Le imprese prendono atto del fatto che i giovani consumano poco e per questo pensano di cambiare la pianificazione pubblicitaria.
La storia è semplice. Ecco cosa accade alla popolazione italiana compresa nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni: per metà coabita ancora con la propria famiglia di origine; ha un’elevata difficoltà di accesso al mercato del lavoro; se occupata ha un reddito medio basso. In sintesi le persone in età compresa tra i 25 e i 34 anni possiedono una ridottissima capacità di spesa. Le imprese, che per vivere hanno bisogno di domanda, stanno allora riconsiderando il target 25-34 anni nella pianificazione pubblicitaria, ridimensionandone l’importanza. In pratica le imprese decidono di non rivolgersi più a chi ha una limitata capacità di acquistare i propri prodotti, perché significherebbe bussare ad una porta che nessuno può aprire. L’editore Urbano Cairo propone addirittura di ampliare il target, cosiddetto interessante, fino ai 64 anni.
Il comportamento degli imprenditori ci conferma, in questo come in altri casi, un’ovvietà economica: non è l’offerta a influire sulla domanda, bensì il contrario. È inutile strutturare un’offerta e veicolarla attraverso azioni di marketing e pubblicitarie se la domanda è carente. Per stimolare la domanda servono politiche fiscali espansive che creino nel sistema economico le condizioni di liquidità adeguate a favorire l’occupazione ed il livello dei salari. Il mercato da solo non è in grado di risolvere nulla, il fatto che le imprese si orientino ad invogliare alla spesa target ritenuti più interessanti ne è un’evidente dimostrazione.
Giovani ventenni e trentenni in cerca di un’occupazione dignitosa: non credo che la lettura di questo articolo possa aiutarvi a trovare un lavoro ma forse capirete perché da qui a breve la pubblicità vi piacerà ancora meno.