L'Editoriale

Brexit: un referendum che fa paura a chi non lo vota

Brexit: un referendum che fa paura a chi non lo vota

Conto alla rovescia per il referendum pro o contro Brexit. Gli ultimi sondaggi evidenziano la crescita della posizione pro-Brexit. Il sondaggio dell’Istituto Pew Research allarga l’analisi, evidenziando che in alcuni Paesi (Grecia, Francia e Spagna) la prevalenza dei contrari all’Unione europea è maggioranza; come dire che chi conosce anche l’Eurozona, oltre all’Unione europea, comprende maggiormente i rischi per la democrazia. Stando a questo sondaggio, anche in Italia cresce l’avversione verso l’Unione europea, con il 39% di persone che preferirebbe uscirne.

L’aumento del consenso inglese sulla posizione anti UE è tacciato dai media italiani come “campanello d’allarme” e “pericolo”; un quotidiano nazionale definisce l’opinione pubblica pro-Brexit come

un sonnambulo che cammina verso il precipizio

I ragazzi pro-Brexit vengono definiti giovani ribelli “anti-tutto” mentre i meno giovani come “euroscettici conservatori di antichi e nobili lombi”. Per molti opinionisti italiani, un referendum di questo tipo è intrinsecamente pericoloso, perché lascia alle persone la decisione democratica sul loro futuro (un vero abominio, per le istituzioni europee).

Altro argomento strombazzato dei nostri giornali è il rischio di default della Gran Bretagna. Ma anche in questo caso l’argomentazione rasenta la demenza, anche perché gli stessi articoli arrivano ad ammettere che il rischio maggiore lo correrebbero sempre e comunque i Paesi aderenti all’Eurozona.

Forse è ancora troppo chiedere ai giornalisti economici di portare fino alle estreme conseguenze il loro ragionamento, arrivando a scoprire il valore della moneta fiat, le prerogative del monopolista della propria valuta ed i limiti a cui vanno incontro gli utilizzatori di una moneta costruita per essere veicolo di politiche di austerità come gli Stati dell’Eurozona. Potrebbero anche scoprire che, se l’Inghilterra fuori dall’Unione europea non garantisse lo stesso welfare a tutti i lavoratori inglesi e non inglesi, lo farebbe solo per scelta politica, non per effettiva mancanza di risorse.

Gli Inglesi, per loro fortuna, non leggono giornali italiani e non vedono la nostra TV, ma guardano i loro programmi, come ad esempio un programma della BBC che, senza fronzoli e banalità in stile l’Europa dei popoli, spiega la strutturazione dell’apparato burocratico dell’Unione europea.

Gli ultimi giorni della campagna referendaria inglese vedranno all’opera lo stato dell’arte della strategia comunicativa propagandistica dei poteri forti. Christine Lagarde ha annunciato che l’analisi sui costi legati alla Brexit, con cifre e percentuali, verrà presentata fra il 15 e il 18 giugno, quindi pochi giorni prima del 23, giorno del referendum. L’FMI potrà rompere le regole britanniche del silenzio pre-referendum perché l’analisi ufficialmente è tecnica, e pertanto non è considerata di parte (l’oggettività è la soggettività del più forte).

Pronti a tutto in caso Brexit

Con queste parole, Mario Draghi ha fatto capire che la Banca Centrale Europea prenderà tutte le contromisure “necessarie” in caso prevalga il voto per Brexit. Ancora una volta, Draghi fa capire ai mercati finanziari cosa può fare una Banca Centrale, e soprattutto cosa potrà fare la BCE per non disturbare i mercati. Per noi, la triste ed ennesima conferma che l’Unione Europea non è costruita per gli europei.


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