Euro si o euro no? Referendum o accordo last minute? Ad ogni istante che passa quello che sembrava una situazione consolidata viene capovolta o almeno così pare di capire dai resoconti di TG e quotidiani.
Indipendentemente da come si concluderà questa settimana, alcuni punti focali sembrano emersi in modo evidente.
- Il governo greco in carica (almeno per bocca di Tsipras) non vuole uscire dall’euro, pur contestando apertamente le condizioni vessatorie a cui è stato sottoposto l’intero paese; vorrebbe negoziare delle condizioni di rimborso del debito più morbide e un taglio dello stesso, senza però comprendere che il folle meccanismo dell’euro in cui sono intrappolati la Grecia e tutti stati dell’eurozona riporterà prima o poi il paese nella medesima situazione, questo perché si agisce sui sintomi e non sul vero problema;
- gli eurocrati non gradiscono la democrazia, lo dimostra il fatto che per la seconda volta in Grecia si parla di referendum e scoppiano crisi di panico tra i sacerdoti dell’euro (oltre che tra illustri leader politici mondiali). Quest’ultimo è considerato talmente irreversibile che per non rischiare si preferisce non dare possibilità alla popolazione di esprimersi, questo nonostante il bombardamento mediatico che ne influenzerebbe pesantemente l’opinione (ovviamente a favore);
- pur contestando a parole le politiche di austerità imposte negli ultimi anni, nessun governo ha mai realmente messo in dubbio i trattati sottoscritti; in particolare nessuna contestazione per il vincolo del 3% che impedisce agli stati di ampliare il deficit per creare occupazione, far ripartire la domanda interna e tirare l’eurozona fuori dall’attuale disastro economico.“Pacta sunt servanda” anche a costo di far morire in miseria un intero continente. Vista da questo punto di vista quella del referendum sembra quasi una non scelta, un governo eletto che non è in grado di prendersi la responsabilità politica di una scelta netta a favore del proprio paese: fuori dall’euro e nessuna trattativa con chi ha infierito contro il proprio popolo. Al contrario vengono assunte, continuamente e senza troppi scrupoli, responsabilità politiche che impongono continui sacrifici senza senso, il cui unico scopo è quello di affermare il predominio di una finanza predatrice, agevolata da una classe politica inesistente e purtroppo molte volte compiacente.
Al momento la partita è aperta, ovviamente si spera che indipendentemente dallo svolgimento e dall’esito del referendum, la mossa del governo Tsipras sia una prima breccia nel muro di omertà che avvolge l’euro e i trattati europei, alla quale seguano da più parti altre azioni più decise per riaffermare il primato dei diritti sociali dei popoli europei sulle dannose politiche liberiste che continuano ad imperversare.