Il Commento

Sentenza 275/2016: prima i diritti, poi il pareggio di bilancio

Sentenza 275/2016: prima i diritti, poi il pareggio di bilancio

È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione

Non è l’affermazione di un politico in cerca di consenso in periodo pre-elettorale, ma l’affermazione contenuta in una sentenza della Corte Costituzionale, massima istituzione di garanzia del nostro Paese.

Per la precisione si tratta della Sentenza 275/2016, decisa il 19/10/2016, depositata il 16 dicembre scorso e relativa ad una legge della Regione Abruzzo.

Ecco la questione, in estrema sintesi ed in termini non molto giurisprudenziali: la Regione Abruzzo aveva stabilito, con una legge del 1978, di finanziare al 50% le spese per il trasporto dei disabili così da garantire il loro diritto allo studio (mentre il resto delle spese era a carico della Provincia di Pescara).

Il 26 aprile 2004, a causa delle note politiche di austerità sancite dal patto di stabilità europeo sia a livello nazionale sia a livello locale, con l’art. 88 della legge finanziaria la Regione Abruzzo aggiunge alla legge del 1978 che il finanziamento per il trasporto dei disabili avviene solo “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa” (art. 6, comma 2-bis).

La Provincia di Pescara porta tale legge davanti al TAR, che rimette il giudizio alla Corte Costituzionale. La decisione della Consulta è racchiusa nella sentenza suddetta. La Corte dà pienamente ragione alla Provincia e dichiara incostituzionale l’articolo della legge finanziaria abruzzese.

Al di là del caso specifico, la sentenza della Corte contiene alcune considerazioni che potrebbero avere ripercussioni non banali anche a livello nazionale ed anche sovranazionale, oltre a mettere in discussione alcuni articoli della seconda parte della Costituzione.

Della sentenza completa qui ci limitiamo a richiamare i punti di maggiore interesse ai nostri fini, punti contenuti nelle considerazioni finali con cui si dichiara fondata la questione di incostituzionalità.

Nella considerazione n. 4 la Corte dichiara:

“Il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale.”

Ma soprattutto sottolineiamo la considerazione n. 11, in cui compaiono i seguenti pronunciamenti:

“Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.”

Il principio qui asserito è lampante, e sarebbe rivoluzionario se non fosse che in realtà è già stato attuato nella nostra Repubblica durante i suoi primi 35 anni di esistenza, per essere in seguito abbandonato a causa del sopravvenire di impegni internazionali (leggasi adesione allo SME e sottoscrizione dei Trattati europei): non si può compromettere un diritto costituzionalmente garantito solo perché esercitarlo ha un costo.

In sostanza, la Corte sancisce che non sono i diritti (in questo caso definiti “incomprimibili”) a doversi adeguare alla regola dell’equilibrio di bilancio, bensì è quest’ultimo a doversi conformare alla doverosa erogazione di tali diritti.

Ciò rilancia in grande stile i diritti sanciti dai principi “incomprimibili” contenuti nella prima parte della Costituzione, primo tra tutti quello al lavoro, ma anche quelli alla salute, al giusto salario ed alla tutela del risparmio.

Ma la sentenza sembra mettere in rilievo la prevalenza dei diritti “incomprimibili” sanciti nella prima parte della Costituzione rispetto al tentativo di disattivarli portato avanti attraverso modifiche alla parte seconda, con particolare riferimento all’art. 81, che sancisce il principio del pareggio di bilancio (ossia quello per cui le spese dello Stato non possono superare le sue entrate).

Della follia tutta (e solo) italiana di un pareggio di bilancio introdotto in Costituzione abbiamo già parlato in questo spazio, e rimandiamo a tale articolo per maggiori approfondimenti.

La sentenza 275/2016 assume valore storico in quanto, per la prima volta, una sentenza della Corte sembra sconfessare un articolo della Costituzione facendo prevalere i principi della prima parte che, ricordiamo, la stessa Corte ha più volte dichiarato come non modificabile.

Probabilmente la difesa della Costituzione effettuata con il NO di 20 milioni di cittadini inizia a dare i primi frutti.


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