Il Servizio Multimedia

Fare impresa al tempo del Covid-19

Intervista a Paolo Bonacina

Chi tra noi opera in Lombardia lo conosce già da tempo per la sua vicinanza a Rete MMT. Paolo è un uomo attivo, solare e sempre disponibile, ma soprattutto un imprenditore poliedrico o, come a lui piace definirsi, “imprenditore per divertimento”. Le sue aziende spaziano dal settore informatico a quello dell’edilizia, tutte attive nel territorio più colpito dall’epidemia di Coronavirus, quello bergamasco.
Lo abbiamo voluto intervistare per comprendere meglio come il mondo dell’impresa sta vivendo questi giorni drammatici e quanto siano concrete le misure messe in atto dal Governo. Ne è uscita una lunga chiacchierata, ricca di spunti. La sua è una testimonianza preziosa, perché ci aiuta a comprendere meglio le dimensioni di una crisi senza precedenti.


Ciao Paolo.

« Ciao a tutti. »

Servizi informatici, edilizia, bricolage. Le tue aziende spaziano in settori molto differenti.

« Sì. Dopo alcune esperienze in grandi aziende e una dirigenziale in una media impresa, da ormai 15 anni avvio e faccio crescere attività in settori diversi.

Possiedo attività nel settore informatico, sviluppiamo software per grandi aziende oltre a commercializzare nostri prodotti. Con noi lavorano 30 dipendenti e alcuni collaboratori.

Possiedo inoltre tre negozi che vendono servizi di progettazione, ristrutturazione e interior design, un negozio (in apertura) di vendita e posa in opera di pavimenti e rivestimenti in ceramica e un’attività di vendita, nel canale bricolage, di accessori per la cucina. In queste attività, oltre a 7 dipendenti, tra cooperative, architetti e artigiani, l’organico è di circa 25 persone, quindi in tutto circa 30 famiglie. »

Nelle mie aziende c’è un fattore comune: il grande valore del capitale umano. Siamo una squadra affiatata e unita. Per tutti, non solo per me, il lavoro è fonte di soddisfazione e gratificazione.

Ora però tutto questo si è scontrato con l’emergenza Coronavirus. Qual è la situazione odierna?

« A parte le attività nel settore informatico, che per ora non stanno risentendo delle misure contenitive, per le altre la situazione è drammatica.

Nel mese di marzo era prevista l’apertura di un nuovo negozio di pavimenti e rivestimenti in ceramica e, come tutte le nuove aperture, i primi mesi di attività sono l’ossigeno necessario a rientrare degli ingenti investimenti già sostenuti.

Gli altri tre negozi sono chiusi dal 10 marzo e l’attività di commercio di prodotti da cucina è bloccata da fine febbraio. I clienti, le grandi catene di bricolage presenti sul territorio italiano, non stanno facendo ordini da fine febbraio. »

Hai mai vissuto situazioni simili?

« Ovviamente no. Abbiamo sempre lottato con i problemi e le difficoltà del fare impresa in Italia, ma grazie a innovazione e grande impegno di tutti siamo sempre riusciti a vincere le nostre piccole sfide. Ma, in questi giorni, qualsiasi imprenditore dei settori colpiti dagli effetti dei decreti sta pensando al futuro con tanti interrogativi. Io stesso arrivo a ipotizzare di “mollare”, di portare i libri in tribunale e abbandonare l’idea di fare impresa. »

Quindi nulla di paragonabile con la crisi del 2008…

« Mah, ti dirò… Forse la nostra fortuna è che la maggior parte delle attività sono nate nel bel mezzo della crisi, dal 2011 in poi. Prima ero attivo solo nel settore informatico, che godeva e gode ancora di buona salute. Quindi all’epoca non abbiamo subito contraccolpi, perché non avevamo strutture o costi che potevano metterci in ginocchio e siamo nati con modelli di business adeguati. Nonostante le difficoltà, in questi anni siamo riusciti a costruire società sane e liquide, con ottimi rating a livello bancario. »

Tornando ad oggi, quale impatto hanno avuto le misure contenitive sulle tue aziende?

« Nel settore informatico si sta lavorando ancora a pieno regime, in smart working, anche se a breve ci troveremo costretti a iniziare un periodo di ferie forzate. Lavoriamo per alcune grosse realtà della distribuzione alimentare e per società pubbliche nel settore dei trasporti, oltre che, come dicevo, su nostri prodotti, su cui continuamente investiamo. Da circa una settimana, alcuni grossi clienti, noti brand nazionali e internazionali, stanno chiudendo anche i reparti IT, che sono stati spesso aperti nonostante le attività produttive o distributive fossero chiuse. Anche le aziende più innovative, che hanno sfruttato queste prime settimane per iniziare nuovi progetti, stanno arrivando al blocco totale perché il solo settore IT non vive senza la produzione e la vendita. »

E per le altre attività?

« È un disastro. Come dicevo è tutto fermo.

Nel settore del bricolage da febbraio. La gente, dal giorno dell’assalto ai supermercati, ha ovviamente smesso di fare acquisti non essenziali, i negozi hanno smaltito le scorte e non hanno più ordinato. In questi giorni ci hanno annullato anche vecchi ordini aperti.

I nostri negozi hanno subito un calo di accessi da fine febbraio fino alla chiusura del 10 marzo. Gli operatori hanno lavorato sui vari cantieri aperti, ma già in quei giorni abbiamo subito un calo in quanto alcuni clienti hanno preferito da subito bloccare i lavori, soprattutto in case private.

Dal 10 marzo abbiamo chiuso spontaneamente, per tutelare la salute di lavoratori e clienti, e da lì si è bloccato tutto. Abbiamo offerto un servizio online di consulenza e progettazione, ma con scarsi risultati.

Nell’attività di vendita e posa di ceramiche abbiamo avuto qualche giorno di lavoro in più per completare alcuni lavori di clienti che hanno tenuto aperto fin quando gli è stato concesso. »

Ma per quanto riguarda la gestione del personale?

« Nel settore edile e del commercio, quasi tutti i dipendenti avevano ferie arretrate da smaltire, per cui abbiamo imposto a tutti (come da decreto) un periodo di ferie, ad eccezione di una neo-assunta. Nel suo caso è successo questo: nei primi giorni dell’emergenza abbiamo letto una dichiarazione del Presidente Fontana pubblicata su un giornale locale che rassicurava tutti, dicendo che la Regione aveva già attivato la cassa integrazione in deroga. Quindi abbiamo sentito subito la nostra consulente del lavoro, la quale però ci ha riso in faccia! Mi ha detto che aveva richieste di cassa integrazione da due settimane e nessuno le aveva dato riscontro. Nel mio caso, mi ha assicurato, la cosa non sarebbe stata diversa, non c’era nessuna procedura per fare la richiesta. »

Risultato?

« Ho chiesto comunque di fare richiesta, ma ad oggi la dipendente non ha ottenuto la cassa integrazione e, in accordo con lei, non potendoci permettere di tenere assunto una persona senza avere lavoro, saremo costretti a concederle un periodo di “aspettativa non retribuita”. »

È l’unica?

« Magari! Dopo più di due settimane, un’altra dipendente ha esaurito i giorni di ferie arretrati, ma ci ha già detto che l’aspettativa non retribuita per lei sarà, giustamente, un problema. E a breve anche gli altri esauriranno le ferie arretrate, ma le istituzioni non ci danno alcuna risposta! »

Tra i nostri dipendenti, tutti giovani, c’è chi ha in corso la ristrutturazione di una casa per la futura convivenza con la propria compagna, chi poco più di un anno fa ha acquistato casa con la moglie, che lavora in un asilo, tramite cooperativa, e quindi senza stipendio riconosciuto. Un dramma.

Invece sul versante dei mutui? Il Governo ha proposto una moratoria. Qual è la realtà dei fatti?

« Ho sentito le banche con cui lavoriamo, con cui il rapporto è da sempre ottimo. Subito ho chiesto di poter far slittare il pagamento delle rate dei mutui in corso. Le risposte sono state vaghe e poco chiare.

La prima banca interpellata mi ha comunicato che non aveva ancora chiara la procedura e non c’era ancora nulla di certo. Quindi ha pensato bene di offrirmi, invece della moratoria, un altro mutuo a surroga con un tasso peggiore di quello in essere sul mutuo che avrei surrogato.

La seconda banca mi ha detto che “avrei potuto godere di questa opportunità” e mi ha girato un modulo.

Nella stessa giornata sento il legale con cui lavoriamo e mi apre gli occhi su alcune possibili problematiche:

  1. È possibile che la banca, nel concederti la moratoria sui mutui, comunichi la situazione in centrale rischi e questo si traduce in un peggioramento del tuo rating, ossia in una maggior difficoltà ad accedere a futuri finanziamenti o linee di credito.
  2. La moratoria in sé potrebbe bloccare la possibilità di avere con quella banca altre forme di finanziamento, finché è in corso la sospensione del pagamento delle rate. Questo vuol dire che nel caso in cui, nei prossimi mesi, per gestire il post-emergenza, la mia azienda necessiti di liquidità, non riuscirei ad averla.

Nel frattempo, a fine mese, il fatturato sarà quasi zero. Fattureremo solo alcuni lavori conclusi nei primi giorni di marzo, ma non so se li incasseremo mai!

Per il resto non abbiamo nulla da fare, siamo totalmente impassibili, siamo abbandonati. »

Davvero una situazione desolante. E in tutto ciò, cosa ti fa più paura?

« Non riaprire più. »

Davvero? Stai pensando a tanto?

« È assurdo: in un mese di decreti, il nostro Governo non ha pensato alle imprese, a ciò che siamo abituati a chiamare “il fine mese”. La fine del mese coincide con i pagamenti dei debiti e gli incassi dei crediti. Abbiamo inviato una lettera a tutti i nostri clienti chiedendo responsabilità ed etica. Se entro marzo non riceveremo i pagamenti dai clienti delle fatture in scadenza, potremmo già avere un grosso problema di liquidità, irrimediabile.

E siamo sempre stati un’azienda sana, eravamo abituati a rifiutare offerte di mutui e finanziamenti dalle banche, il nostro rating e la nostra credibilità erano ottime.

Ma non ci si rende conto che un’azienda come la nostra in un mese può crollare del tutto. Se si crea un circolo vizioso in cui i clienti, per precauzione, non pagano i debiti, il sistema crolla in pochi giorni! »

E se riusciste a superare questa fase?

« Beh, subentra un’altra preoccupazione. Quella del calo di fatturato che avremo irrimediabilmente nei prossimi mesi.

Nel 2020 gli investimenti sono bloccati. Lavoriamo spesso nella fornitura e posa di pavimenti e rivestimenti per general contractor che realizzano negozi o strutture direzionali/commerciali per noti brand nazionali e internazionali. Questi hanno bloccato investimenti già previsti e pianificati per il 2020. Spesso questi lavori vengono fatti prima dell’estate o prima di Natale, tutto è rinviato a data da definire.

Per nostra natura stiamo già pensando a come recuperare fatturato una volta che il mercato riparte, ma sono solo tante idee, nulla di concreto. »

Da non dormirci la notte…

« Nella mia storia imprenditoriale ho passato un sacco di notti insonni, le preoccupazioni notturne sono una componente propria di parecchi imprenditori. Questa volta sto dormendo bene, non lo nego, ma nel dirlo sono molto cinico… Non posso farci nulla, avevo un gruppo di aziende sane. E se il sistema salterà, e la mia azienda con esso, lo prenderò con leggerezza e pochi sensi di colpa. Lo faccio per il bene della mia famiglia, non porterò le mie aziende in una situazione irrimediabile che metta in pericolo anche la mia famiglia. O almeno spero. In tutto questo perderei il gruppo di lavoro con cui ho condiviso tutta la mia esperienza professionale e lascerei su una strada persone che hanno lottato insieme a me per costruire qualcosa di cui tutti ci sentiamo una parte fondamentale. Ecco! Questo è ciò che più mi dispiacerà. »

A questo punto, so che può sembrare una domanda retorica, ma come valuti le misure adottate sinora dal Governo?

« Quali misure? Io ho visto solo slogan ed elemosina.

Questo Governo ha dimostrato di non conoscere e di non capire il funzionamento del tessuto economico nazionale. Ripeto, non aver pensato alla gestione del fine mese delle aziende italiane dimostra un’ignoranza spaventosa. Chiunque conosca minimamente il funzionamento di un’impresa sa che il mancato incasso delle scadenze di un mese, anche solo di una parte importante, porta le aziende al fallimento. Le aziende falliscono per mancanza di liquidità, non per mancanza di fatturato. Non entro nel merito delle misure per dipendenti e partite iva, se ne parla già abbastanza e sappiamo che sono inadatte… per le imprese invece non si è nemmeno arrivati a quello! Due misure assurde per la “proroga” di pagamenti fiscali, slittamento di rate dei mutui e/o qualche credito d’imposta che serve a ben poco. Le imprese italiane, ma direi mondiali, hanno bisogno dei fatturati per pagare i debiti. Le banche concedono “linee di credito” con cui anticipano all’impresa i soldi delle fatture emesse per pagare i debiti a brevissimo termine. Quindi il fatturato lo trasformi in liquidità che ti serve per pagare i debiti. E questo lo fanno imprese di ogni dimensione. LO STATO SI È DIMENTICATO DI QUESTO ASPETTO. Le aziende senza fatturato del mese di marzo non potranno pagare le scadenze del 31 marzo e questo porterà a un collasso del sistema. Noi abbiamo già ricevuto comunicazione da alcuni clienti dell’impossibilità di pagare, non possiamo che prenderne atto. »

Il Governo sta facendo fallire le imprese italiane.

Tutto molto comprensibile, ma quali misure ti aspetteresti come sostegno alle imprese?

« Due soluzioni semplicissime: una a sostegno della liquidità delle imprese per questo periodo, una per far ripartire l’economia in pochissimo tempo. »

Quindi, nell’immediato?

« Di soluzioni ce ne sono tante, ovvio, non è facile, ma andava evitato il “non facciamo nulla e speriamo che vada tutto bene”. Una soluzione poteva essere il congelamento, per decreto, dei pagamenti per le imprese colpite dalle misure e quindi evitare di farle fallire. Lo Stato avrebbe dovuto sostenere le imprese creditrici con liquidità diretta. »

E ad emergenza finita?

  1. Azzerare l’iva per i settori colpiti maggiormente della crisi.
  2. Incentivare alcuni settori chiave con fortissimi sgravi fiscali. Se la gente con risparmi inizierà a spendere in quanto lo troverà molto conveniente, potremo in poco tempo far ripartire l’economia.
  3. Detassare pesantemente il lavoro dipendente per tutto il 2020. Più soldi nelle tasche dei cittadini, da subito!

Lo Stato doveva affrontare il problema, una soluzione la si poteva trovare invece di abbandonare le imprese alla fortuna e alla speranza.

Per chiudere, quale messaggio vorresti mandare agli imprenditori?

« Che dire… mi metti in difficoltà. È difficile, ognuno sta vivendo e vivrà questa situazione in maniera differente. Da un lato mi viene da dire: “non mollate, ce la faremo”, ma questi proclami ottimistici da social network sono inutili e sono lo specchio di una società che riversa nella speranza il proprio destino.

Preferisco dire: “fate quello che ritenete più giusto, però se potete pagare i vostri fornitori pagateli, aiutiamoci almeno tra di noi”. »

Sappiamo che conosci la MMT e da tempo ne condividi le istanze…

« La Modern Money Theory è una teoria economica che prima o poi arriverà nei palazzi della politica e potrà dare speranza a noi cittadini italiani. Da imprenditore, mi sento di dire che c’è bisogno di far sentire la nostra voce, aiutare a diffonderla rientra anche nei nostri interessi. Dobbiamo aiutare e fare squadra per portare le nostre idee nella costruzione di un modello migliore, anche per noi imprenditori.

La MMT viene spesso vista come una teoria “di sinistra” o un modello basato su un paradigma anti-capitalista. Non lo è. Chi lo dice non la conosce e non ne capisce le potenzialità. »

Molto bene. Grazie per il tuo tempo Paolo.

« Grazie a voi. »


Crediamo nella libera circolazione del sapere. Ogni nostro progetto è fruibile gratuitamente e realizzato in forma volontaria dagli attivisti di Rete MMT Italia. Se ti è piaciuto, premiaci con una libera donazione.

Commenta