto dall’alluvione. La Regione Sardegna aveva stanziato una quarantina di milioni per la realizzazione di alcuni interventi di messa in sicurezza dichiarati prioritari. Come per la catastrofe del 18 novembre, anche per l’alluvione di Capoterra si parlò di evento straordinario (ma basterebbe vedere la serie storica delle alluvioni in Sardegna per dire il contrario), cercando di nascondere le responsabilità di scelte tragiche. In Sardegna oltre l’ottanta per cento dei comuni è, a vario grado, a rischio idrogeologico. C’è uno studio, il PAI, Piano di Assetto Idrogeologico della Sardegna, che lo certifica.
Ma il PAI è anche uno strumento che delinea la “prevenzione dei pericoli e dei rischi idrogeologici nel bacino idrografico della Sardegna, compresa la manutenzione della rete idrografica e dei versanti a rischio frana”. Ma per fare gli interventi bisogna spendere dei soldi… ma i soldi non ci sono!
Infatti ecco come si affronta il problema della prevenzione dal livello nazionale a quello locale:
- lo Stato italiano, nella legge di stabilità in discussione al parlamento, prevede di spendere 30 milioni per la prevenzione dei danni causati dal dissesto idrogeologico in tutto il territorio nazionale;
- nell’agosto del 2013 la Regione Sardegna revoca finanziamenti di 1,5 milioni destinati al riassetto idrogeologico per l’anno 2013 per destinare le risorse al sostegno della povertà;
- il 18 novembre in Sardegna l’alluvione uccide 18 persone. Il conto dei danni non è neanche iniziato. Il governo stanzia inizialmente 20 milioni dichiarando che i comuni colpiti potranno derogare al Patto di stabilità per gli interventi legati alla catastrofe.
Come? Solo i Comuni? E le strade (statali e provinciali), le ferrovie, gli acquedotti e le condotte idriche, le linee elettriche e tutto ciò che non è competenza dei Comuni colpiti?
Ma soprattutto, i soldi per la prevenzione dove sono?
E per finire, meno di una settimana fa il Governo ha deciso di trasferire a Olbia parte delle somme già stanziate per i ripristini ambientali delle precedenti alluvioni, e che erano destinate ad interventi già appaltati ma ancora da eseguire nei comuni precedentemente colpiti.
Quante catastrofi devono ancora succedere? Ma è possibile che dei bit valgano più delle vite delle persone?
Antonio Sau