L’unico modo per eliminare le forme di lavoro degradanti è garantire sempre al lavoratore un’alternativa dignitosa, ponendo così fuori mercato le offerte di lavoro al di sotto dello standard minimo.
Il Piano di Lavoro Transitorio (PLT) è un programma permanente di impiego pubblico di manodopera non specializzata, da non confondere con l’impiego nel settore pubblico tradizionale dato che risulta da esso separato. Il PLT offre un lavoro a tutti coloro che desiderano lavorare e sono nelle condizioni per farlo, con una retribuzione fissata al di sopra della soglia di povertà ed a condizioni dignitose.
Il Piano rappresenta un vantaggio non solo per chi vi accede, tipicamente avendo perso la propria precedente occupazione nel settore privato, ma più in generale per qualsiasi lavoratore, perché più nessuno sarà costretto ad accettare dal settore privato una remunerazione che lo costringa al di sotto della soglia di povertà o in condizioni lavorative insalubri, pericolose o non dignitose. Con il Piano si accresce la forza di tutti i lavoratori, a cominciare da quelli più deboli.
Il Piano riformula lo spazio in cui le forze di “mercato” nel sistema di compravendita della forza lavoro possono interagire, rendendo a priori impossibile lo sviluppo di situazioni di lavoro degradanti.
Organizzato su base territoriale locale e volto al raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico, questo Piano facilita il passaggio dallo stato di disoccupazione allo stato di occupazione nel settore privato – da cui il termine “transitorio” – e offre a chi vi accede la possibilità di maturare un periodo di continuità lavorativa tracciato, partecipando concretamente alla vita della società mediante la propria attività nel contesto lavorativo. Il Piano si presta anche per tutti quei soggetti che escono da un un lungo periodo di reclusione, di dipendenza, di disoccupazione, e che per questo motivo sono percepiti come difficilmente impiegabili dai privati persino in un quadro di forte espansione economica. Con il Piano di Lavoro Transitorio vengono rimossi gli ostacoli alla partecipazione all’attività produttiva anche per coloro che solitamente ne sono discriminati per provenienza, genere, religione. In una situazione di disoccupazione 0%, molte delle criticità derivanti dal fenomeno dell’immigrazione sono mitigate, tra le altre cose, perché nessuno potrà percepire l’immigrato come qualcuno che “ruba il lavoro“, dato che non ci sarà scarsità di posti di lavoro ma, piuttosto, scarsità di lavoratori disponibili.
Non esiste alcun “mercato del lavoro”, i lavoratori non hanno alcuna scelta, perché se rifiutano il reddito proposto loro dalle aziende, muoiono.
ALAIN PARGUEZ
Da sempre, inoltre, il lavoro costituisce la principale “infrastruttura sociale” in cui l’uomo colloca e percepisce sé stesso. L’esclusione forzata dal lavoro significa esclusione dalla collettività, mentre la partecipazione al mondo del lavoro garantisce all’uomo una partecipazione alla vita della collettività.
È nell’interesse di tutti i lavoratori, anche di quelli più qualificati, che chiunque sia nelle condizioni di lavorare e desideri farlo abbia accesso al lavoro. In economia si può distribuire, sul piano reale, solo ciò che si crea; per questo è giusto che, oltre a garantire a tutti il reddito necessario alla vita, si garantisca anche l’inclusione nel circuito della produzione e della vita attiva della società a chi si trova nelle condizioni per farlo.
PERCHÉ UN LAVORO E NON SOLO UN REDDITO?
Un reddito universale incondizionato non risolve la criticità della discriminazione nell’accesso al mondo produttivo e lascerebbe i percettori di tale reddito esclusi dal sistema sociale universalmente e storicamente caratterizzante l’Umanità, fondato sul lavoro, in cui le persone costruiscono quotidianamente presente e futuro con i propri sforzi.
Nell’ambito dell’economia reale è possibile distribuire solo ciò che è stato prima prodotto ed il lavoro è elemento necessario alla produzione. Dare accesso in modo indiscriminato al prodotto del lavoro, senza che nuova forza lavoro venga attivata per la creazione di nuovo valore economico, non farebbe altro che peggiorare ulteriormente la condizione dei lavoratori.
Con l’implementazione di un reddito universale incondizionato, i lavoratori sarebbero in grado di accedere ad una porzione ancor più piccola del valore economico risultante dalla loro attività. Il reddito incondizionato universale, od altre soluzioni che ne condividono lo scollamento con la dimensione produttiva, costituirebbe un ulteriore prelievo dei risultati dell’attività produttiva dei lavoratori, aggiuntivo rispetto a quello già realizzato dal capitale. Ciò comporterebbe non solo una redistribuzione della ricchezza reale a danno dei lavoratori, ma anche una riduzione del reddito reale complessivo.
Certamente è auspicabile che vi siano forme di protezione per chi si trova in condizione di non poter lavorare o per i soggetti che è nell’interesse pubblico non far lavorare, come ad esempio gli studenti, ma nel resto dei casi è nell’interesse pubblico porre l’inclusione nel processo produttivo come base della fonte di reddito, evitando di costringere in una condizione di forzato parassitismo sociale ampie fette della forza lavoro.
Se anche tu pensi che il PLT fa fare un passo avanti alla democrazia, firma la Carta di Madrid.