Lo Stato precede il mercato e ne conforma il DNA
Il mercato non è un’entità magica, ma una costruzione sociale. Come tale può essere conformato all’interesse generale o all’interesse delle oligarchie. L’austerità è la politica economica che, creando disoccupazione, consolida il potere delle oligarchie. La MMT è lo strumento scientifico che ribalta l’austerità.
Il mercato non è un fenomeno naturale, non ha caratteristiche fisse ed ineluttabili. Il mercato è una costruzione sociale il cui funzionamento può rispondere tanto all’interesse generale quanto all’esclusivo vantaggio di interessi particolari. Dietro alla violenza del mercato, ed in particolare dietro alla disoccupazione che affligge il cosiddetto “mercato del lavoro”, il sistema di compravendita della forza lavoro, si celano specifiche scelte politiche riguardanti la misura in cui lasciare disattivato il tessuto economico, scelte che passano sempre attraverso le decisioni sui livelli di spesa pubblica e tassazione. Stringenti ed arbitrari limiti al deficit, come quelli vigenti nell’UE, compromettono a priori il risultato della vita economica delle persone. Anche di quelle più meritevoli e capaci.
La MMT illustra come i mercati nelle varie valute, i sistemi generalizzati di vendita di lavoro, beni e servizi in cambio di una specifica valuta, siano costruzioni sociali pubbliche. Costruzioni erette in modo collaterale a partire dal potere di imporre ai privati residenti su un dato territorio una tassazione denominata in una “cosa” specifica, generando l’offerta generalizzata di lavoro, beni e servizi in cambio di valuta da parte della popolazione verso l’autorità politica monopolista della valuta e verso chiunque ottenga la valuta in prima istanza, dando conseguentemente luogo al mercato, che nei fatti è dunque uno dei prodotti di questa costruzione sociale artificiale e non esiste in condizioni “di natura”.
L’esistenza di un mercato si fonda sull’esistenza di una specifica valuta che rende necessari gli scambi. La “fiducia” da parte degli agenti economici nell’accettare la valuta come “dotata di valore” si fonda sul fatto che quella valuta sarà l’unico mezzo accettato come pagamento delle imposte da parte dell’autorità politica che impone la tassazione. Questo è il fondamento del “valore” della valuta. Le tasse danno luogo al mercato.
Le valute ed i loro mercati sono creazioni statali. Non esistevano il franco svizzero né il sistema di compravendita della forza lavoro in franchi svizzeri prima che lo Stato elvetico li concepisse, e la stessa cosa vale per la corona norvegese e per qualsiasi altra valuta statale.
Le precondizioni per il mercato in una certa valuta sono poste dal creatore di detta valuta, e nessuno ha una capacità di spesa pari a quella del suo monopolista. La valuta è infatti imposta dallo Stato come meccanismo per approvvigionarsi di parte della produzione economica.
Da un punto di vista finanziario, nessuno è più solido dello Stato sovrano nell’ambito di ciò che è denominato nella sua valuta. Uno Stato dotato di una propria valuta in regime di cambio fluttuante, non vincolata a valute di altri Stati o a metalli preziosi (né ad alcuna altra merce), non può mai fallire rispetto a debiti denominati nella valuta di cui è monopolista. Questa è la verità che le oligarchie occultano per conservare il controllo sulla società tramite la diffusione della loro narrazione.
Quando si tratta di euro, nessuno è più “forte” dell’Unione Economica e Monetaria europea (UEM), e tutti i limiti finanziari che l’UEM si impone, come pure fanno gli USA e molte altre autorità politiche monopoliste della propria valuta, sono auto-imposizioni. Sono scelte politiche giustificate con una narrazione falsa, sono la piaga.
Lo Stato monopolista della valuta ha sempre la possibilità di far sì che nell’economia vi sia una spesa sufficiente ad attivare completamente la capacità produttiva e la forza lavoro presenti sul territorio. Gli USA, il Regno Unito, e tecnicamente anche l’UEM, al pari di qualsiasi soggetto monopolista della propria valuta, hanno sempre la possibilità di eliminare la disoccupazione e rimuovere il collo di bottiglia monetario al pieno sviluppo economico e sociale, alla completa espressione delle potenzialità sociali ed economiche dei popoli.
Lo Stato monopolista della valuta ha la possibilità di configurare ciò che caratterizza i sistemi capitalistici, la compravendita della forza lavoro, ponendo fuori mercato posizioni lavorative caratterizzate da remunerazioni al di sotto della soglia di povertà e da condizioni degradanti, il tutto massimizzando al contempo la stabilità dei prezzi.
Gli Stati possono però anche – e spesso lo fanno – decidere di limitare il proprio spazio d’azione vincolando la loro valuta a specifici rapporti di cambio con un’altra valuta o merci oppure, direttamente, limitando la spesa pubblica
La moneta non solo precede mercati e scambio di beni reali come intesi dall’impostazione economica dominante ma, inoltre, emerge in quanto meccanismo sociale di distribuzione, generalmente di qualche autorità di potere (sia essa un’antica autorità religiosa, un re, un potere coloniale, un moderno Stato nazionale od un’unione monetaria).
La moneta, si potrebbe dire, è “una creazione dello Stato” che ha giocato un ruolo chiave nel trasferimento di risorse reali tra le parti e nella distribuzione del surplus economico.
PAVLINA TCHERNEVA
Money, Power, and Monetary Regimes (2016)
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