Regimi di tasso di cambio – fluttuante versus fisso. I blog precedenti erano abbastanza generali e [le considerazioni lì esposte] possono essere applicate a tutti i Paesi che utilizzano una [propria] valuta nazionale. Non importa che queste valute siano vincolate ad una valuta estera, ad un metallo prezioso, o fluttuino liberamente: i principi sono gli stessi. In questo blog esamineremo le implicazioni dei regimi di cambio per la nostra analisi.
Occupiamoci del caso degli Stati che non promettono di convertire – su richiesta – le loro valute in metalli preziosi né in altro. Quando una banconota da 5$ viene presentata al Tesoro degli Stati Uniti, può essere usata per pagare le tasse, o può essere scambiata con cinque banconote da 1$ (o una qualche combinazione di banconote e monete metalliche per un valore totale di 5$) – ma il Governo USA non la convertirà in null’altro.
Inoltre, il Governo USA non promette di mantenere il tasso di cambio del Dollaro USA a nessun livello specifico. Possiamo considerare il Dollaro USA come un esempio di valuta sovrana, cioè non convertibile, e possiamo dire che gli USA operano con un tasso di cambio fluttuante. Esempi di valute di questo tipo sono il Dollaro USA, il Dollaro australiano, il Dollaro canadese, la Sterlina inglese, lo Yen giapponese, la Lira turca, il Peso messicano, il Peso argentino, e così via.
Nelle sezioni che seguono faremo distinzione tra queste valute sovrane, fluttuanti e non convertibili, e le valute che sono [invece] convertibili a tassi di cambio fissi.
Lo standard aureo e i tassi di cambio fissi. Un secolo fa molti Paesi operavano secondo un regime di standard aureo, in cui il Paese non solo prometteva di riscattare la propria valuta con oro, ma prometteva anche di effettuare tale riscatto ad un tasso di cambio fisso.
Un esempio di tasso di cambio fisso è la promessa di dare in cambio di trentacinque Dollari USA, un’oncia d’oro. Per molti anni, questo è stato infatti il tasso di cambio ufficiale USA. Anche altri Paesi adottarono tassi di cambio fissi, vincolando il valore della loro valuta all’oro o, dopo la Seconda Guerra mondiale, al Dollaro USA.
Ad esempio, il tasso di cambio ufficiale per la Sterlina inglese era di 2,80$ USA. In altre parole, il Regno Unito avrebbe dato 2,80$ (valuta USA) in cambio di ogni Sterlina inglese per cui fosse stata richiesta la conversione. Con un sistema internazionale di tassi di cambio fisso, il valore di ogni valuta – in termini relativi – sarà fissato rispetto a tutte le altre valute [che circolano] nel sistema.
Al fine di poter adempiere le sue promesse di convertire la sua valuta a tassi di cambio fissi, il Regno Unito doveva tenere una riserva di valute estere (e/o di oro). Se fosse stata richiesta la conversione di molte Sterline inglesi, le riserve di valuta estera del Regno Unito si sarebbero esaurite rapidamente.
Il Governo britannico poteva intraprendere un certo numero di azioni per evitare di esaurire le riserve di valuta estera, ma nessuna di queste sarebbe stata molto piacevole. Lasceremo la maggior parte dei dettagli ad una discussione successiva. La scelta si riduceva principalmente a tre tipi di azioni:
- deprezzare la Sterlina;
- prendere in prestito riserve di valuta estera;
- deflazionare l’economia.
Nel primo caso, il Governo modifica il rapporto di conversione a, diciamo, 1,40$ (valuta USA) in cambio di 1 Sterlina inglese. In questo modo, di fatto, esso duplica le proprie riserve, poiché [rispetto a prima] deve offrire solo la metà della valuta estera necessaria, in cambio di una Sterlina. Sfortunatamente, una simile mossa da parte del Governo britannico potrebbe ridurre la fiducia nel Governo stesso e nella sua valuta, il che potrebbe in realtà aumentare la domanda di riscatto delle Sterline.
Nel secondo caso, il Governo prende in prestito valute estere per soddisfare le richieste di conversione. Ciò necessita di prestatori disponibili e fa sì che il Regno Unito contragga un debito, su cui dovrà pagare gli interessi. Ad esempio potrebbe prendere in prestito Dollari USA, ma così facendo dovrebbe impegnarsi a pagare interessi in Dollari – una valuta che non può emettere.
Infine il Governo potrebbe tentare di deflazionare, o rallentare, l’economia. Esiste un certo numero di politiche che possono essere portate avanti per rallentare un’economia – ma l’idea ad esse sottostante è che – nel Regno Unito – una crescita economica più lenta ridurrebbe le importazioni di beni e servizi rispetto alle esportazioni. Questo consentirebbe al Paese di realizzare un surplus di bilancio sul suo conto estero, accumulando riserve di valuta estera.
Il vantaggio è che il Regno Unito ottiene valuta estera senza indebitarsi. Lo svantaggio, tuttavia, è che il tasso di crescita dell’economia interna diminuisce, il che tipicamente comporta un livello di occupazione inferiore ed uno maggiore di disoccupazione.
Si noti che – al fine di creare un surplus netto di esportazioni – una deflazione dell’economia può funzionare [se realizzata] in congiunzione con un deprezzamento della valuta. Ciò avviene perché un deprezzamento della valuta rende la produzione interna conveniente per gli stranieri (per i quali una Sterlina inglese costa meno in termini della loro valuta) mentre, al contrario, la produzione estera è più costosa per gli inglesi residenti (occorrono più Sterline per acquistare qualcosa denominato in una valuta estera).
Perciò, il Regno Unito potrebbe usare una combinazione di tutte e tre le politiche per soddisfare la domanda di conversione aumentando, al contempo, le proprie riserve di Dollari o di altre valute estere.
Tassi di cambio fluttuanti. Tuttavia, a partire dai primi anni ’70, gli Stati Uniti – così come la maggior parte dei Paesi sviluppati – hanno operato in un sistema di tasso di cambio fluttuante, in cui il Governo non promette di convertire il Dollaro.
Certamente, è facile convertire il Dollaro USA o qualunque altra valuta principale nelle banche private o ai chioschi degli aeroporti internazionali. I cambia valuta effettuano queste conversioni al tasso di cambio corrente, determinato nei mercati internazionali (meno le commissioni applicate per le transazioni). Questi tassi di cambio variano giorno per giorno, o anche minuto per minuto, e fluttuano affinché domanda (da parte di coloro che cercano di ottenere Dollari) e offerta (da parte di coloro che offrono Dollari in cambio di altre valute) si incontrino.
La determinazione dei tassi di cambio in un sistema di tasso di cambio fluttuante è straordinariamente complessa. Il valore internazionale del Dollaro potrebbe essere influenzato da fattori quali la domanda di asset statunitensi, la bilancia commerciale degli USA, i tassi d’interesse USA relativamente a quelli del resto del mondo, l’inflazione statunitense, e la crescita degli USA rispetto a quella del resto del mondo. Sono coinvolti così tanti fattori che non è stato ancora sviluppato un modello in grado di predire, in modo affidabile, le fluttuazioni dei tassi di cambio.
Ciò che è importante per la nostra analisi, tuttavia, è che con un tasso di cambio fluttuante uno Stato non deve temere di esaurire le sue riserve di valuta estera (o le riserve auree), per la semplice ragione che non converte la propria valuta nazionale in valuta estera ad un tasso di cambio fisso. Infatti, lo Stato non ha necessità di promettere alcuna conversione.
In pratica, gli Stati che operano con tassi di cambio fluttuanti possiedono riserve di valuta estera, ed offrono servizi di cambio della valuta a vantaggio dei propri istituti finanziari. Tuttavia, le conversioni vengono fatte ai tassi di cambio di mercato correnti, e non evitando che i tassi di cambio varino.
Gli Stati possono anche intervenire nei mercati valutari per cercare di spingere il tasso di cambio nella direzione desiderata. Essi useranno anche la politica macroeconomica (comprese la politica monetaria e quella fiscale) per tentare di influenzare i tassi di cambio. A volte funziona, a volte no.
Il punto è che, con un tasso di cambio fluttuante, i tentativi di influenzare i tassi di cambio sono discrezionali. Al contrario, con un tasso di cambio fisso, il Governo deve usare la politica per cercare di evitare che il tasso di cambio fluttui. Il tasso di cambio fluttuante assicura al Governo una maggiore libertà nel perseguire altri obiettivi – come il mantenimento della piena occupazione, un livello di crescita economica sufficiente, e la stabilità dei prezzi.
Nel continuare questa discussione nelle prossime settimane, sosterremo che una valuta fluttuante garantisce un maggiore margine [d’azione] politica – ossia la possibilità di usare la politica fiscale e monetaria nazionale per realizzare obiettivi politici. Al contrario, un tasso di cambio fisso riduce il margine. Ciò non significa necessariamente che uno Stato con un tasso di cambio fisso non possa perseguire una politica interna. Dipende. Un fattore importante sarà la sua capacità di accumulare sufficiente valuta estera (o oro) per difendere la propria valuta.
La prossima settimana, ad ogni modo, faremo una breve digressione per esaminare la cosiddetta Moneta-merce. Il tasso di cambio fisso basato sullo standard aureo è stato una realtà in tempi relativamente recenti. E durante la gran parte degli ultimi due millenni, gli Stati emettevano monete metalliche contenenti argento e oro. Molti le equiparano alla “Moneta-merce” – un sistema monetario che si suppone sia basato su metallo prezioso, uno in cui – infatti – la Moneta deriva il proprio valore dall’oro o argento contenuti.
Giungeremo tuttavia ad una conclusione sorprendente. Persino le monete d’oro e argento sono, in realtà, ITD stampati su metallo. Non sono esempi di Moneta-merce. Sono valute sovrane.
Posso già sentire i denti dei nostri gold bug [1] austriaci tremare così forte che le loro otturazioni reggono a stento.
Note del Traduttore
1.^ Gold bug: “scarabei d’oro”, è il termine con il quale si definisce la posizione di coloro che pensano che l’oro sia ancora – come all’epoca del ‘gold standard’ – il migliore fattore di sicurezza finanziaria
Originale pubblicato il 14 agosto 2011
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo