La principale obiezione mossa contro la MMT riguarda la convinzione che l’adozione di una Moneta fiat porti necessariamente ad un’inflazione elevata, se non all’iperinflazione. I sostenitori di questa critica, solitamente, considerano la MMT come una proposta, anche se qualcuno (come Paul Samuelson) riconosce che la MMT in realtà descrive il sistema attualmente in essere. Questo secondo gruppo teme che, se dicessimo la verità riguardo all’attuale sistema monetario, i funzionari eletti “faranno girare le presse”, generando un’elevata inflazione. Per tenere all’angolo i Goblin dell’inflazione meglio, pertanto, adottare quella che Samuelson ha descritto come l'”antica religione” delle bugie riguardo alle opzioni fiscali a disposizione di uno Stato sovrano.
A parte la paura dell’inflazione, il secondo più grande spauracchio è l’efficienza – o meglio la mancanza di efficienza. Questo si applica principalmente alla promozione del PLG da parte della MMT, ma più in generale anche alla convinzione della MMT che lo Stato possa giocare un ruolo positivo nell’economia. Si dice che lo Stato sia intrinsecamente inefficiente e, in particolare, quando impiega forza lavoro. Solo il “libero” mercato è in grado di usare le risorse “scarse” nel modo più efficiente. Qualunque cosa lo Stato faccia, è destinata ad essere meno efficiente, dunque si preferisce innanzitutto fare affidamento alle fate dell’efficienza della libera impresa. Adottare il PLG ci consegna il peggio: inflazione più elevata e minore efficienza. È meglio lasciare che le persone restino disoccupate, così che possano aiutare a combattere l’inflazione e l’inefficienza, in un esercito di riserva dei disoccupati. L’uso migliore dei disoccupati è far sì che rimangano tali.
Per le poche belle anime liberali in questo campo, la sofferenza dei disoccupati si può alleviare nel modo più efficiente: semplicemente offrendo loro un sussidio pubblico (magari sotto forma di RMG – Reddito Minimo Garantito). Il reddito più elevato viene quindi da loro speso nel “libero” mercato, che si avvale del lavoro nel modo più efficiente per produrre in modo efficiente i beni di consumo che i nostri disoccupati desiderano. Tra l’altro, qualcuno sostiene che molte persone (la maggior parte?) non vogliono realmente lavorare, quindi il RMG consente loro di scegliere di fare quello che preferiscono, mentre le fate dell’efficienza assicurano che siano disponibili tutti i gingilli che la gente vuole consumare. Grazie al RMG otteniamo un’inflazione contenuta ed un’alta efficienza, con il beneficio aggiuntivo di una vita di ozio per chiunque la desideri.
Ora, chiaramente la risposta della MMT + PLG è che la disoccupazione è essa stessa un enorme spreco della nostra risorsa più preziosa, il lavoro. La disoccupazione distrugge vite, famiglie e comunità. È nociva per la salute, fisica e mentale. Promuove il crimine, la divisione etnica e persino il terrorismo. È difficile concepire un programma PLG così male da far sì che non riduca lo spreco. Per com’è concepito, inoltre, fornendo un’ancora salariale il PLG contribuisce a stabilizzare i prezzi. Il buffer-stock di forza lavoro è molto meglio dell’esercito di riserva dei disoccupati. E la nostra idea è che la maggior delle persone vuole essere produttiva nella società – e, piaccia o no, la nostra è una società capitalistica in cui è forte l’imperativo etico a “guadagnarsi” il proprio. Ma i nostri critici non barcollano.
Prima di scavare a fondo nel tema dell’efficienza, analizziamo un paio di esempi.
Il primo, puramente ipotetico. Diciamo che ci sia una società di 150 persone, di cui 100 lavorano e 50 sono anziani a carico e giovani che non lavorano. La produzione totale dei 100 lavoratori è ripartita attraverso un qualche meccanismo (forse il mercato, forse una divisione in parti uguali) tra l’intera popolazione di 150 persone. Assumiamo per semplicità che il bene prodotto e consumato sia uno solo, chiamiamolo grano. Si fa uno studio per determinare la produttività dei lavoratori, che scopre (orrore degli orrori!) che alcuni lavoratori sono meno produttivi di altri – sulla base della quantità di grano prodotta per [ogni] ora di lavoro. Si decide di licenziare i 20 lavoratori meno produttivi al fine di aumentare l’efficienza. Ora abbiamo 80 lavoratori a produrre grano per l’intera popolazione di 150 [persone]. Poiché questi 80 erano più produttivi rispetto ai lavoratori ora disoccupati, la produzione non è calata del 20%, ma chiaramente la quantità da dividere è inferiore. Questa società sarà in grado di consumare quanto prima solo se facciamo in modo che gli 80 lavoratori “efficienti” lavorino più a lungo e più duramente. I 20 lavoratori “inefficienti”, ora, non stanno producendo nulla.
In che senso abbiamo aumentato l'”efficienza” di questa società?
Secondo, un giro dal dottore. Un paio di settimane fa ho sentito sulla NPR [1] di uno studio sulla tipica visita medica (che rispecchia abbastanza bene la mia esperienza); sfortunatamente non ricordo l’esatta statistica, ma quanto segue ci si avvicina. Il dottore chiede al paziente qualcosa del tipo: “Allora, cosa c’è che non va?” (o, nel mio caso, il mio dottore chiede sempre: “Allora, cos’è che ti preoccupa?”). Il dottore ascolta in media 9 secondi, poi interviene con una prognosi. Il tempo per cui il dottore è disposto ad ascoltare prima di intervenire si è ridotto nel corso degli anni, presumibilmente man mano che gli assicuratori sanitari hanno fatto pressione sui dottori per incrementare la velocità di trattamento ed aumentato molto la quantità di documentazione richiesta ai medici. In altri termini, nel nome dell’efficienza. Le fate dell’efficienza sono al lavoro nello studio del dottore per eliminare tutto quel tempo sprecato a creare una relazione medico-paziente.
La stessa cosa sta succedendo nei campus universitari, ovviamente. I professori riducono il numero di ore di ricevimento – o le saltano del tutto – e mandano gli studenti dagli assistenti, molto più economici, visto che le fate dell’efficienza sono al lavoro per riservare più tempo alla facoltà, spenderlo a compilare tutte la documentazione richiesta da un fiorente staff amministrativo che non ha niente di meglio da fare che inventarsi altre scartoffie da produrre.
Se ci pensate, una porzione sempre più significativa della nostra forza lavoro è impiegata nei servizi “assistenziali” e le fate dell’efficienza, nel nome dell’aumento della produttività, stanno provando a ridurre la quantità di assistenza offerta. Misurata come?
Ogni volta che sento un economista (di solito è un lui, come spiegherò più avanti) pronunciare la parola “efficienza” (o “produttività”) posso azzardare, con un margine di accuratezza prossimo al 100%, che non ha la benché minima idea di ciò di cui sta parlando. Salvo rare eccezioni, sta applicando in modo inappropriato un termine ingegneristico ad un processo economico che non comprende.
Torniamo al nostro modellino del grano. Se il lavoratore medio produce 10 stai di grano in una giornata di 10 ore [lavorative], possiamo misurare la produttività come numero di stai per ora di lavoro impiegata. È abbastanza semplice, ed è una misura significativa. Ha senso provare ad aumentare la produttività media – per incrementare l’efficienza dell’uso dell’ora di lavoro in modo da ottenere, diciamo, due stai per ogni ora di lavoro impiegato. A parità di tutte le altre condizioni, è qualcosa di desiderabile.
Ma se il solo modo per ottenere l’aumento dell’efficienza del lavoro è tagliare tutti gli alberi, inquinare l’acqua e distruggere il paesaggio, allora potremmo aspettare un attimo prima di concludere che davvero si tratti di un aumento della produttività. Certo, ogni ora di lavoro dedicata al processo produttivo garantisce una quantità maggiore di grano, ma non si tratta di una buona misura della produttività se coinvolge anche alberi ed acqua; inoltre, se il paesaggio ci sta a cuore, abbiamo misurato in modo errato anche il consumo.
(Ovviamente esiste un intero ramo dell’economia che guarda ai costi ed ai benefici “esterni”, e sostiene che è necessario aiutare le nostre fate dell’efficienza “dando un prezzo” a pro e contro. Anche se si tratta di un passo avanti rispetto all’economia convenzionale che ignora l’ambiente, credo ci sia ancora molto che non va – ma questo non è argomento per oggi)
Persino nel nostro modellino del grano, quindi, incappiamo in problemi nell’utilizzare i concetti ingegneristici di produttività ed efficienza. Ma il mondo reale è infinitamente più complesso, ed il modello del grano è assolutamente fuorviante in termini di descrizione della produzione capitalistica persino a prescindere dalla grande complessità. Primo, la produzione è di solito [un fenomeno] fortemente sociale, il risultato di processi integrati che coinvolgono decine o centinaia di lavoratori che realizzano prodotti multipli impiegando la produzione di altre decine o centinaia di lavoratori. Come diceva Sraffa, abbiamo un sistema di produzione di merci tramite merci, ciascuna delle quali è stata prodotta dal lavoro sociale. E di certo è anche più complesso di così, perché il lavoro (o, più tecnicamente, la forza lavoro) è in sé una merce prodotta tramite merci.
Pensate ad un’operaia che in fabbrica lavori alla sua macchina che produce congegni. Mettetela in cima ad una piramide di persone che hanno funzione di supporto. Ha un dottore, un’infrastruttura ospedaliera ed uno staff che la mantengono abbastanza in salute da continuare a lavorare. Contabili con un team di assistenti [che] gestiscono le sue finanze e fanno i conti affinché il 15 aprile possa pagare le tasse. Ha un asilo che le tiene il figlio più piccolo lontano dalle strade, così che lei possa lavorare; ed un intero sistema scolastico pubblico per formare i figli più grandi, dall’età di 6 fino a 22 o 28 anni, cosicché [anche loro] possano entrare a far parte della forza lavoro in futuro. E ci sono imprese di costruzioni che costruiscono per lei i centri commerciali e le strade che la portano da casa al lavoro e a fare shopping. Una flotta di aerei di linea la attende, pronta per farla volare verso un luogo soleggiato, dove bagnini e cameriere preparano tutto per le sue vacanze. Servono migliaia di lavoratrici e di colletti bianchi per far sì che quella lavoratrice stia al suo posto di lavoro. E, naturalmente, per produrre gingilli con la sua macchina, lei userà merci prodotte da lavoratori agricoli e manifatturieri.
Che senso ha misurare la sua produttività ignorando contemporaneamente tutti questi apporti? Come possiamo dire, in un qualche senso, che ha “prodotto” un dato numero di gingilli per ora di lavoro?
Inoltre, e questo è il punto più importante, i gingilli che escono dalla sua macchina non sono ancora merci. Diventano merci solo quando sono scambiati con ITD denominati in Moneta. Questo sarà l’argomento del blog finale, il numero 52, dunque in questa sede non mi addentrerò nei dettagli. Ma non solo è enorme lo staff responsabile di far sì che quei gingilli siano venduti, ma – ai fini dell’analisi economica – non ha neanche senso misurare la sua produttività in termini di numero di gingilli. Gli economisti, in altri termini, non solo fraintendono il concetto ingegneristico di efficienza, lo applicano anche in maniera errata. Nella nostra “economia monetaria di produzione” (anche noto come “capitalismo”), ciò che conta sono gli ingressi monetari e le uscite monetarie: quanta Moneta ha all’inizio il/la capitalista e quanta alla fine?
Quelle fate dell’efficienza di mercato non potrebbero curarsi meno dei gingilli – quello che interessa loro è la Moneta.
Il capitalista usa la fabbrica di gingilli non per realizzare gingilli, ma per fare profitti monetari. Può aumentare i profitti in diversi modi: pagare di meno i suoi lavoratori; pagare di meno i suoi fornitori; far pagare di più ai suoi consumatori; far lavorare i suoi lavoratori più duramente; sostituire i lavoratori “meno efficienti” con altri “più produttivi”. Nei processi produttivi del mondo reale – come discusso in precedenza – è difficile, se non impossibile, assegnare ai singoli lavoratori misure di produttività. Inoltre, i lavoratori hanno una natura sociale, un gran numero di modi in cui approcciare il processo lavorativo. Persino gli economisti mainstream l’hanno infine riconosciuto, dato che hanno introdotto i concetti di “salari di efficienza” (sorpresa, sorpresa: se i lavoratori li paghi di più, lavorano più duramente e in modo più brillante!), di “imboscamento” (lavorare al di sotto delle capacità in posti di lavoro a basso salario o per altri motivi non desiderabili) e di cooperazione “insider/outsider” (i lavoratori iscritti ad un sindacato non collaboreranno con i crumiri).
Lavoratori più felici sono migliori nel lavoro in team, riducendo i costi di produzione, anche se sono pagati di più. L’ambiente lavorativo conta.
Torniamo nuovamente al nostro modello del grano e supponiamo che la distribuzione sia basata su un mercato caratterizzato da un sistema monetario e da 20 lavoratori disoccupati. I nostri sostenitori del RMG propongono di offrire un sussidio monetario, per risolvere il problema. Con il loro sussidio, i lavoratori disoccupati possono competere con gli occupati per [l’acquisto di] una parte della produzione; l’incremento della domanda aggregata e l’aumento dei prezzi potrebbero indurre gli 80 lavoratori occupati a lavorare più duramente e più a lungo per produrre più stai di grano da dividere tra le 150 persone. Si potrebbe forse creare qualche posto di lavoro per alcuni dei lavoratori meno efficienti.
Per quanto ne capisco, la pretesa del RMG è che le fate dell’efficienza del mercato assicureranno la produzione di una quantità sufficiente di beni e servizi ulteriori in modo che il sussidio non sia inflazionistico, attraverso una qualche combinazione di maggior lavoro degli 80 lavoratori efficienti e qualche nuovo posto di lavoro ai 20 lavoratori meno efficienti. A dire il vero, però, i sostenitori del RMG vogliono garantire il sussidio a tutti i 150 membri della società, così che nessuno sia obbligato a lavorare. Ma le fate dell’efficienza assicureranno che i pochi che decidono di continuare a lavorare producano una quantità di grano sufficiente, così che la moltitudine [di persone] che decide di non lavorare possa continuare a consumare a prezzi non inflazionati.
Come tutto ciò funzioni esattamente non è stato spiegato, che io sappia.
In ogni caso, non riesco ad immaginare per quale motivo dovrebbe essere meno inflazionistico o più efficiente rispetto a riassumere i 20 lavoratori nel loro vecchio posto di lavoro, persino se sono meno efficienti degli altri 80. O, se questo si rivela impossibile (diciamo che la produzione del grano sia impresa di un capitalista che si preoccupa solo delle uscite e delle entrate monetarie, e che pertanto si rifiuta di assumere i lavoratori inefficienti), allora impieghiamo i 20 [lavoratori] per piantare alberi, pulire l’acqua e migliorare il panorama. Nella peggiore delle ipotesi avremo un po’ meno grano da dividere tra le 150 persone (quindi il prezzo sarà più alto per via della decisione di ridurre la forza lavoro e la produzione dell’azienda di grano) ma abbiamo un “consumo” complessivamente più elevato sotto forma di alberi, acqua pulita e panorami rispetto al caso in cui avessimo lasciato le 20 [persone] disoccupate. Almeno le abbiamo impiegate per produrre qualcosa.
Lasciatemi concludere con un’osservazione generale riguardo all’ossessione delle fate dell’efficienza e dei goblin dell’inflazione.
Si tratta (principalmente) di una questione maschile.
Questo mi è diventato chiaro in seguito a un commento alla risposta al blog 50 e a un paio di colonne di George Lakoff. Il commento era di un infuriato “anziano pensionato”, che era stato imprenditore e che sottolineava in modo denigratorio il fatto che, nella sua carriera, Minsky non aveva mai avuto un lavoro “vero” e che di certo non poteva capire molto della disoccupazione perché non è mai stato un “creatore di posti di lavoro” come – diciamo – Mit Romney. Ho a lungo ammirato il lavoro di Lakoff sul “confezionamento” [2], e penso che abbia colpito nel segno col suo recente articolo in cui crea un parallelismo tra il confezionamento conservatore, l’adorazione del mercato e la deferenza verso la figura del padre severo.
L’uomo d’affari occupa un ruolo speciale nella nostra società. Virtualmente, l’intera politica pubblica è formulata ponendo attenzione alla reazione dei nostri uomini d’affari (uso l’identificazione di genere appositamente).
Personalmente, mi piace il termine che in origine Adam Smith, il “padre” della scienza economica, applicava all’uomo d’affari: il “becchino”. Oggi, essenzialmente, limitiamo il termine al capitalista impegnato nel business della morte, ma io credo che sia appropriato rivendicare il termine per tutti i nostri capitalisti. È perlopiù il becchino quello che invoca le fate dell’efficienza – battendosi di continuo per eliminare l’inefficiente, l’improduttivo, l’inadatto.
Si proclama il “creatore di posti di lavoro” ma, come sappiamo, un buon becchino – come Mit – è un distruttore di posti di lavoro. Il che è quanto si suppone debba fare il processo darwiniano: aumentare l’efficienza distruggendo posti di lavoro. Si è capito da molto tempo – sin dai tempi di David Ricardo – che il “processo industriale” è un distruttore netto di posti di lavoro, poiché rimpiazziamo lavoro umano con le macchine. È vero che le nuove linee di business ed i nuovi mercati aprono nuove opportunità lavorative, ma i nostri becchini inizieranno immediatamente a distruggere quanti più posti di lavoro possibile alla ricerca dell’incremento della produttività. Nessuna forza di mercato assicura che, a conti fatti, si creino nuovi posti di lavoro più rapidamente di quanto i becchini possano distruggerli. E la distruzione di posti di lavoro distrugge anche i mercati di beni e servizi realizzati dai lavoratori rimanenti – così la forza naturale del mercato è sempre distruttiva (Schumpeter la chiamava “distruzione creativa”).
Tutti i nostri becchini, in realtà, sono in realtà nel business della morte.
A noi piace vedere il nostro becchino come Il Decisore, il Padre severo che gestisce in modo efficiente i nostri affari economici. Siccome deve “poter pagare i salari”, capisce gli affari nazionali. Il becchino è sempre il miglior candidato per la carica elettiva, poiché il principale affare di una Nazione sono le imprese. Le sue dichiarazioni sulla politica economica sono sempre più importanti perché il becchino corre più vicino alle fate dell’efficienza rispetto al resto di noi. Come un buon padre, premia il duro lavoro e punisce il pigro.
Può distruggere i goblin dell’inflazione e bandire le inefficienze.
Di contro, il professore universitario – diciamo Hyman Minsky – non ha mai dovuto pagare i salari. Infatti, per natura, il lavoro del professore è femminile – educazione, cura. Il professore non ha alcuna comprensione reale del mercato, in effetti è ingenuo e protetto dallo sforzo competitivo come lo sono la casalinga o il bambino.
Tutti devono essere soggiogati dal Grande Decisore, il Grande Padre Becchino.
Il Becchino può vincere sempre ogni discussione riferendosi ai salari che ha pagato e anche al suo abbondante salario. Le fate dell’efficienza sanno come scegliere i vincitori. Il “libero” mercato è sempre meglio. I suoi premi battono sempre tutti gli altri.
Ma il nostro Padre Becchino non è privo di compassione. Lancerà qualche rimasuglio agli inadeguati. Date loro qualche sussidio che possano portare al mercato. Ma non dategli posti di lavoro. Il Becchino non vuole assumere gli inadeguati. E qualsiasi cosa possa fare il Pubblico è necessariamente inefficiente. Meglio quindi dare agli Inadatti solo un po’ di contante da spendere nel mercato, in modo che le fate dell’efficienza possano compiere la loro magia.
È più efficiente mantenere gli Inadatti a riposo piuttosto che impiegarli in modo inefficiente. Questo farebbe arrabbiare le fate dell’efficienza e scatenare i goblin dell’inflazione.
In ultima analisi si tratta di moralità, non di economia. La critica alla MMT e al PLG è che offende la morale dei conservatori. Permettetemi di concludere con un’ampia citazione di Lakoff, in modo che lui possa spiegarlo in modo più chiaro di quanto possa fare io.
“Nell’America contemporanea, ciò che governa le forme della politica economica è lo scontro tra la morale conservatrice e quella progressista… La maggioranza dei Democratici, in modo cosciente o soprattutto non cosciente, utilizza un punto di vista morale che deriva da una nozione idealizzata del ruolo formativo dei genitori, una morale basata sulla cura dei propri concittadini e sulla responsabilità dell’azione sia per se stessi sia per altri, quella che il Presidente Obama ha definito “un’etica d’eccellenza” – fare del proprio meglio non solo per se stessi, ma per la propria famiglia, per la propria comunità, per il proprio Paese e per il mondo. Secondo quest’ottica, lo Stato ha due missioni morali: proteggere e potenziare tutti equamente.
Il mezzo è Il Pubblico, che fornisce infrastrutture, istruzione pubblica e leggi per massimizzare la salute, la protezione e la giustizia, un ambiente sostenibile, sistemi informativi e di trasporto, e così via. Il Pubblico è necessario per Il Privato, specialmente per l’impresa privata, che fa affidamento su tutto quanto esposto. La libera economia di mercato massimizza la libertà generale soddisfacendo le esigenze comuni: offrire i prodotti necessari a prezzi ragionevoli con profitti ragionevoli, pagare i lavoratori in modo equo, trattarli bene e servire le comunità a cui appartengono. In breve, “le persone che si suppone l’economia dovrebbe servire” sono i cittadini comuni. Sin dall’inizio, questa è stata la base della democrazia americana.
I conservatori sono detentori di una prospettiva morale differente, basata su una nozione idealizzata di un severo padre di famiglia. In questo modello il padre è Il Decisore, quello che comanda, distingue ciò che è bene da ciò che è male ed insegna la moralità ai figli punendoli dolorosamente quando sbagliano, in modo che possano diventare disciplinati abbastanza da far bene e prosperare nel mercato. Se non sono benestanti, non sono abbastanza disciplinati e non possono pertanto essere morali: si meritano la loro povertà. Applicata alla politica conservatrice, questo porta ad una gerarchia morale che vede in cima, meritatamente, i cittadini ricchi e moralmente disciplinati.
La democrazia è vista come offrire libertà, la libertà di ricercare il proprio interesse con una responsabilità minima nei confronti degli interessi o del benessere altrui. È una libertà di tipo laissez-faire. La responsabilità è personale, non sociale. Le persone dovrebbero riuscire ad essere i padri severi di se stessi, Decisori di se stessi – l’ideale dei populisti conservatori, che stanno votando la loro moralità e non i propri interessi economici. I bisognosi sono ritenuti deboli ed indisciplinati, dunque [giudicati] scarsi da un punto di vista morale. Le persone più virtuose sono le persone ricche. Lo slogan ‘Lasciate che sia il mercato a decidere’ vede Il Decisore nel mercato in sé, l’autorità ultima, verso cui lo Stato non dovrebbe avere alcun potere per regolare, tassare, proteggere i lavoratori ed imporre multe in caso di illecito. Chi non ha soldi è indisciplinato, non virtuoso, quindi dovrebbe essere punito. Il povero può guadagnarsi la redenzione solo attraverso la sofferenza, ottenendo – si suppone – un incentivo a far meglio…
Proprio come l’autorità di un padre severo dev’essere sempre mantenuta, così la preservazione, l’estensione e la vittoria definitiva del sistema morale conservatore stesso sono i più alti valori in questo sistema morale conservatore. Predicare il deficit è solo un mezzo che persegue un fine – eliminare il finanziamento del Pubblico e condurci alla dominazione conservatrice permanente. Da questa prospettiva, il bilancio di Paul Ryan acquista un senso – tagliare il finanziamento per Il Pubblico (l’antitesi della morale conservatrice) e premiare i ricchi (che sono le persone migliori, da una prospettiva di morale conservatrice). La verità economica, qui, è irrilevante…” (vedere qui).
La critica al PLG (e il sostegno del welfare come il RMG invece del lavoro) è coerente con questa morale conservatrice. I critici non vogliono che una “burocrazia pubblica, inefficiente, ingombrante” crei posti di lavoro. Vogliono la prova del mercato. Non vogliono un sistema sociale premuroso e formativo. Vogliono le fate dell’efficienza e i becchini severi. Persino se alcuni critici comprendono elementi della MMT, vogliono comunque le fiabe sulla superiorità del Privato rispetto al Pubblico. Riguardo ai benefici del “farcela da soli”, dell'”uomo macho che s’è fatto da solo” che paga i salari, della necessità di punire gli “inadatti” così che possano servire da esempio per gli altri – “Lì, ma per la bontà di Dio, ci va John Bradford”.
Lakoff insegna che la teoria economica non può battere la moralità. Le argomentazioni contrarie al PLG non sono di stampo economico. Sono argomentazioni morali. Prestate attenzione al confezionamento. Gli oppositori usano parole come “efficiente”, “produttivo”, “burocrazia”, “scelta individuale”, “libertà”. Sono tutti termini morali che riflettono la visione conservatrice del mondo. I propositori devono cambiare i termini del dibattito – “inclusivo”, “formativo”, “premuroso”, “pubblico”, “comunità”, “cittadini”. Comprendere la MMT ci consente di usare il sistema economico per perseguire i molti obiettivi pubblici. Non esiste privato senza il pubblico. Un [sistema] pubblico che funziona bene è un prerequisito per un [sistema] privato che funziona bene. Permettetemi di concludere con una delle mie citazioni di Keynes preferite (chiedo scusa per averla probabilmente usata da qualche parte nel MMP, ma merita di essere ripetuta):
“Il credo Conservatore secondo cui c’è una qualche legge di natura che impedisce agli uomini di essere occupati, che sia “incauto” impiegarli e che, in termini finanziari, sia “sano” mantenere un decimo della popolazione inattivo per un periodo di tempo indefinito, è follemente improbabile – [è] il genere di cose a cui nessun uomo potrebbe credere, a meno che la sua mente sia stata confusa sciocchezza dopo sciocchezza, anno dopo anno.” (J. M. Keynes)
La prossima volta: puntata finale del MMP, sulla natura della Moneta.
Note del Traduttore
1.^ National Public Radio, un’organizzazione indipendente non-profit che comprende oltre 900 stazioni radio statunitensi; fonte: Wikipedia.org
2.^ Il termine usato è “framing”, che negli studi sui mezzi di comunicazione di massa, in sociologia e psicologia si riferisce all’inevitabile processo di influenza selettiva sulla percezione dei significati che un individuo attribuisce a parole o frasi, definendo la “confezione” di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre; fonte: Wikipedia.org
Originale pubblicato il 17 giugno 2012
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo
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