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Dimitri Deliolanes “Perché Tsipras non aveva un piano B”

Dimitri Deliolanes "Perché Tsipras non aveva un piano B"

Intervista a Dimitri Deliolanes, giornalista greco per anni corrispondente da Roma della ERT, l’emittente di stato ellenica. Deliolanes ha pubblicato “La sfida di Atene” con il sottotitolo “Alexis Tsipras contro l’Europa dell’austerità”. Il suo punto di vista è differente dal nostro ma è utile a capire perché in Grecia nonostante una violenta politica economica di austerità non sia ancora sviluppato il dibattito sull’euro.

Dimitri, sentiamo parlare ormai poco della Grecia quasi scomparsa nei media se non per il tema dei profughi. Come è la situazione?

« Gli effetti dopo 6 anni di austerità sono disastrosi. Dal 2009 la Grecia ha perso il 25% del suo PIL e gran parte dell’impianto produttivo. Non si trattava di grandi imprese, ma di un arcipelago di piccole imprese che avevano lo sbocco nel mercato interno. Con il crollo del mercato interno è andata in frantumi la classe media. Abbiamo 400 mila famiglie senza reddito; uno dei primi provvedimenti del primo governo Tsipras andava nella direzione di sostenere queste famiglie con aiuti concreti come luce e trasporti gratis. Attualmente è in corso la trattativa con la Troika sul tema dei mutui non pagati; la Troika chiede che i mutui in sofferenza siano dati ai fondi speculativi mentre Tsipras chiede che vengano esclusi dal provvedimento i debiti delle classi sociali più povere. »

Come sai in Italia c’era una diffusa aspettativa che Tsipras, soprattutto dopo la vittoria del NO al referendum, riuscisse a tenere una linea di maggiore fermezza contro la Troika magari forte di un piano B, che però non c’è mai stato.

« C’è una storia sul piano B di Tsipras. Dobbiamo dire innanzitutto che il DNA di Syriza, al contrario del Partito Comunista, è da sempre europeista. Chiaramente non parliamo dei principi che hanno di fatto connotato questa Europa, ma di una visione europeista così come era prevista nei principi fondativi. Tutti i giornalisti, nei famosi giorni della trattativa con la Troika, chiedevano a Tsipras quale fosse il suo piano B nel caso in cui la trattativa si fosse arenata. Lui non ha mai risposto a questa domanda, evidentemente non voleva affrontare i rischi di un piano B: la sua soluzione era tutta all’interno dell’Eurozona. Aveva capito che i greci non volevano uscire dall’euro. In Grecia non c’è un sentimento diffuso di uscita dall’euro tanto che lo stesso Varoufakis non è riuscito a catalizzare il consenso intorno alla sua proposta degli “Io ti devo” come moneta complementare. Tsipras non prende in esame l’uscita dall’euro perché l’opinione pubblica non intende prenderla in esame e per questo ha rivinto le elezioni. »

Ai nostri occhi è quasi incomprensibile che un popolo sottoposto a misure economiche e sociali così dure e ingiuste, voglia ancora restare nell’eurozona.

« L’elettorato greco non avrebbe mai accettato una rottura con l’eurozona. La forza politica, Leiki Enotita, creata dai dissidenti di Syriza, che ha proposto questa strada ha ottenuto solo il 2,9% dei voti alle ultime elezioni non riuscendo a creare unsignificativo pensiero di opinione. La loro sconfitta ha di sicuro soffocato la nascita di un dibattito economico sull’euro. Se esiste, questo dibattito è comunque limitato ai soli ambienti accademici e degli specialisti. Ci sono delle ragioni politiche, più che economiche, che stanno alla base dell’adesione della Grecia all’Unione Europea nel 1981. Noi venivamo da un periodo buio; uscivamo dalla dittatura militare e dal disastro dell’invasione turca a Cipro. Subivamo la politica di provocazione della Turchia nel mare Egeo. L’opinione pubblica greca vedeva nell’adesione all’Unione Europea uno spazio di sicurezza che la Nato non poteva dare; infatti la linea della Nato è di proteggere i Paesi dai pericoli esterni e non interviene in caso di pressione dei paesi interni all’alleanza. L’adesione all’eurozona è stata successivamente proposta come un passaggio decisivo verso un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali europei e quindi un passo in avanti in termini di sicurezza che l’Europa ci avrebbe garantito. Non si è trattato di motivazioni economiche ma politiche. Anche oggi le reazioni negative (poche devo dire) dei greci verso gli arrivi massicci dei profughi sono dettate dalla paura della presenza dei musulmani. Abbiamo vissuto per centinaia di anni sotto il dominio musulmano-ottomano. La suscettibilità dei greci verso il tema è spiegata dall’orgoglio di essersi guadagnati l’indipendenza dall’Islam e di aver costruito un’identità nazionale in termini anti islam, anche se spesso il cittadino greco non distingue tra il profugo disperato e la reale minaccia islamica. La nostra è una storia dolorosa. »

Il confronto con Dimitri Deliolanes prosegue anche dopo l’intervista. Concordiamo con lui che il terreno su cui si gioca la partita è politico ma dal nostro punto di vista proprio perché politico è necessario conoscere a fondo gli aspetti tecnici. Solo così è possibile contrastare l’inutile quanto criminale punizione che l’Unione Europea ha inflitto alla Grecia per dei reati in realtà inesistenti (debito pubblico, spesa pubblica alta, sistema pensionistico, ecc). Se quel giorno Tsipras avesse avuto un piano B…


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