L'Editoriale

Zingales Uber Alles contro la casta dei taxisti

Zingales Uber Alles contro la casta dei taxisti

Domenica 24 aprile è una data storica per la crisi economica in cui l’Italia da anni è sprofondata. L’economista Zingales ha riassunto, in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, il pezzo che mancava al puzzle della ripresa che non c’è, la quadratura del cerchio che risolleverà PIL ed occupazione: liberare il Paese dalle piccole caste. Un tema ricorrente per chi vede nell’offerta il nodo della crisi e non nella domanda aggregata. Un tema di montiana memoria.

Più che un punto di vista microeconomico, parlerei di un punto di vista nano-economico. Zingales parte dall’osservazione del mercato dei taxi negli Stati Uniti, rivelando che il sistema Uber ha attivato migliaia di posti di lavoro demolendo la casta dei taxisti, che tenevano per il collo la nazione americana, che ora cresce perché si è liberata della zavorra della lobby.

Il costo di un taxi Uber può essere fino al 40% inferire al costo attuale, il che amplierebbe la richiesta di taxi e di conseguenza la necessità di ulteriori taxisti e quindi più posti di lavoro per tutti (e più guadagni per Uber).

Questo in America, perché purtroppo in Italia la casta dei taxisti tiene ancora sotto scacco un intero Paese costringendolo all’austerità.

L’incredibile sottocosto dei taxisti Uber americani ha due ragioni, ma Zingales ne ricorda uno solo: lo sviluppo tecnologico. Uber riesce a gestire le corse tramite un’applicazione informatica che riduce al minimo le perdite di tempo: una tecnologia al servizio dei clienti. Per Zingales è vergognoso che un pugno di taxisti in Italia rallenti il progresso tecnologico, facendoci pagare la loro inefficienza. Peccato che non gli venga in mente che la tecnologia potrebbe essere applicata anche agli attuali taxisti, migliorando il modo di lavorare dei taxisti e la soddisfazione dei clienti.

La seconda ragione che Zingales non cita, ma che potrebbe essergli suggerita dai taxisti italiani, è che il sistema Uber è nei fatti un’unica società mondiale che attinge dal mercato dei disoccupati, ai quali chiede di mettere a disposizione la propria auto. I neoschiavitaxisti, senza più alcun tutela lavorativa, dovranno lavorare da schiavi destinando il profitto alla sola unica società Uber (facendo fuori le cooperative e tutti i “sistemi inefficienti”), sottopagati per il tanto che serve per sopravvivere.

Mi aspetto che Zingales convinca i nostri taxisti che è necessario lavorare molto di più e guadagnare molto di meno per rilanciare l’economia dell’Italia. Il punto di vista del consumatore, si sa, è prioritario rispetto a quello del lavoratore: lui potrà risparmiare qualche euro in più e godersi meglio il tempo libero. Se il taxista ha famiglia non è un problema suo, d’altronde se vorrà far studiare i figli potrà sempre lavorare 24 ore su 24.


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