Saldo fiscale
Sin dal principio, lo Stato deve spendere o rendere disponibile in altro modo ciò che è necessario a pagare le tasse. E il settore privato, a tutti gli effetti, desidererà ottenere unità di valuta dallo Stato in cambio di beni reali e servizi ulteriori rispetto all’ammontare minimo necessario a coprire il valore delle passività fiscali correnti. Le unità di valuta eccedenti accumulate dal settore privato sono dette risparmi netti di attività finanziarie denominate nell’unità di conto. Altrove ho usato il termine H(nfa) (Mosler, 1997-98). È una situazione analoga all’acquisto, da parte del settore privato, di un quantitativo di mais superiore a quello strettamente necessario a soddisfare il consumo corrente.
Se lo Stato (o l’agricoltore) non è disposto a offrire la quantità desiderata dal contribuente (o dal consumatore) si ha, per definizione, una scarsità. L’attività orizzontale non può garantire alcun accumulo netto. Un desiderio collettivo nel settore privato può trovare soluzione unicamente nella componente verticale. Come sottolinea Moore (1988), solo la banca centrale può risolvere uno squilibrio di riserve. In maniera simile, Keynes dimostrò che, ad eccezione dell’improbabile caso di uno “shock”, l’ammontare di risparmi netti effettivo e quello desiderato saranno identici solo in condizioni di piena occupazione “pianificata”, ossia se lo Stato sta realizzando un deficit di bilancio (Keynes, 1936, p. 28).
Questo non vuol dire che l’attività orizzontale non può determinare una variazione nel desiderio di risparmio netto. Per esempio, un aumento del prezzo del mais sul mercato di scambio futures provocato da una scarsità potrebbe certamente ridurre il desiderio di un risparmio netto di mais. Il mercato del mais potrebbe stabilizzarsi a un prezzo più elevato. Tale stabilità si verifica quando il risparmio netto di mais effettivo è pari al risparmio netto di mais desiderato. Analogamente, una riduzione della spesa in deficit da parte dello Stato potrebbe dar luogo a una deflazione destinata a stabilizzarsi nel momento in cui i prezzi si riducono abbastanza da ridurre il desiderio collettivo di risparmio netto degli agenti del settore privato, inducendoli a fare acquisti spendendo i risparmi netti o indebitandosi ulteriormente.
La componente orizzontale è una leva della componente verticale. Da ciò deriva una sensibilità dei prezzi alle variazioni dell’offerta e della domanda che potrebbero aver luogo nella componente verticale. Variazioni nel saldo fiscale sono assimilabili a variazioni della produzione attesa dal raccolto o dall’estrazione mineraria. Variazioni della tassazione sono assimilabili a variazioni della domanda di consumo. Un pareggio di bilancio si verifica solo quando lo Stato realizza una politica fiscale che consente l’uguaglianza tra il quantitativo effettivo e quello desiderato di H(nfa) (Mosler, 1997-98). Per la maggior parte delle altre merci, si permette al mercato di mantenere questo equilibrio. Le variazioni di prezzo sono continue perché le scorte di magazzino delle diverse merci aumentano e diminuiscono.
Nel caso della valuta di Stato, comunque, il fornitore è uno soltanto. Quindi dobbiamo guardare ad altri esempi di fornitori unici per una più accurata analogia con i processi che pareggiano i risparmi netti effettivi e quelli desiderati. Un esempio può essere costituito da quello di un monopolista dell’acqua con una fornitura illimitata priva di un costo marginale di produzione. In questo caso si troverebbe nella situazione di assenza di altri fornitori e di una popolazione abbastanza vincolata all’offerta disponibile.
La teoria microeconomica riconosce che quest’unico fornitore del bene primario acqua fissa un prezzo e lascia quindi alla popolazione la possibilità di acquistarne l’ammontare desiderato a quel dato prezzo. Un prezzo superiore determinerebbe forse una riduzione delle vendite e un prezzo inferiore le potrebbe far aumentare, a seconda dell’elasticità della domanda. Alcune delle variazioni nelle vendite sarebbero da imputare a variazioni della quantità d’acqua immagazzinata nei depositi, altre sarebbero riconducibili alla discrezionalità del consumo, ad esempio per la pulizia. La quantità venduta e usata per dissetarsi, ad esempio, potrebbe essere meno elastica di quella utilizzata per lavare le automobili. Ma, in qualsiasi caso, il fornitore unico dell’acqua difficilmente sceglierebbe una strategia alternativa con la quale vende una quantità di acqua stabilita a priori lasciando che sia il mercato a stabilirne il prezzo. Se lo facesse, si troverebbe a dover gestire una situazione molto complessa. A seconda dell’elasticità, fissare una quantità lievemente in eccesso potrebbe provocare una considerevole diminuzione del prezzo, mentre fissare una quantità appena insufficiente provocherebbe un sensibile aumento del prezzo. E, poiché il meteo e la domanda variano, la volatilità potrebbe risultare elevata, in particolar modo se gli agognati galloni accumulati nei depositi fossero soggetti a mutevoli speranze e paure. Infatti, anche se il monopolista dell’acqua imputasse a bilancio il numero di galloni che desidera vendere e lasciasse che fosse il mercato a stabilirne il prezzo, è molto probabile che cambierebbe rapidamente politica. Un prezzo in vertiginoso aumento potrebbe comportare un aumento della quantità offerta in vendita, mentre un prezzo in caduta potrebbe determinare una riduzione della quantità offerta sul mercato. Pertanto, in ogni caso il monopolista finirebbe probabilmente per scegliere di determinare il prezzo. Solo nel momento in cui perdesse lo status di fornitore unico verrebbe intaccata la sua possibilità di fissare il prezzo.
È lo Stato, in qualità di unico fornitore della valuta che emette, ad essere nella posizione di determinarne il prezzo. Può fissare unilateralmente i termini di scambio che offrirà a coloro che domandano la valuta che emette. Ironicamente, attualmente nessuno Stato sembra riconoscerlo. Al contrario, quando compiono acquisti con la propria valuta gli Stati si comportano come se fossero in competizione con altri acquirenti. Credono di dover aumentare i guadagni attraverso la tassazione o l’indebitamento per finanziare la spesa e si comportano di conseguenza. Hanno optato per fissare la quantità della valuta che desiderano spendere attraverso un processo di pianificazione delle spese e scambiano quindi quella valuta a prezzi di mercato per ottenere i beni e i servizi che desiderano. Come il monopolista dell’acqua, una spesa eccessiva farà aumentare i prezzi (diminuire il valore della valuta) e una spesa insufficiente darà luogo a una deflazione (aumentando il valore della valuta). Inoltre, non esiste alcuna “quantità corretta” di lungo periodo poiché il desiderio (globale) di risparmio netto di quella valuta può variare continuamente. Ne deriva una fluttuazione del NAIRU [1], che viene privato di gran parte del suo valore pratico.
Se desidera garantire l’esistenza di un’economia di mercato, l’altra opzione pratica a disposizione dello Stato, unico fornitore della valuta che emette, è quella di amministrare una riserva di risorse. Tradizionalmente, questo ruolo è stato assegnato all’oro. Lo Stato fissa il prezzo a cui acquista o vende oro, conducendo quindi una politica monetaria e una politica fiscale tali da mantenere l’affidabilità della riserva. Molto tempo fa, Graham (1937) propose che questo ruolo potesse essere ricoperto anche da merci diverse dall’oro. In “Full Employment and Price Stability” è stata presentata l’opzione che prevede di utilizzare la forza lavoro come riserva dello Stato (Mosler, 1997-98). Chiaramente, quando si amministra una riserva gli acquisti effettuati al prezzo designato non conducono a inflazione. Questi impediscono ci sia una deflazione al di sotto di quel livello. Né le vendite dallo stock di riserva conducono a deflazione. Piuttosto, servono a reprimere l’inflazione.
Spesa in deficit e tassazione futura
Si sostiene continuamente e generalmente si accetta il fatto che la spesa in deficit da parte dello Stato rappresenti una tassazione futura. Il nostro modello, tuttavia, dimostra chiaramente che non è così. Per esempio, se gli agricoltori vendono una quantità di mais superiore a quella che la popolazione consuma in un certo periodo considerato, si potrebbe dire che essi spendono mais in deficit che sarà depositata in magazzino. Questo implica che il consumo debba un giorno crescere o che la produzione futura verrà limitata? Non necessariamente. Si può sostenere che il valore futuro del mais un giorno o l’altro crollerà, ma ciò dipende dalle scorte desiderate in futuro. In effetti i commercianti di mais monitorano le scorte con attenzione. Hanno una certa idea della “giusta” quantità, coerente con prezzi stabili. La “giusta” quantità fluttuerà naturalmente con la popolazione, con la disponibilità di prodotti alternativi, ecc. Nel caso del fornitore unico, come il monopolista dell’acqua che fissa il prezzo e lascia che il mercato ne acquisti la quantità che desidera, le vendite eccedenti il consumo corrente ancora una volta non comportano necessariamente futuri aumenti del consumo o future riduzioni della produzione. Né comportano necessariamente un crollo del prezzo futuro dell’acqua.
Lo stesso accade allo Stato monopolista della sua valuta. Lo Stato non obbliga nessuno a scambiare beni e servizi con la sua valuta. Lo scambio avviene con venditori volontari che desiderano ottenere la valuta. Lo Stato realizza la spesa in deficit solo se il settore privato desidera accumulare unità di valuta per il risparmio netto. L’iperinflazione è la condizione in cui il settore privato non desidera più unità di valuta (come riflesso dal livello dei prezzi).
Note del Traduttore
1.^ Il NAIRU (Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment) è un parametro usato dall’economista Milton Friedman per indicare un tasso naturale di disoccupazione in corrispondenza del quale l’economia è in equilibrio e l’inflazione non accelera né decelera. Fonte: Treccani.it.
Bibliografia
- Deleplace, Ghislain e Edward J. Nell (eds.), 1996, Money in Motion: The Post Keynesian and Circulation Approaches, London: Macmillan.
- Graham, Benjamin, 1937, Storage and Stability, New York: McGraw Hill.
- Graziani, Augusto, 1988, “Le financement de l’économie dans la pensée de J. M. Keynes”, Cahiers d’Economie Politique, 14-15.
- Keynes, John Maynard, 1936, The General Theory of Employment, Interest, and Money, New York: Harvest Harcourt Brace.
- Lavoie, Marc, 1992, Foundations of Post-Keynesian Economic Analysis, Aldershot: Edward Elgar.
- Lerner, Abba P., and David C. Colander, 1980, MAP: a market anti-inflation plan, New York: Harcourt Brace Jovanovich.
- Moore, Basil, 1988, Horizontalists and Verticalists, Cambridge: Cambridge University Press.
- Mosler, Warren, 1997-98, “Full Employment and Price Stability”, Journal of Post Keynesian Economics, Vol. 20. No. 2., “Soft Currency Economics” http://www.warrenmosler.com
- Wray, L. Randall, “Money and Taxes: The Chartalist Approach”, Working Paper No. 222, Jerome Levy Economics Institute.
Originale pubblicato nel 1998
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo