I telegiornali sprecano acclamazioni verso la politica monetaria della BCE, commuovendosi nel vedere tanta manna venir gettata sulle nostre teste dalle generose mani di Francoforte. Ma tutto questo solo perché cotanta manna, sulle nostre teste, non è ancora arrivata.
E per fortuna, aggiungerei. Si tratta infatti di una meschina e ingannevole fantasia quella secondo la quale il Quantitative Easing della Banca Centrale Europea sta effettivamente portando fuori dalla crisi l’agonizzante economia italiana. I due principali e presunti effetti benefici individuati dai TG sono:
- L’abbassamento dei tassi di interesse sui titoli di Stato;
- Il deprezzamento dell’euro sul dollaro.
Vediamo di capire innanzitutto il perché di questi effetti, in secondo luogo forniamo una descrizione dei fenomeni, e infine prevediamone le conseguenze di medio periodo.
1) Le cause dei fenomeni
Il Quantitative Easing è la promessa e successivo acquisto da parte del monopolista della valuta di beni finanziari di determinate tipologie, titoli di Stato compresi, dagli istituti (in larga parte banche) che ne sono in possesso.
Un titolo di Stato è un credito verso un soggetto, lo Stato nazionale, che in Eurozona è paragonabile ad un qualunque utilizzatore di valuta, pertanto è a rischio insolvenza.
Il tasso di interesse sui titoli di Stato quindi è direttamente proporzionale al rischio percepito dagli acquirenti rispetto alla solvibilità dello Stato interessato.
Ora, se il monopolista della valuta garantisce di voler acquistare 60 miliardi al mese di attività, compresi i titoli di Stato, è ovvio che gli operatori finanziari percepiranno un rischio minore nel possesso o nell’acquisto di detti titoli. Di conseguenza, si abbasserà il tasso di interesse su quei titoli di Stato.
La questione del deprezzamento dell’euro sul dollaro, invece, è un tantino più complicata ed è stata più volte spiegata da Warren Mosler sul suo blog (la traduzione è riportata nel nostro sito).
Immedesimatevi in un operatore finanziario, un trader, che sente Mario Draghi annunciare massicci acquisti di titoli sul mercato con conseguente ampia immissione di liquidità nei mercati finanziari. Probabilmente pensereste ad un imminente deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro dovuto all’accresciuta quantità di moneta circolante (vi sbagliereste), e questo vi porterebbe a ricorrere ad una tecnica conosciuta come short selling (vendita allo scoperto), che consiste nel vendere immediatamente degli euro che non possedete per comprare dollari al prezzo di mercato attuale, promettendo di fare l’operazione inversa, cioè comprare euro e vendere dollari, in una data futura fissata. Quindi fate una scommessa: se alla data stabilita gli euro si fossero deprezzati, voi li acquistereste ad un prezzo inferiore rispetto al prezzo al quale li avete venduti, guadagnandoci un certo margine, viceversa, se l’euro si fosse apprezzato, registrereste una perdita.
E questo è quello che sta succedendo da alcuni mesi, esattamente come è avvenuto prima dei 3 QE americani. Tutte queste vendite short di euro sono le responsabili del deprezzamento dell’euro stesso: si tratta di scommesse dei trader sul prezzo futuro dell’euro. Il QE quindi è il responsabile, sì, del deprezzamento, ma non per come ci viene presentato da Draghi o dai TG, e questo ha conseguenze nefaste, come vedremo più sotto.
2) L’effetto immediato sull’economia
Non esistono effetti immediatamente apprezzabili per l’abbassamento dei tassi d’interesse sui titoli di Stato. L’unico effetto apparente è la maggiore facilità di finanziamento per gli Stati membri, ma si tratta di un fattore ininfluente, poiché in ogni caso gli Stati devono sottostare al vincolo del 3% sul rapporto deficit/PIL (o al pareggio di bilancio), quindi sono impossibilitati ad esercitare qualsiasi capacità di spesa autonoma.
Il deprezzamento dell’euro sul dollaro ha come effetto l’incremento delle esportazioni a discapito delle importazioni. Da una parte questo incrementa il saldo del settore privato nazionale migliorandone le condizioni finanziarie, dall’altra implica una perdita nei termini reali dello scambio.
Se considerate che esportare un prodotto significa impiegare tempo ed energie per produrlo internamente, per poi mandarlo via affinché altri, all’estero, ne beneficino, allora capite che le esportazioni sono a tutti gli effetti un costo reale. Le importazioni, viceversa, sono l’esatto opposto: il consumo di beni prodotti da altri, quindi un beneficio reale per il settore privato nazionale.
Ora, un deprezzamento della valuta opera nel senso di diminuire il prezzo dei beni prodotti internamente in termini di valuta estera, e cioè obbligare il settore privato a esportare più beni per importarne una pari quantità. Si tratta pertanto, anche in questo caso, di una perdita per il settore privato, una perdita in termini reali.
In un Paese dotato di sovranità monetaria non ci sarebbe alcun bisogno di affidarsi all’export per racimolare valuta, in quanto tutta la valuta nazionale desiderata dal settore privato potrebbe essere fornita dal settore pubblico tramite il deficit, senza dover sostenere costi reali.
Oggi le esportazioni, invece, sono l’unico boccaglio di cui le economie europee sono dotate per non affogare, dato che agli Stati è stata tolta la capacità di spesa.
3) Effetti di medio periodo
A parità di altre condizioni, la diminuzione dei tassi di interesse sui titoli di Stato ha l’effetto di diminuire il reddito da interesse dei possessori dei titoli. Si tratta di banche, ma anche di cittadini. Ciò non potrà che peggiorare la situazione dell’economia reale, avvitata proprio in una crisi di domanda. Da questo punto di vista il Quantitative Easing è pura austerità.
Il deprezzamento dell’euro invece, non essendo dovuto al QE in sé, ma alle aspettative che esso genera, terminerà nel momento in cui gli operatori finanziari decideranno di non proseguire con le vendite allo scoperto, e invertiranno la rotta, comprando gli euro in precedenza venduti. Questo causerà un ri-apprezzamento dell’euro, che avrà l’effetto di svantaggiare le esportazioni e tappare anche l’ultimo boccaglio delle economie europee.
Ecco quindi che lo sbandierato QE, oltre a non coinvolgere i nostri depositi e ad essere del tutto ininfluenze dal punto di vista del credito bancario, è potenzialmente molto pericoloso per l’economia reale. Consigliamo dunque di applicare dei tappi al padiglione auricolare in prossimità dell’ora di cena, qualora il televisore fosse sintonizzato su RAI1, poiché l’ascolto prolungato potrebbe causare seri problemi di comprensione della realtà oggettiva, con conseguenze imprevedibili sulla salute del sistema nervoso centrale.