Approfondimento

Disavanzo fiscale? Sì grazie. Ecco perché

È bene ripetere perché è necessario mettere in discussione i vincoli di bilancio che i Trattati europei ci impongono.

La spiegazione che segue è di natura tecnica e richiede la necessaria concentrazione, ma è fondamentale che ognuno di noi si impossessi di alcuni concetti di base per non cadere vittima degli spauracchi di alcuni opinionisti.

Una politica economica in disavanzo fiscale può rivelarsi lo strumento ideale per stimolare la crescita dei fondamentali macroeconomici e favorire obiettivi di prosperità reale. Si intende avanzare questa tesi presentando dapprima un’interpretazione dei saldi finanziari di settore ricavati dalla contabilità nazionale.

Com’è noto in economia, i settori da cui essa è costituita sono tre:

  1. il settore pubblico, intendendo con esso l’insieme delle amministrazioni pubbliche dello Stato;
  2. il settore privato, costituito da famiglie e imprese residenti in un dato territorio;
  3. il settore estero, intendendo con esso tutte le unità (Stati, famiglie, imprese) non residenti sul territorio dato.

Dalla contabilità nazionale si ricava l’identità riguardante l’interazione dei flussi finanziari tra il settore pubblico, il settore privato dei residenti e il settore estero:

(S – Ei) + (F – Eg) + (Em – Ex) = 0 [1]

Dove:

  • (S – Ei) rappresenta la differenza tra il risparmio (S) e la spesa degli investimenti (Ei) del settore privato dei residenti;
  • (F – Eg) rappresenta la differenza tra le entrate provenienti dalla tassazione (F) e la spesa pubblica (Eg) del settore pubblico;
  • (Em – Ex) rappresenta la spesa netta dei non-residenti, ovvero il saldo corrente della Nazione, con Em riferito al valore delle importazioni ed Ex a quello delle esportazioni.

Poiché la somma di tutte le entrate nell’economia in riferimento a un dato periodo temporale deve essere uguale alla somma di tutte le spese, i saldi finanziari netti dei tre settori devono dare somma zero.

Dalla [1] si evince che un settore dell’economia può registrare un ammontare di entrate maggiore a quello delle uscite, e quindi accumulare un risparmio finanziario netto, solo se aumenta le sue attività finanziarie o se riduce le proprie passività in modo netto rispetto agli altri due settori. Quest’ultima proposizione verrà adesso chiarita isolando la posizione contabile del settore privato nella [1], tale per cui:

Risparmio finanziario netto del settore privato = spesa netta del settore pubblico + spesa netta dei non-residenti [2]

Dalla [2] si evince come il settore privato possa registrare un risparmio finanziario netto solo se la somma dei saldi finanziari dei restanti settori registra un corrispondente incremento netto nelle passività finanziarie. In altre parole, la [2] mette in luce i due canali attraverso cui il settore privato può accumulare risparmio finanziario netto: il primo attraverso l’aumento di passività finanziarie nette del settore pubblico, ossia tramite il disavanzo governativo, il secondo attraverso l’aumento delle passività finanziarie nette del settore estero, ossia tramite un surplus nelle partite correnti (dato da un ammontare di esportazioni superiori alle importazioni).

In altre parole, la contabilità nazionale evidenzia come il desiderio di risparmio netto del settore privato dei residenti possa essere soddisfatto solamente da una politica fiscale in disavanzo o da una politica commerciale che punti alle esportazioni nette. Una politica di esportazioni nette non è però priva di criticità: infatti, essa diminuisce inesorabilmente i consumi interni, dato che questi sono uguali al Pil ridotto delle esportazioni nette. Inoltre, essa può solamente svolgere il compito di distribuire le attività finanziarie già esistenti da un Paese all’altro, senza incrementarne l’ammontare complessivo. Di conseguenza, l’unico strumento adeguato a saziare la volontà di risparmio netto del settore privato domestico è rappresentato da una politica fiscale in disavanzo. Quest’ultima riesce infatti a incidere direttamente sulla situazione patrimoniale delle unità economiche private attraverso le operazioni di spesa pubblica e di tassazione, con cui, rispettivamente, aggiunge o rimuove attività finanziarie in modo netto.

Pertanto, se un maggior deficit pubblico corrisponde a un aumento dello stock di risparmio finanziario netto del settore non-governativo, così come indicato dalla contabilità nazionale, si può allora ipotizzare che le unità economiche che vedranno migliorare la propria posizione finanziaria grazie al disavanzo fiscale aumenteranno i consumi, gli investimenti e quindi spingeranno in alto l’occupazione all’interno del Paese. Vale a dire che, se i soggetti privati decideranno di liberarsi dell’aumento delle attività finanziarie (ottenuto grazie alla diminuzione della tassazione e all’aumento della spesa pubblica) decidendo di incrementare la propria spesa per consumi e investimenti, allora si potrà supporre che i fondamentali macroeconomici come il prodotto interno lordo e l’occupazione subiranno una tendenza al rialzo.

Queste conclusioni permettono di affrontare la discussione sul vincolo di bilancio sulla finanza pubblica da una prospettiva alternativa rispetto alla posizione oggi prevalente: un vincolo alla finanza pubblica può essere certamente utile, ma deve essere finalizzato al raggiungimento della crescita e della prosperità reale, e non a controproducenti obiettivi di equilibrio dei saldi finanziari.


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