(23 settembre 1919 – 24 ottobre 1996)
Laureatosi in matematica all’Università di Chicago (1941), si perfezionò in economia alla Harvard University (master nel 1947; dottorato nel 1954). Svolse la sua carriera di docente universitario prevalentemente alla Washington University di St. Louis (1965-90).
Partendo dalla critica alla sintesi neoclassica del modello keynesiano elaborò, sulla base dell’ipotesi di instabilità finanziaria, il cosiddetto paradigma di Wall Street, con il quale propone una spiegazione di tipo endogeno della crisi.
Minsky era molto legato alla città di Bergamo, dove ha trascorso diverse vacanze estive e coltivato molte amicizie, e che gli ha post mortem concesso la cittadinanza onoraria. A lui è dedicato il Dipartimento di Scienze Economiche della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bergamo.
Il programma di simulazione econometrica predisposto dall’economista Steve Keen è chiamato Minsky in suo onore, e sulla scia del contributo di H. Minsky elabora dei modelli dinamici di comportamento che includono come fattori fondamentali le banche, il credito bancario, la valuta.
Tra i suoi allievi, l’italiano Giulio Sapelli e L. Randall Wray.
Tra le più importanti opere di Minsky è bene ricordare: John Maynard Keynes (1974) e Stabilizing an unstable economy (1986).
Secondo Minsky, la struttura finanziaria dell’economia capitalistica diventa via via più fragile nei periodi di prolungata prosperità. Durante la fase di crescita, le imprese d’affari più remunerative moltiplicano i loro guadagni attraverso un crescente indebitamento e il loro successo incoraggia un comportamento analogo da parte di altre imprese. Il rapido aumento dei profitti alimenta la tendenza verso un crescente indebitamento e abbassa la percezione del rischio di default anche nei prestatori.
In questo processo l’economia passa da una finanza “coperta” a una finanza speculativa e infine nella finanza alla “Ponzi” che sconfina nella truffa. Nella finanza con adeguata copertura i debitori sono in grado di ripagare interesse e capitale; nella finanza speculativa il debitore paga solo gli interessi. Nella finanza alla Ponzi le imprese devono indebitarsi per pagare gli interessi sul loro debiti in essere.
I problemi vengono a galla nel momento in cui una grande impresa o un gruppo di grandi imprese raggiunge un grado di esposizione eccessivo e incomincia a vendere asset per far fronte ai propri obblighi. La fase espansionistica del ciclo dell’instabilità finanziaria culmina nel cosiddetto Minsky moment. L’emergere di problemi di liquidità, accompagnati da vendite forzate, può segnare il punto di svolta nella fiducia sulla rimborsabilità dei debiti e indurre nelle banche il bisogno improvviso di tornare a strutture finanziare più solide e prudenti.
In assenza di un pronto intervento delle autorità monetarie (come la Banca Centrale) questa brusca inversione di marcia delle banche può portare al crollo del valore delle azioni, alla contrazione del credito, alla caduta della produzione, al brusco aumento della disoccupazione e al collasso del sistema economico. Il momento di Minsky è il culmine di un modello di economia capitalista finanziarizzata, che non richiede shock esterni per generare cicli economici, ma che paradossalmente ha nella sua stessa crescita il germe della successiva crisi.