L'Editoriale

Paolo Savona ha torto, ma ha ragione

Italia Oggi pubblica questo articolo di Paolo Savona, ex Ministro dell’Industria (e delle privatizzazioni) con Carlo Azeglio Ciampi. L’articolo è un bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto.

Il bicchiere mezzo pieno

Nella prima metà (quella “piena”), Savona

  1. fotografa la compagnia di giro dei pretoriani dell’euro: una patetica minoranza di mitomani che governa purtroppo l’Italia terrorizzando chi ipotizza un’uscita dall’euro;
  2. divide i critici dell’euro tra:
    • chi sostiene l’uscita dall’eurozona, motivata dal fatto che l’euro è pezzo integrante di un regime antidemocratico; tra questi c’è chi ha un programma di come gestire il dopo (tra i quali idealmente lui si auto-colloca)
    • chi sostiene che si possa migliorare l’eurosistema, appoggiandosi però a mitomani dell’euro come Monti, Letta o Draghi, con l’effetto di rafforzare così l’euroregime, anziché modificarlo.

Elettoralmente, il confronto tra le posizioni pro-contro euro è oscurato mentre, sostiene Savona, dovrebbe essere il tema principale, affrontato in modo semplice e accessibile. E fin qui, quanto scrive Savona ha molto di condivisibile. Fin qui.

Savonomics, euroexit e la MMT

Prima di passare alla seconda parte dell’articolo, vediamo i punti principali della posizione di Savona su Italia, euro, debito. Da anni sostiene la necessità della riduzione del debito pubblico (Es: abbattere il debito pubblico di 200 mld di euro). Già dal 2007 proponeva, come misura per rispettare i parametri di Maastricht un piano di privatizzazioni immobiliari del valore indicativo di 450 mld di euro, con gestione da affidare a JPMorgan, Goldman Sachs, e Mediobanca. Qui un rassegna di una buona parte dei suoi articoli/pubblicazioni degli ultimi anni (Fondazione Ugo La Malfa).

Savona scrive che c’è un problema, ma la soluzione che propone è sbagliata. Questo è fondamentale, perché mette in evidenza che l’uscita dall’eurozona di per sé non è una soluzione valida e unificante tra tutti gli oppositori ai mitomani proeuro esistenti in Italia. Fuoridalleuro non è sinonimo di MMT, e a volte questo punto non è sufficientemente chiaro.

2012-2014. Crisi finanziaria, titoli di Stato e BCE. Chi aveva capito, e chi no

L’uscita dall’Eurozona gestita con l’applicazione di politiche proposte per anni da Savona ripropone il replay (in piccolo) delle svendite dei primi anni ’90. La motivazione che nel 2012 proponeva per giustificare questa ipotetica tornata di svendite era ” impedire che lo spread elevato si incorpori nel nuovo indebitamento restando fuori dal mercato delle nuove emissioni per un lungo periodo, anche per dare tempo al Governo di riorganizzare le fila del discorso della crescita e coglierne i primi frutti”.

Ma in Eurozona i rendimenti dei titoli di Stato non sono stati “calmierati” da vendite in massa di immobili pubblici (la cui effettiva quotazione di mercato sarebbe stata poi tutta da verificare, nel pieno di una crisi da domanda come quella UE) da parte dell’Italia o di altri paesi. Sono stati calmierati dal fatto che la BCE ha “staccato l’assegno” ed è intervenuta direttamente sui mercati dei bond sovrani, la soluzione annunciata con il “whatever it takes” di Draghi nell’estate 2012 e che già dall’anno precedente era stata evidenziata da Warren Mosler e dal MECPOC (Mosler Economic Policy Center) come l’unica possibile per risolvere la crisi finanziaria. Infine, come è noto, la soluzione della crisi finanziaria è stata “pagata” dagli Stati con misure di politica fiscale recessive e disastrose, che stanno devastando l’economia di tutto il continente.

La sensazione ora è che in qualsiasi situazione Savona proponga sempre e comunque come toccasana la vendita del patrimonio pubblico per “rilanciare l’economia”. E le soluzioni di uscita dall’Eurozona che propongono come “necessarie” le privatizzazioni per poter supportare la transizione sono pericolose perché:

  1. fondate su un’analisi scorretta del problema da risolvere, e della conseguente soluzione necessaria;
  2. conseguentemente se applicate non risolverebbero alcun problema;
  3. se applicate avrebbero l’unico effetto di permettere un grosso trasferimento di patrimonio di ricchezze reali dal settore pubblico a pochi fondi privati;

La crisi dell’economia reale è indotta dall’austerità che è parte integrante e progettuale (V. Parguez) del sistema eurozona e della struttura di vincoli di bilancio a cui sono sottoposti gli Stati membri, che non possono realizzare i deficit necessari; la BCE (monopolista dell’emissione euro) per progetto non supporta la spesa in deficit degli Stati, istituzionalizzando così la disoccupazione di massa e la distruzione dell’economia reale.

L’uscita dall’Eurozona per essere efficace e non disastrosa non deve essere orientata a principi di riduzione di deficit e debito pubblico, ma deve anzi necessariamente prevedere da parte dello Stato neo-monopolista della valuta deficit adeguati per il raggiungimento della piena occupazione, senza alcuna svendita massiva del patrimonio immobiliare pubblico.

Le domande di Savona. Le risposte MMT

E così ecco delle possibili risposte alle domande che pone Paolo Savona nella seconda parte del suo articolo:

1) Vuoi stare nell’euro con le conseguenze sotto i tuoi occhi o affrontare il costo dell’uscita?

Partendo dalla situazione attuale l’Italia può ottenere enormi vantaggi da un’uscita dall’eurozona (sia economici che democratici) gestita adeguatamente, mantenendo il controllo sui propri (residui) asset strategici e beni pubblici, con la ristrutturazione del sistema bancario per l’interesse pubblico e politiche fiscali orientate all’ottenimento di deficit che permettano la piena occupazione.

2) Vuoi continuare ad aumentare il debito pubblico per stare meglio o tagliare la spesa pubblica accettando le conseguenze?

Il debito pubblico è il corrispettivo della ricchezza privata denominata nella valuta di riferimento. L’Italia che riacquisisce il controllo della propria valuta spende i propri “crediti fiscali” (la valuta)come monopolista. I crediti fiscali spesi in eccesso rispetto al prelievo applicato costituiscono i deficit, e il loro stock nel tempo costituisce il “debito di Stato”, che è detenuto come risparmio finanziario dal settore privato. Quando aumenta il “debito pubblico”, aumenta lo stock del risparmio privato. Non è proponibile quindi alcun taglio della spesa pubblica per “ridurre il debito”. Lo Stato, non avendo vincoli di spesa imposti dai mercati finanziari potrà operare in senso inverso rispetto a quanto accade oggi, e sarebbe bene lo facesse: potrà prima stabilire, con scelta politica, la dimensione e composizione ottimale del proprio settore pubblico; dando seguito a questa scelta potrà quindi spendere, nella propria valuta, quanto necessario per lo svolgimento efficace delle proprie attività.

3) Vuoi rimborsare il debito pubblico cedendo il patrimonio statale o pagando più tasse per rimborsarlo?

Il debito esistente è denominato in euro. L’Italia che uscirà dall’Eurozona introdurrà l’uso della propria valuta (nuovalira) imponendo una tassazione pagabile solo con la nuova valuta di cui l’Italia sarà monopolista, per cui è evidente come “pagare le tasse” nella nuovalira non potrebbe avere la funzione di “ripagare debiti” denominati in euro, che è una valuta differente (le tasse non avrebbero comunque la funzione di “finanziare” la spesa pubblica). Le passività esistenti saranno rimborsabili quindi in euro che non arriveranno dalle tasse (mentre potranno arrivare dalle conversioni euro-nuovalira effettuate su richiesta dei titolari di conti corrente bancari che dovranno restare in euro, nel caso di uscita dall’eurozona). Il “nuovo” debito pubblico, denominato in nuovalira, sarà costituito dalla valuta (crediti fiscali) spesa dallo Stato in eccedenza rispetto al prelievo fiscale aggregato, per cui non dovrà essere “rimborsato” a nessuno. Nella sua nuova situazione lo Stato potrà non emettere più bonds, applicando una politica tassi d’interesse a zero. Il livello e gli obiettivi della tassazione dovranno essere adeguati:

  • qualitativamente alle scelte di incentivare/disincentivare certi settori piuttosto che altri
  • quantitativamente, all’obiettivo di consentire deficit tali da raggiungere il pieno impiego dei fattori produttivi e la piena occupazione.

Paolo Savona ha torto, ma ha ragione

Concludendo, Paolo Savona ha torto. Per lo Stato che ridiventa monopolista della propria valuta non è necessaria nessuna liquidazione degli immobili pubblici, nessuna riduzione del debito pubblico, nessun incremento delle tasse.

Ma Paolo Savona ha ragione:

se si volesse veramente rilanciare crescita e occupazione, il potere di governare dovrebbe già passare in mano di chi ha visto giusto e ha un programma di come gestire il dopo con euro o senza euro.

Il potere di governare la nuova economia in Italia dovrebbe passare in mano di uno staff di policy maker MMT, che comprendono il funzionamento dei sistemi monetari moderni, hanno previsto la crisi finanziaria dell’Eurozona e hanno capito cosa la avrebbe fermata, ed hanno capito che la soluzione finanziaria non avrebbe risolto i problemi dell’economia reale. Questo staff avrebbe chiaro verso quali principi orientare le nuove scelte di politica economica dell’Italia, per il benessere collettivo.

E tutto questo senza che si dia il via ad un’ingiustificata svendita di beni immobili pubblici, che non avrebbe senso.


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