Quando nel 1971 il presidente americano Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro, eliminando contestualmente anche il legame di cambio fisso tra le valute che aderivano agli accordi di Bretton Woods, la moneta creata dal nulla dallo Stato, detta per questo motivo fiat (dal latino: creata dal nulla), diventa
credito d’imposta su tassazione futura
Significa che l’unico impegno che assume lo Stato, nell’emetterla, è di accettarla in pagamento delle tasse che imporrà nel futuro.
La valuta spesa dallo Stato, da quel momento, è scambiata con le altre valute emesse dagli altri Stati in base al valore determinato dall’equilibrio tra domanda e offerta.
Gli unici limiti tecnici che si possono avere nell’emissione della moneta fiat sono quelli che uno Stato si può auto-imporre, limitando la propria sovranità monetaria.
Ad esempio, agganciando la propria valuta a quello di un altro Stato, come fece l’Argentina negli anni ’90 prima del default del 2001.
Oppure uno Stato può auto-limitarsi, come fecero i paesi aderenti allo SME quando s’impegnarono a contenere le oscillazioni tra i cambi delle valute all’interno di una banda definita.
Quando uno Stato ha la piena sovranità, non ha limiti di spesa dovuti alla mancanza di moneta. Il solo limite esistente è quello delle risorse reali rese disponibili dai privati e dalle aziende allo Stato in cambio dei soldi dello Stato.
La piena sovranità monetaria, il monopolio sull’emissione della propria valuta fiat, non convertibile e guidata dalle tasse, è lo strumento con cui uno Stato può sottrarsi ai condizionamenti dei mercati, ai condizionamenti del “big money”.
Tratto dal capitolo terzo. “Il 1971 e la nuova era”, di Uccidere il dio dell’Austerità (Edizioni Sì)