Eravamo abituati a sentir parlare di sperimentazioni per antibiotici o farmaci miracolosi. Dal primo gennaio 2015, dopo la fine di una lunga fase di “sperimentazione”, inizierà la “somministrazione” per quella che si annuncia come la normativa sull'”Armonizzazione dei bilanci degli enti pubblici“. La cura riguarderà Regioni e Comuni, a seguito del D.Lgs 118 del 2011.
Nel 2011 La Corte di Conti, su incarico della Commissione per il federalismo fiscale ha analizzato e relazionato sul tema principale nella riforma della contabilità dei Comuni e delle Regioni: i residui.
Ma cosa sono i residui?
Esistono:
- residui attivi: somme accertate a favore del Comune ma non riscosse per vari motivi dallo stesso;
- residui passivi: spese che l’amministrazione si è impegnata a pagare in futuro.
Il problema è che a fine anno in sede di chiusura dei conti gli uffici ragioneria si trovano valanghe di residui da contabilizzare, tali da rendere estremamente difficile la loro gestione ed il monitoraggio nel corso del tempo. Vengono accantonati crediti di residui attivi di dubbia e difficile riscossione che, nel caso del loro riaccertamento generano un disavanzo tecnico tale da rendere necessarie forme di accompagnamento (1).
In pratica il Comune deve “depurare” gradualmente il bilancio dai crediti insoluti, cioè impossibili da riscuotere, riducendo i crediti “spazzatura”. La riforma ha intrapreso questa strada (2), ma di certo gli strumenti offerti rappresentano solo un primo passo. Purtroppo si è ribaltato completamente il compito delle amministrazioni locali: da gestori di risorse per far crescere la comunità a esattore delle tasse per tappare i buchi contabili.
In conclusione, il disavanzo di gestione degli enti locali, che consiste nella differenza tra entrate e spese, che dovrebbe essere generato da spesa pubblica “produttiva”, tale quindi da generare un concreto sviluppo sul territorio, diviene gestione di “buchi” nei bilanci dei Comuni che “franano” a causa dei minori introiti.
Di fatto questi mancati incassi dovuti a crediti insoluti impongono ulteriori future riduzioni di spesa per “tapparli”, rendendo ancora più drammatica la situazione in cui si trovano gli enti locali.
La riforma impone, quindi, la pro-ciclicità sull’ente locale, costruendo una vera e propria “austerity in scala”, con le conseguenze note.
Note: