Approfondimento

Chi perde il pelo ma non il vizio

È un cambiamento lento e contradditorio. I cambiamenti fanno emergere le contraddizioni del proprio tempo ma quello in corso rischia di essere strumentalmente utilizzato per non risolverle.

La pandemia è stato uno tsunami che si è abbattuto sulla narrazione del deficit costringendo la generazione di economisti e politici pro austerità ad avviarsi sulla strada del tramonto. Alcuni di questi, che prima invocavano meno Stato e più mercato con la pandemia hanno virato velocemente verso nuovi riposizionamenti. Il fronte del debito cattivo di per sési è trasformato in quello che distingue tra debito buono/debito cattivo. Un passo avanti? Lo è, ma solo nel momento in cui, partendo dalle macerie della narrazione del deficit, si sviluppa un dibattito economico e politico sulla natura della valuta moderna. Senza questo, il rischio è che si spenda in deficit a favore di pochi e solo quel tanto che consente di mantenere in vita l’economia in alcuni territori.

Stiamo assistendo al tentativo da parte del pensiero liberista di depotenziare il cambiamento di paradigma innescato con la crisi con l’obiettivo di mantenere e non risolvere le contraddizioni. Una sorta di consapevolezza ad intermittenza che si accende se si tratta di rilanciare investimenti mirati (come per il digitale) e si spegne di fronte ai dati sulla povertà. È diffusa la consapevolezza che siano necessarie politiche espansive per rilanciare l’economia ma viene riproposto lo spauracchio dell’inflazione al solo pensiero di spingere il deficit oltre l’attuale (nel 2020 l’inflazione non ha neppure sfiorato il 2% con spese in deficit del 10%).

L’Eurozona è un lupo che perde il pelo ma non il vizio e non possiamo dar ragione a Joseph Stiglitz quando dice che “l’Europa oggi sembra avere imparato la lezione di ciò che non ha saputo fare 10 anni fa”.

Pochi giorni fa i ministri delle Finanze di Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Svezia, Repubblica Ceca hanno presentato il consueto, quanto datato, manifesto di guerra  «Una visione comune sul futuro del Patto di Stabilità e Crescita»  in cui dicono che

Misure di bilancio senza precedenti hanno aiutato a combattere i notevoli effetti economici negativi della crisi, ma al tempo stesso hanno danneggiato la sostenibilità delle finanze pubbliche in molti Paesi. In particolare quelli in cui tali misure hanno creato un onere permanente sui bilanci e dove il livello del debito pubblico era già alto prima.

A dieci anni dalla stagione più crudele delle politiche di austerità e a un anno e mezzo dall’inizio della pandemia si dibatte ancora sul più banale dei compromessi possibili: una golden rule nel Patto di Stabilità e Crescita finalizzata all’esclusione dal calcolo del deficit degli investimenti pubblici legati alla transizione ambientale.

E anche le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Economia Daniele Franco non lasciano presagire nulla di buono “Quest’anno avremo risultati migliori di quelli indicati nel Def. Fra qualche settimana pubblicheremo la nota di aggiornamento al Def con nuovi obiettivi, le nuove stime di crescita per quest’anno ma anche deficit e debito, e nuovi obiettivi degli anni prossimi che sono di una riduzione di deficit e debito

Anche l’attuale dibattito politico sul reddito di cittadinanza è in realtà l’ennesimo tentativo di mantenere lo status quo. Il dualismo reddito di cittadinanza si – reddito di cittadinanza no restringe l’ampiezza del ragionamento possibile evitando che si possa allargarlo ai fattori che creano la disoccupazione. Per il liberismo è funzionale mantenere il dibattito sul tema della riforma del reddito di cittadinanza e dei centri per l’impiego, in modo da rendere sempre viva la narrazione dei giovani che non hanno voglia di lavorare e delle competenze che mancano ai lavoratori. È necessario uscire da questo ingabbiamento per proporre invece un piano di lavoro transitorio in grado di rimettere in moto l’economia, la crescita dei redditi e consentire alla comunità di godere dei prodotti/servizi creati dai lavoratori.

Oggi più che mai è necessario spiegare la Modern Money Theory affinchè si possa sviluppare una generazione di economisti e politici in grado di proporre un’agenda politica a favore dell’interesse pubblico e della piena occupazione.


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