Il Servizio

Sindaci contro l’austerità: oggi chiude il Comune di Biccari

Gianfilippo Mignogna, Sindaco di Biccari (FG), di fronte alla porta sbarrata del Comune chiuso per austerità

Gianfilippo Mignogna è Sindaco di Biccari (Foggia), un paese di quasi 3000 abitanti. A causa dei tagli l’Amministrazione di cui è a capo non è più in grado di garantire ai cittadini servizi adeguati. La riduzione dei servizi e dei lavori ha peggiorato la crisi del territorio.

Oggi 2 ottobre Gianfilippo Mignogna ha chiuso il Comune per un giorno in segno di protesta. Il gesto, per quanto simbolico, ha richiamato l’attenzione sul dramma dei Comuni e altri Comuni hanno deciso di unirsi alla sua lotta.

Lo abbiamo intervistato per dare voce ai piccoli Comuni che, spesso ignorati dalla politica, stanno soccombendo vittime delle politiche di austerità.

Sindaco Mignogna, perché ha deciso di chiudere il Comune oggi?

Quello di oggi vuole essere un gesto estremo e simbolico: testimoniare l’impossibilità di erogare servizi per mancanza di risorse e quindi l’inutilità di un Ente locale che viene privato di tutti gli strumenti necessari per soddisfare i bisogni della cittadinanza. Non parlo solo dei trasferimenti statali, ma anche dell’autonomia di poter disporre del proprio avanzo di amministrazione ormai bloccato per legge da almeno due anni. Di questo passo, se non cambieranno in fretta le cose, la provocazione di oggi diventerà realtà e davvero i piccoli Comuni spariranno.

I tagli dei trasferimenti quali conseguenze generano per un Comune come il suo?

Una duplice conseguenza. Da una parte si contrae inevitabilmente il margine di discrezionalità amministrativa e le poche risorse rimaste vengono necessariamente impegnate per le spese fisse con un blocco totale degli investimenti e delle manutenzioni. Dall’altra l’aumento della pressione fiscale (da noi scongiurato quest’anno) o, in alternativa, la drastica riduzione dei servizi e l’accantonamento di importanti scelte che erano state programmate. La nostra Amministrazione, per esempio, si è vista costretta a rescindere i pochi contratti rimasti (pulizia bagni pubblici, addetto stampa, ecc…) e a rimandare l’adozione del Piano Urbanistico o la realizzazione di lavori necessari alla Comunità.

Ritiene che le politiche di austerità, alla base del Patto di Stabilità, abbiano peggiorato o migliorato la situazione economica dei cittadini del suo paese?

C’è stato sicuramente un peggioramento. L’applicazione del fondo di solidarietà in combinato disposto con il patto di stabilità ha bloccato le poche risorse disponibili, come quelle del nostro avanzo di amministrazione. Meno soldi, meno lavori, meno economia locale. A rimetterci è il territorio e le sue piccole aziende. Inoltre, la complicazione del quadro normativo sta ulteriormente rallentando le attività amministrative. Basti pensare agli obblighi di procedere tramite stazione unica appaltante e centrali uniche di committenza. La cosa importante da far capire è che un Comune più povero ha come primo effetto quello di rendere più poveri i cittadini che lo abitano.

Cosa servirebbe secondo lei per risollevare l’economia e la qualità della vita dei suoi concittadini?

I Sindaci dei Piccoli Comuni chiedono fondamentalmente due misure immediate: il ripristino dei trasferimenti ad un livello accettabile (tipo quelli prima del 2011) e la rimozione del patto di stabilità. Queste due misure metterebbero in circolo nuove risorse a disposizione dei territori e potrebbero avere un effetto moltiplicatore su piccoli sistemi come i nostri. Più in generale, però, occorre ridefinire i confini dell’autonomia locale che sono oggi ridotti (mentre si moltiplicano gli organismi di secondo livello per la gestione di acqua, gas, rifiuti, servizi sociali, ecc…) ed adottare politiche che favoriscano i Piccoli Comuni e le aree interne, marginali e montane, la cui sopravvivenza è di vitale importanza per l’equilibrio del Paese ed il presidio del territorio. La sensazione, purtroppo, è che queste aree invece di essere aiutate vengano penalizzate oltremodo anche per meri calcoli di opportunità politica. Togliere e tagliare ai piccoli è evidentemente più facile e meno compromettente dal punto di vista elettorale.


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