Un medico che capisce correttamente un sintomo riesce a individuare la cura corretta per il malato. Questo purtroppo avviene raramente se il malato in questione è la pubblica amministrazione. C’è da chiedersi se questo è un caso. Il sintomo in questione della malattia sono i tempi lunghi per la riscossione dei crediti (residui attivi delle PA) ma anche i tempi lunghi per il pagamento dei debiti (residui passivi delle PA).
Il Decreto Legislativo 118 del 2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi) doveva essere in teoria la cura per questo malato. Occupandosi solo degli aspetti contabili in realtà non cura i sintomi ma li nasconde.
Questo diventa un tema ricorrente se lo Stato è costretto ad avere come priorità i conti in ordine e non il corretto funzionamento per dare ai cittadini un buon servizio.
Il coordinamento circolare della finanza regionale con la finanza dello Stato e degli altri enti locali avrebbe potuto e dovuto costituire il “metodo” dell’azione dei pubblici poteri [1]
ovvero la cura per le amministrazioni locali: un metodo all’azione in grado di che semplificare e rendere più veloci i rapporti tra le amministrazione e tra le amministrazioni e i cittadini.
Invece con il DLGS 118/2011 lo Stato modifica i sistemi di elaborazione dei bilanci di previsione con una specie di “gioco delle tre carte”: cerca di cambiare posizione e metodo per la contabilizzazione dei residui nascondendoli in un fondo apposito, rendendo difficile il compito di individuarli.
Facciamo un esempio per capire il problema: se nel 2013 la Regione doveva concedere un contributo di 15.000€ al Comune (per esempio per la manutenzione del cimitero) ma al 31 dicembre del 2013 non aveva erogato i soldi, con la vecchia normativa il Comune portava il residuo attivo di 15.000€ al 2014. Con la nuova normativa nel 2014 il credito “scompare” ma senza che il Comune abbia incassato i soldi dalla Regione, mentre con la vecchia normativa il credito sarebbe scomparso all’arrivo dei soldi dalla Regione. Risultato? Il cimitero non viene messo a posto.
Purtroppo si tratta di aspetti che riguardano l’intera collettività. Pensate al caso di famiglie in cui sono presenti persone con disabilità e che si recano al Comune per ottenere un sostegno economico e professionale: sempre più spesso si sentono dire dall’assistente sociale che la Regione non ha ancora provveduto ad accreditare i fondi necessari e che dovranno essere loro ad anticipare tutto, non sapendo più se e quando riceveranno il rimborso.
La spesa pubblica funziona anche con contributi e trasferimenti effettuati dei vari livelli amministrativi pubblici come ad esempio la Regione che concede dei fondi ai Comuni. È anche così che si tiene in piedi l’economia e il welfare, perché quei fondi contribuiscono a rifornire l’economia delle risorse utili per creare e far crescere il lavoro, e garantire la tutela della popolazione più debole. Ma se le nuove norme contabili diventano un ulteriore modo per rallentare la spesa pubblica per poi punirne la lentezza, di fatto la riducono.
[1] Martines T., Ruggeri A., Salazar M. – Lineamenti di diritto regionale, Giuffrè Editore, p. 280