L'Editoriale

Le contraddizioni di Jeremy Corbyn: NO al neoliberismo ma Sì alle politiche neoliberiste

Le contraddizioni di Jeremy Corbyn: NO al neoliberismo ma Sì alle politiche neoliberiste

Si è concluso qualche settimana fa il Congresso annuale dei laburisti britannici, che si è tenuto a Brighton.

Il leader del partito laburista, Jeremy Corbyn, con la consueta cravatta rossa ha salutato la chiusura del Congresso col pugno chiuso e ha cantato insieme agli altri “red flag”. Nel suo discorso ha rimarcato il suo sostegno all’Europa, pur condannando il neoliberismo e le politiche di austerità.

È convinto che servano investimenti pubblici, l’aumento dei salari e la nazionalizzazione di servizi come l’acqua, le energie, i trasporti e l’istruzione universitaria, che dovrebbe essere gratuita.

Fin qui tutto bene, l’obiettivo è chiaro. Quello che invece suona alquanto paradossale sono i mezzi indicati per raggiungere tale obiettivo, ovvero “aumentare le tasse ai più ricchi e alle grandi corporation”. Insomma, per combattere l’austerità occorre più austerità.

Quella che appare come una visione progressista non è altro che una visione conservatrice, in linea col pensiero dominante neoliberista e a favore delle politiche di austerità.

L’austerità consiste nel tagliare la spesa pubblica e/o aumentare la pressione fiscale. Il contrario dell’austerità, cioè quello a cui dovrebbe mirare un serio partito progressista, è un aumento della spesa pubblica (dal momento che non esiste alcuna ragione reale affinché si riduca, se non quando ci si trova in un regime prossimo alla piena occupazione), e/o una riduzione della pressione fiscale.

Aumentare le tasse ai ricchi equivale a togliere ancora più risorse al sistema. Certo, è giusto dal punto di vista etico far pagare di più a chi ha di più. Ma questa scelta non è motivata dal fatto che allo Stato “servono i soldi delle tasse dei ricchi per fare investimenti pubblici”.

Lo Stato che emette la propria valuta può investire quanto desidera e nei modi che ritiene più opportuni. Il livello di tassazione da imporre ai ricchi è una scelta politica, non uno strumento di finanziamento per lo Stato.

Le tasse non finanziano la spesa pubblica. È semmai il contrario: se prima lo Stato non spende, i cittadini non possono procurarsi i soldi per pagare le tasse.

Le tasse che vengono riscosse dallo Stato non possono essere reinvestite: sono semplicemente soldi che escono dal sistema per non farci più ritorno. Per usare una metafora usata da Warren Mosler, il padre fondatore della MMT, è come recarsi dal parrucchiere perché i capelli sono troppo corti e sentirsi dire da lui che vanno tagliati ancora di più.

Chissà se sentiremo mai da un leader di un (vero) partito progressista una dura condanna alle politiche di austerità e una ferma posizione a favore dell’aumento della spesa pubblica e/o della diminuzione della pressione fiscale. Probabilmente, quando questo accadrà avranno di nuovo un significato i saluti a pugni chiusi, le canzoni e le bandiere rosse.


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