MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta

MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta

Il Primer ha fatto il suo corso. Non sono riuscito ad affrontare proprio tutti gli argomenti che mi ero proposto. Comunque chi tra voi vuole l’intero Primer può leggere Il Libro: Modern Money Theory: A Primer on Macroeconomics for Sovereign Monetary Systems. Prenotate la vostra copia qui.

Come dicono i commercianti, se il Blog vi è piaciuto, amerete il Libro. Mentre proseguivamo con i blog, ho messo a punto il manoscritto. Vi ho inserito una sezione relativa alle domande e alle conseguenti risposte relative a molti dei capitoli, prendendo in considerazione le vostre risposte. Ho aggiunto argomenti che mi sembravano di vostro interesse ma che non ho avuto il tempo di affrontare nel blog. Ha anche un indice ed una bibliografia. E ho modificato l’ordine [dei capitoli] in maniera sostanziale per rendere la discussione più coerente. Il libro è al momento in stampa, quindi mi aspetto che lo possiate avere entro agosto.

Questa settimana concluderemo con una discussione sulla “natura della Moneta”. È davvero ciò a cui siamo voluti arrivare per circa 52 settimane. Credo sia questo a distinguere ciò che facciamo noi qui a NEP da altri blogger che capiscono gran parte dei fondamenti. Non si tratta solo del fatto che uno Stato sovrano non è soggetto a vincoli finanziari, eccetto quelli che si auto-impone. Non è solo che le vendite di Titoli di Stato sono un drenaggio di riserve. Non è solo che il PLG offre un’ancora salariale. Secondo me la MMT è un approccio che ci permette di comprendere la natura della Moneta nel tipo di economia in cui viviamo. E, siccome la Moneta è l’istituzione economica più importante della nostra economia, non possiamo assolutamente capire il nostro sistema economico se fraintendiamo la Moneta.

Attenzione: quest’ultimo blog sarà più teorico – potreste persino dire filosofico o esistenziale – rispetto ai precedenti. Se siete come me, questo può farvi addormentare. Sfortunatamente, quando vi addentrate nella natura delle cose non c’è alternativa. Tutti ricordate quel corso di filosofia al primo anno dell’università: “chi sono io e perché sono qui?”, “Se una foglia cade nella foresta, produce un suono se nessuno è lì per ascoltarlo?”. Dunque, cos’è la Moneta e qual è il punto?

Siccome questo è un blog piuttosto lungo, aspettate di avere un’ora libera prima di leggerlo. Non è il genere di cose che potete leggere di sfuggita.

Prima una rapida nota sui commenti al Blog #51. Avete notato che non ho risposto. Ho trovato che molti [commenti] fossero angoscianti. Presumo provenissero da una voce di minoranza che non ha prestato molta attenzione alle scorse 51 settimane di blog. Molti erano spinti dall’ideologia. Sono perplesso dal fatto che qualcuno di ideologia totalmente opposta alla MMT e al PLG sprechi il suo tempo a leggere e commentare i blog. Io di certo non andrei sui loro blog, né tantomeno li commenterei.

Ad ogni modo, penso di poter scrivere un commento utile che è strettamente correlato al blog conclusivo di questa settimana.

Nel loro immaginario, i nostri amici del libero mercato evocano un particolare tipo di economia con inclinazioni piuttosto specifiche. Questo si fonda essenzialmente sul più semplice modello che viene presentato sul libro di economia del primo anno: un’economia perfettamente competitiva, senza Moneta e con agenti economici “razionali” (nel senso egoistico [del termine]) che massimizzano l’utilità. C’è una mano invisibile che, in modo infallibile, guida questi ammassi omogenei di cellule colme di desiderio (termine di Veblen) in direzione di uno stato ottimale di mutua beatitudine (l'”ottimo di Pareto”, come orgogliosamente viene chiamato dal professore di economia).

Come ho discusso nell’ultimo blog, in questo semplice modello, termini come “produttività” ed “efficienza” sono ragionevolmente ben definiti, e possiamo immaginare che la mano invisibile premi i comportamenti produttivi ed efficienti e punisca i loro opposti. Lo fa attraverso i prezzi, che offrono salari e profitti ai meritevoli, bancarotta e disoccupazione agli indegni.

I nostri sostenitori del libero mercato e i loro compagni apologeti tra gli economisti ortodossi presentano un’economia immaginaria vista da alcuni come una versione utopistica della nostra, ma un’economia che funziona senza Moneta. Per agevolare la mano invisibile, scelgono poi una merce che funga da mezzo di scambio.

Per aggiungere una patina di realismo, immaginano poi un’evoluzione verso banconote garantite dall’oro o depositi a vista in modo da ridurre i costi delle transazioni. Ma uno Stato malvagio sopraggiunge, abbandona l’oro e adotta uno standard basato sulla Moneta fiat. Senza nulla di “reale” a garantire la Moneta, la mano invisibile viene presa in giro, visto che i prezzi nominali si discostano da quelli reali, provocando un temporaneo scostamento dalla beatitudine del punto di equilibrio generale in cui i mercati si compensano. Poiché lo Stato continua a “stampare Moneta” otteniamo un’accelerazione dell’inflazione ed, infine, l’iperinflazione.

Per fortuna sul lungo periodo non puoi prenderti gioco della mano invisibile, quindi non importa quanto rapidamente aumentano i prezzi nominali, si torna all’equilibrio, anche se ad uno meno desiderabile perché lo Stato estrae preziosi fluidi corporei come fosse un qualche malvagio Dottor Stranamore.

Meglio quindi distruggere o almeno contenere lo Stato, e tornare all’oro o almeno manovrare il sistema monetario come se avessimo adottato uno standard aureo (come Greenspan sostenne di aver fatto in qualità di Presidente [della Fed]).

Il Governo migliore è quello che governa il meno possibile, lasciando che le invisibili forze del mercato producano la massima efficienza e produttività punendo al contempo il debole, il pigro e l’imprudente. Questo ci riporterebbe al tempo in cui “il ghiaccio si stava sciogliendo… quando il clima era incantevole e la mente libera di essere feconda di nuove idee – nelle isole delle Esperidi o Atlantide o qualche Eden dell’Asia centrale”, com’era solito dire Keynes.

È un bel piccolo mondo immaginario e (presumibilmente) a tutti noi dovrebbe piacere viverci. Non vanta alcuna relazione con nessuna società mai esistita o che mai esisterà. È inutile allo sviluppo di una comprensione del mondo in cui realmente viviamo; è meno che inutile, a dire il vero, poiché è davvero pericoloso. Quasi tutti i problemi economici che affrontiamo nel nostro mondo reale derivano, in realtà, dal fatto che erroneamente questo modello sia applicato al nostro mondo. Proseguirei nel dire che la maggior parte dei problemi sociali che affrontiamo (sessismo, razzismo, discriminazione verso gli anziani e la semplice, pura crudeltà) derivano anch’essi dal “confezionamento” che proviene da una visione del mondo basata (anche inconsapevolmente) su questo modello.

È un’arma di distruzione di massa, e gli economisti sono vergognosamente implicati nella sua introduzione nel nostro mondo.

In che mondo viviamo realmente? Un mondo di Sabotaggio, come diceva Veblen. Ma non solo Veblen. Persino il libro più mainstream lo insegna – anche se, solitamente, non prima del secondo anno di economia. Ma pochi studenti vedono così lungo, dopo tutte le assurdità annoia-cervello insegnate al primo anno. Al secondo anno, finalmente, superiamo la competizione perfetta.

La solita analisi degli oligopoli e dei monopoli insegna che l’imprenditore riduce intenzionalmente la produzione e l’occupazione per incrementare i profitti. Veblen lo chiamava “sabotaggio della produzione”, e predisse (correttamente) un’imminente grande depressione (anni ’30 del 1900) conseguente alle propensioni dei cartelli di imprenditori.

Per gli imprenditori del mondo reale, il livello “efficiente” di produzione è sempre quello che offre profitti monetari elevati. Nessun imprenditore del mondo reale si preoccupa di attività “efficienti” o “produttive” in termini di quantità “reali” prodotte – è solo la Moneta che conta.

Allo stesso modo, nella decisione di assumere [lavoratori], nessun imprenditore nella realtà guarda alla produttività “reale” della forza lavoro: il falegname che è in grado di appendere il maggior numero di porte in un’ora rispetto a chiunque altro sulla terra, non serve a nulla all’imprenditore edile che non può ottenere profitti in Moneta dalla vendita delle abitazioni completate.

E nessun imprenditore del mondo reale impiegherà più lavoratori (ad appendere porte o a farsi le ossa) di quelli assolutamente necessari a produrre la quantità di beni e servizi che possono essere venduti e dare profitto.

Tutti gli imprenditori del mondo reale cercano continuamente di cavarsela con meno lavoratori. La “mano visibile” dell’imprenditore è una distruttrice di posti di lavoro.

Ed ecco il punto conclusivo. NON esistono forze di mercato che conducono l’economia allo stato di beatitudine immaginato dai sostenitori del libero mercato. In effetti, nella realtà accade esattamente l’opposto. Le forze del mercato fanno marciare l’economia nella direzione opposta alla beatitudine.

Verso le crisi finanziarie. Verso l’elevata disoccupazione. Verso i bassi salari. Verso disuguaglianza, povertà e sofferenza intollerabili. Verso alti tassi di criminalità e gli elevati tassi di carcerazione che ne derivano. Verso la discriminazione ed altre forme di odiosa distinzione.

Ora, lo so che i nostri sostenitori del libero mercato affermeranno che riconoscere tutto questo è “anti-capitalismo”. Far notare che i nostri imprenditori hanno una naturale tendenza a distruggere i posti di lavoro, non a crearli, è in qualche modo anti-americano. Probabilmente sinistroide!

No, è la Teoria della Moneta Moderna; o chiamatelo Realismo della Moneta Moderna, se vi piace.

La MMT è una descrizione; è una teoria; è un approccio; e porta ad un insieme di proposizioni politiche [valide] per il mondo in cui realmente viviamo.

Riconosce i problemi e tenta di risolverli. Non condanna il capitalismo né i suoi imprenditori. Ma, che voi siate favorevoli o contrari al capitalismo, gli MMTer credono che lo dobbiate perlomeno comprendere.

Ma i critici della MMT hanno in mente qualcosa di completamente diverso. Vogliono una politica per un mondo che non è mai esistito, anzi, a dire il vero per uno che in realtà non può esistere. Le loro proposte politiche non sono formulate per la realtà, ma piuttosto per mondi immaginari. E questo è vero sia a destra – quelli che vogliono la disoccupazione e la povertà per disciplinare i lavoratori, in particolare, ma anche per incentivare i nostri imprenditori – sia a sinistra, dove tollerano di buon grado la disciplina che dà la disoccupazione solo se concediamo un qualche sussidio che renda la povertà leggermente meno dura. Formulano politiche per risolvere problemi immaginari e politiche impotenti per [risolvere] i problemi reali.

I disoccupati vogliono un lavoro? Dategli il welfare – è più efficiente. Teneteli disoccupati, fa bene al carattere. Allenateli e formateli per aumentare la loro produttività, in modo che possano portar via il lavoro ad altri.

I nostri imprenditori subiscono un calo delle vendite? Date loro più sussidi. Riducete la normativa. Riducete le tasse alle imprese. Incoraggiateli ad aumentare l’efficienza, così che possano cavarsela con salari ridotti.

La nostra economia vacilla? Pareggiamo il bilancio. Abbattiamo le barriere commerciali. Togliamo [il fiato del]lo Stato dal collo dei nostri imprenditori. Tagliamo i salari ed eliminiamo la protezione dei lavoratori per distruggere il mercato [di sbocco] della produzione degli imprenditori [stessi].

Tutto questo potrebbe avere senso in qualche universo. Ma non nel nostro.

E la confusione si riduce principalmente ad un’errata comprensione della natura della Moneta.

Cos’è la Moneta? Cos’è la “produzione monetaria”? Concludiamo questo blog e questo Primer esaminando tre proposizioni. Di certo non intendo affermare che queste tre proposizioni, da sole, siano sufficienti. Ma prima avete avuto 51 settimane di blog, quindi tutto ciò che stiamo cercando di fare qui è di mettere a posto qualche cosa nella maniera più “efficiente” possibile.

Introduzione: cos’è la Moneta?

In un certo senso, il nostro compito lungo il corso di quest’anno è stato quello di sviluppare una teoria della natura della Moneta. Quando si chiede “cos’è la Moneta”, la maggior parte delle persone risponde – in modo abbastanza ragionevole – che la Moneta si usa per comprare qualcosa. Questo fa riferimento all’uso della Moneta come mezzo di scambio, l’uso ovviamente più comune. Se messa ulteriormente sotto pressione, la maggior parte delle persone risponderebbe anche che la Moneta è qualcosa che si può detenere come riserva di valore. In effetti, gli economisti riconoscono nella Moneta la riserva di valore più sicura e liquida a disposizione – fatta eccezione per le situazioni caratterizzate da elevata inflazione, [situazioni] in cui il valore della Moneta decresce rapidamente. Alcuni accenneranno anche all’uso della Moneta per il pagamento dei debiti, [situazione] in cui la Moneta è utilizzata come mezzo di pagamento, o mezzo di pagamento definitivo di impegni contrattuali.

Infine, se chiedessimo alle persone “quanto vale” – puntando il dito verso una cosa qualsiasi – una risposta comune sarebbe quella di valutare il valore in termini di Moneta, la quale agisce in questo caso da unità di conto usata per misurare la ricchezza, i debiti, i prezzi, il valore economico.

Queste risposte ci portano abbastanza lontano dal capire cos’è la Moneta, poiché ciascuna si concentra su una funzione o su un utilizzo della Moneta differente, ma ampiamente condiviso. Ma potremmo provare a scavare più a fondo e chiedere: qual è la natura della “cosa” che assolve queste funzioni?

Quando andiamo in un negozio potremmo usare contanti, un assegno bancario o una carta di credito in plastica come mezzi di scambio. Quando presentiamo la nostra dichiarazione dei redditi al Tesoro, potremmo semplicemente fare un pagamento elettronico. Possiamo comprare libri e Barbie da collezione su Internet usando PayPal. Ma possiamo stimare il valore di un’auto usata in termini di un’unità di conto puramente rappresentativa – un po’ come possiamo ipotizzare il peso del nostro vicino in libbre, chilogrammi o pietre, unità che non possiamo toccare.

La Moneta è una cosa fisica?

I più credono, in maniera abbastanza istintiva, che la Moneta debba avere una qualche [forma di] esistenza fisica, o che almeno debba essere “garantita” da riserve di metalli preziosi tenute al sicuro nei caveau dello Stato. Alcuni che sanno che non è vero temono che la Moneta che usiamo oggi sia in qualche modo illegittima, una Moneta “falsa” proprio perché [sotto forma di] pezzi di carta o dati elettronici “senza valore” depositati in banca. Questa è una tipica risposta dei “goldbug”, vicini alla scuola Austriaca e spesso seguaci di Ron Paul (ex-candidato alla Presidenza USA e spina nel fianco della Fed).

Ciò che abbiamo provato a fare in questo Primer è presentare una descrizione attenta e coerente della natura della Moneta. Abbiamo sempre distinto tra la Moneta di conto (Dollaro, Sterlina, Yen) e gli oggetti-Moneta denominati in quella Moneta di conto. Abbiamo affermato che tutti quegli oggetti-Moneta sono a loro volta passività, obbligazioni, ITD del loro emettitore. Allo stesso tempo, essi sono asset per chi li possiede. La natura dell’impegno dell’emettitore è questa: deve sempre accettare un suo ITD quando riceve un pagamento. La banca che emette depositi a vista come proprie passività deve accettare i suoi depositi a vista nel pagamento dei mutui, che sono per lei asset. Lo Stato che emette la sua valuta come ITD attraverso i suoi pagamenti deve accettare la sua valuta nei pagamenti in proprio favore (per canoni, multe e tasse).

Dunque c’è davvero qualcosa a garanzia degli oggetti-Moneta: la promessa dell’emettitore di riprenderli indietro. Spesso gli emettitori aggiungono un’ulteriore promessa per aumentare l’accettabilità [degli ITD]: quella di convertire i loro ITD negli ITD emessi da qualche entità le cui passività siano ancora più accettabili. Questo ci porta al concetto di piramide del debito. Le passività delle famiglie e delle imprese sono convertite in depositi bancari a vista (si promette di consegnare passività bancarie per rimborsare i propri debiti) e gli ITD bancari sono convertibili in valuta di Stato (contanti e riserve – HPM [1]).

Sostanzialmente i “goldbug” l’hanno capita al contrario: non era l’oro a dare alla Moneta il suo valore, ma – al contrario – l’oro aveva valore come Moneta perché le autorità pubbliche vincolavano il suo prezzo in Moneta. Questo avveniva promettendo di restituire oro in cambio di valuta ad un tasso di cambio fisso.

Ad ogni modo, analizziamo l’economia in cui viviamo, con il sistema monetario che effettivamente esiste. È un sistema basato su una Moneta di conto scelta dallo Stato e quasi ovunque soggetta alla regola “un Paese, una valuta”. Uno Stato sovrano emette valuta quando spende e la ritira con il pagamento delle imposte ed altri pagamenti effettuati a suo favore. Anche se in un certo periodo è esistito lo standard aureo e persino se questo avesse funzionato senza intoppi come fantasticano i goldbug, non importa più in alcun modo.

Tre affermazioni sulla natura della Moneta

Concludiamo con le tre affermazioni:

  1. Come notoriamente disse Clower (1965), la Moneta compra beni e i beni comprano Moneta, ma i beni non comprano beni.
  2. La Moneta è sempre debito; dalla prima affermazione, non può essere una merce perché se lo fosse significherebbe che un particolare bene sta comprando beni.
  3. Il default sul debito è possibile, il che significa che il merito creditizio è importante. Non tutti gli oggetti-Moneta nascono uguali.

Queste tre affermazioni offriranno una struttura sufficiente a scavare un po’ più a fondo nella nostra teoria della Moneta. La discussione che segue sarà ad un livello teorico, sostanzialmente logico.

Ciò richiederà qualche accenno a teorie e storie alternative sulla Moneta. Pertanto richiederà una maggiore familiarità con le tipiche descrizioni dei libri di testo. I lettori potrebbero voler ripassare un po’ sul loro testo di Samuelson.

I beni non comprano beni. Ora si sa fin troppo bene che la tipica storia sulle origini della Moneta che troviamo sui libri di testo richiede molta riflessione: a causa dell’inefficienza del baratto, i commercianti scelsero una particolare merce che fungesse da merce-Moneta. Lo scambio è quindi facilitato dall’uso di quella merce-Moneta rispetto allo scambio diretto di beni. Un ipotetico processo evolutivo tocca la scoperta di un moltiplicatore monetario (banconote emesse sulla base di riserve della merce-Moneta, come l’oro), la monopolizzazione delle riserve della merce da parte dello Stato, per giungere infine alla sostituzione della Moneta-merce con una Moneta fiat, che non è garantita da una merce.

Tuttavia, se iniziamo con l’affermazione che i beni non possono comprare beni, allora dobbiamo guardare altrove per [indagare] la natura della Moneta, perché una Moneta-merce non sarebbe mai potuta esistere. E non possiamo supporre che i mercati appaiano prima della Moneta per la semplice ragione che non possono esserci “scambi” (vendite) finché non esiste la Moneta. Inoltre, la Moneta non è una cosa che si produce – non è una merce prodotta dal lavoro (altrimenti sarebbe un “bene che compra un bene”), né è qualcosa di cui si va in cerca per soddisfare direttamente il genere di bisogni e di desideri individuali che motivano la produzione di merci. Al massimo possiamo dire che cerchiamo la Moneta perché offre accesso alle merci che soddisfano quei desideri.

È importante [il fatto] che la Moneta non sia prodotta direttamente dal lavoro. Immaginate se potessimo “far crescere la Moneta sugli alberi” o nei campi come il grano – cosa che vostra madre saprebbe essere impossibile. I lavoratori che perdessero il loro posto di lavoro potrebbero andare a raccogliere la Moneta sugli alberi o dagli stocchi, come produttori autonomi di Moneta.

Chi ha letto la Teoria Generale di Keynes ricorderà il suo ragionamento per cui la Moneta “non può essere facilmente prodotta: gli imprenditori non possono destinare lavoro a volontà per produrre moneta”, ed anche il suo ragionamento secondo cui “la disoccupazione si sviluppa perché, per così dire, le persone vogliono la luna; non si possono impiegare gli uomini quando l’oggetto del desiderio (cioè la Moneta) è qualcosa che non si può produrre e la cui domanda non si può stroncare senza difficoltà”. Anche se potrebbe essere piacevole far crescere la Moneta nei vasi sui davanzali, se lo facessimo il nostro mondo economico apparirebbe abbastanza diverso da com’è ora.

E se potessimo far crescere la Moneta sugli alberi, come questa potrebbe questa mantenere il suo valore? Le foglie di Moneta sarebbero raccolte dagli alberi finché la quantità di sforzo necessaria a produrre Moneta in modo diretto sarebbe pari alla quantità di Moneta che sarebbe possibile ottenere indirettamente, attraverso altri processi produttivi (sotto forma di salari e profitti). La raccolta di foglie determinerebbe comunque uno standard minimo. Mantenere una relativa scarsità di Moneta ne conserva il valore, ma questo significa allo stesso tempo che non dovrebbe essere qualcosa che si produce col lavoro.

C’è però da dire una cosa più importante. Altrove – in particolare nelle bozze della Teoria Generale – Keynes presume in maniera esplicita che, in un’economia monetaria, il fine della produzione sia quello di accumulare Moneta. È questo desiderio di accumulare Moneta, ma allo stesso tempo l’incapacità di utilizzare il lavoro per produrla, che impedisce che il lavoro sia destinato alla sua produzione. Il ragionamento di Clower per cui “i beni non comprano beni”, che la Moneta non è una merce prodotta dal lavoro, dev’essere pertanto alla base del pensiero di Keynes. Ed è per questo motivo che la disoccupazione si sviluppa quando le persone vogliono la “luna” (la Moneta), ma non la possono produrre con il lavoro.

Anche Karl Marx, Thorstein Veblen e i loro seguaci sostenevano che l’economia capitalistica è un'”economia monetaria di produzione”. Per farla semplice, il fine della produzione è quello di accumulare Moneta – non quello di scambiare con altre merci le merci prodotte. Come afferma Robert Heilbroner, questo fornisce alla produzione una “logica” che rende possibile fare analisi economiche. In effetti, la nostra precedente analisi sui saldi settoriali e sulla coerenza stock-flusso, e persino il computo dello stesso Pil, si basano tutti su questa “logica”.

Da un certo punto di vista, si tratta di qualcosa di ovvio. Per motivi contabili abbiamo bisogno di un’unità [di conto] per aggregare voci eterogenee: salari, profitti, rendite; investimento, consumo, spesa pubblica; mele, arance e gingilli. Come disse Keynes, sono solo due le unità di conto ovvie a disposizione – le ore lavorate e l’unità di salario monetario. La tradizione classica (che seguì Marx) si concentrò sulla prima, mentre la maggior parte dei seguaci di Keynes si concentrò esclusivamente sulla seconda, anche se alcuni, come Dillard, usandole entrambe seguirono l’esempio di Keynes.

Ma la teoria monetaria della produzione di Marx-Veblen-Keynes intende dire qualcosa di più del fatto che, per ragioni contabili, abbiamo bisogno di un’unità monetaria universale che sia pratica. La Moneta è l’oggetto della produzione – non è solo il modo in cui misuriamo il valore della produzione. Il fatto che la Moneta non assuma alcuna particolare forma di merce è la ragione per cui può essere lo scopo della produzione di ogni singola merce. È la rappresentazione generale del valore – la Moneta compra tutte le merci e tutte le merci comprano la Moneta (o almeno cercano di comprarla).

In realtà, se una merce non può comprare Moneta non è davvero una merce – non ha alcun valore di mercato. Le merci derivano il proprio valore – diventano merci – scambiandole con la Moneta, rappresentazione universale del valore sociale. Per lo stesso motivo, ottenere Moneta ci permette di accedere a tutte le merci che stanno cercando di comprare Moneta.

Questo rischia di deludere: i frutti della produzione accedono al mercato, ma non riescono a comprare Moneta. L’incapacità di vendere i beni prodotti presenta [alcune] conseguenze, tra cui la scelta di cessare la produzione. La stessa forza lavoro è una merce prodotta (eccetto ovviamente il lavoratore libero, che non può essere acquistato o venduto), che cerca di essere scambiata con Moneta ma potrebbe, invece, trovare la disoccupazione.

Comunque, ottenere Moneta non solo è il fine della produzione, ma lo stesso processo produttivo è una “produzione di merci attraverso merci”, come diceva Sraffa. Sarebbe a dire che è necessario avere a disposizione merci per produrre – occorrono materie prime, attrezzature e forza lavoro per realizzare una produzione.

E quelle merci (inclusa la forza lavoro ed altri mezzi di produzione prodotti) possono essere acquistate solamente con oggetti-Moneta (ITD denominati nella Moneta di conto). In altri termini, lo stesso processo produttivo “inizia con la Moneta” sulla base della speranza di terminare con “più Moneta” (M-C-C’-M’, come diceva Marx – inizia con la Moneta per acquistare merci come risorse, produrre una merce diversa e poi venderla in cambio di una maggiore quantità di Moneta). Non solo è necessario che dalla produzione derivino vendite in cambio di (oggetti-) Moneta, [la produzione stessa] deve anche iniziare con (oggetti-) Moneta.

La produzione è completamente monetaria, dall’inizio alla fine. Non può iniziare con le merci, perché le merci devono essere state prodotte per la vendita in cambio di (oggetti-) Moneta. Anche l’analisi, pertanto, deve iniziare con la Moneta.

Senza dubbio la necessità di produrre merci e poi venderle in cambio di Moneta sta alla base del capitalismo. Se la Moneta si potesse produrre in modo diretto nei vasi per fiori, non avremmo bisogno di commercializzare la produzione – e la maggior parte delle peculiarità dell’economia in cui viviamo non sarebbero necessarie.

Non possiamo iniziare con il paradigma del baratto. Non possiamo rimuovere dall’analisi la Moneta, come se esistesse un qualche velo a nascondere la vera natura della produzione. Non possiamo immaginare che in qualche ipotetico futuro la Moneta diventerà in qualche modo una forza neutrale, come invece si suppone fosse al tempo in cui Robinson Crusoe barattava con Venerdì. In un’economia monetaria di produzione, iniziare col baratto non getta alcuna luce sulla produzione.

In realtà, se ci pensate, se scambiate una merce con un’altra non c’è alcuna necessità di Moneta, neppure come unità di misura. Io ho delle noci di cocco e tu hai del pesce; io preferirei avere il pesce e tu le noci di cocco, quindi commerciamo. Dobbiamo contrattare per raggiungere un accordo sul rapporto di scambio – quanti pesci per ogni noce di cocco. Questo ci dà un “prezzo relativo” misurato in cose reali. Non abbiamo bisogno di alcuna unità di misura. Senza dubbio questo genere di scambi avviene in ogni momento: se tu cucini la cena, io laverò i piatti; io scambierò due figurine di baseball di Barry Bonds per una di Mickey Mantle.

O due Mickey se tu pulirai il bagno. Non abbiamo bisogno di nessuna stupida Moneta!

Iniziamo allora con una Moneta di conto in cui “diamo un prezzo” ai beni e ai servizi che compriamo e vendiamo. E usiamo qualche cosa denominata in quella Moneta di conto – ricevendola quando vendiamo e consegnandola quando compriamo.

Cos’è questa “cosa”? È una merce, come l’oro denominato in Dollari? No!

La Moneta è Debito

Nel corso di questo Primer abbiamo sostenuto che la Moneta non è una merce, piuttosto è un’unità di conto. Un’unità di misura è qualcosa che non si può mai ottenere attraverso una vendita. Nessuno può toccare o possedere un centimetro di lunghezza o un grado centigrado di temperatura. Potremmo dire che compriamo Moneta vendendo merci, ma è chiaro che se la Moneta è solo un’unità di conto – il Dollaro, l’Euro, lo Yen – questo è impossibile.

Possiamo comprendere un po’ meglio se ricordiamo l’analogia che abbiamo fatto col tabellone segnapunti elettronico in una partita di calcio. Nel corso della partita, i punteggi delle due squadre vengono modificati. I punti non hanno consistenza fisica, al di là di quella di qualche elettrone iperattivo; riflettono semplicemente una registrazione della prestazione di ciascuna squadra sulla base delle regole del gioco. Analogamente, nel gioco che chiamiamo “economia”, la vendita di merci in cambio di Moneta porta all’accredito di “punti” sul “tabellone” che è in mano (principalmente) agli istituti finanziari.

Anche se il gioco della vita è un po’ più complicato di una partita di calcio, l’idea che tenere i conti in termini di Moneta sia molto simile a tenerli in termini di punteggi ci può aiutare a ricordare che la Moneta non è una “cosa”, ma un’unità di conto in cui teniamo traccia di tutti i debiti e i crediti – o “punti”.

Abbiamo già detto che i “punti” sul bilancio di una banca sono passività, mentre i suoi ITD sono i punti accreditati ai giocatori. Avremo molto altro da dire sul ruolo che giocano gli istituti finanziari nella prossima sezione. Qui vogliamo solo concentrarci sulla natura “duale” di debito [propria] dei “punti” Moneta.

Innanzitutto, come abbiamo detto poc’anzi, la produzione deve iniziare con la Moneta; e quella Moneta è un “punteggio” che rappresenta un ITD. Tipicamente è una passività della banca sotto forma di deposito a vista. È compensata, sull’altra colonna del bilancio della banca, da un prestito, che rappresenta il debito del titolare a nome del quale è stato emesso l’ITD della banca. In altri termini, chi vuole intraprendere una produzione di merci (attraverso l’acquisto di merci) deve emettere un ITD nei confronti della banca (un “prestito” che la banca detiene come asset) ed ottenere in cambio un deposito bancario (la passività della banca).

Le merci da usare come mezzi di produzione sono quindi acquistate trasferendo il deposito (la banca addebita il conto deposito del produttore e accredita quelli dei venditori dei mezzi di produzione). Quando il produttore conclude il processo produttivo e vende le merci che ha prodotto, il suo conto deposito viene accreditato e gli acquirenti delle merci vendute vedono addebitati i loro conti.

A questo punto, se il produttore lo desidera, può usare il suo deposito per “rimborsare” il prestito (contemporaneamente, la banca addebita il deposito a vista e il prestito). Tutto ciò si può fare elettronicamente e somiglia abbastanza al nostro segnapunti che toglie i punti dal tabellone.

Vediamo dunque che il debito del produttore viene eliminato attraverso la vendita delle merci prodotte (“realizzando” il [relativo] valore monetario), ed il prestito con la restituzione dei depositi che ha accumulato grazie alle vendite. La banca cancella il suo debito (deposito a vista) nello stesso momento in cui cancella l’ITD del produttore (prestito).

Il secondo senso in cui il produttore si indebita è schumpeteriano (dal famoso economista, Josef Schumpeter): l’imprenditore destina parte dei mezzi di produzione della società all’attivazione del processo produttivo, prima di contribuire effettivamente alla società [stessa]. L’ITD del produttore (detenuto dalla banca) rappresenta la sua promessa verso la società di privarla temporaneamente di alcune merci, a condizione che in futuro gliene offrirà altre.

Tutta la produzione di merci può essere vista come [un fenomeno] sociale, che inizia con merci che la società ha già prodotto e le combina in qualche modo per produrre (di solito) un insieme di merci differente. Nel momento in cui le merci appena prodotte trovano un mercato (Moneta che le compra), il debito dell’imprenditore nei confronti della società si estingue.

Quindi, se ha successo, il debito dell’imprenditore è ripagato su entrambi i fronti: il produttore può estinguere del tutto il suo debito con la banca e con la società. Fare impresa è essenzialmente una questione di debiti e crediti, se tutto va come previsto debiti e crediti si annullano compensandosi.

La Moneta è debito (di nuovo!).

Concludiamo: la Moneta è debito. Non serve che abbia alcuna consistenza fisica al di là di qualche forma di registrazione – principalmente una voce elettronica su un computer. La Moneta coinvolge sempre almeno due voci: il debito dell’emettitore e l’asset del creditore. Riconsegnare un ITD al debitore ha come risultato l’estinzione del debito: il debito si estingue, e lo stesso succede all’asset del creditore.

In pratica, la creazione di Moneta richiede solitamente quattro voci: un potenziale produttore emette un ITD nei confronti di una banca e ne riceve, come asset compensativo, un deposito a vista; la banca detiene come asset l’ITD del produttore e come sua passività emette il deposito a vista. Per convenzione, diciamo che il produttore è “colui che prende a prestito” e che la banca è un “prestatore”; chiamiamo “prestito” l’accettazione dell’ITD del titolare da parte della banca, e “Moneta” l’ITD della banca. Si tratta però di qualcosa di abbastanza arbitrario, perché entrambi si sono indebitati ed entrambi hanno prestato, nel senso che entrambi sono sia debitori sia creditori.

Se la Moneta è debito, allora – come disse Minsky – chiunque può creare Moneta emettendo un ITD denominato nell’unità di conto sociale. Il problema è farlo accettare, ossia far sì che qualcuno detenga un ITD di qualcun altro. Per diventare un debitore è necessario trovare un creditore disposto a detenere il debito. Ma sono due i lati dell’equazione: ognuno dev’essere disposto a “creare Moneta” (emettere un ITD) e ognuno dev’essere disposto a “possedere Moneta” (detenere l’ITD dell’altro).

Nella prossima sezione affrontiamo due questioni relative alla volontà di possedere ITD in Moneta: la liquidità e l’inadempienza. Questo riguarderà la nostra terza ed ultima affermazione sulla natura della Moneta: l’inadempienza rispetto agli impegni monetari è possibile.

Liquidità e rischio di default sugli ITD monetari

Goodhart sostiene che il motivo per cui l’economia convenzionale non riesce a trovare un ruolo importante per la Moneta o per le istituzioni finanziarie nei suoi rigorosi modelli (dell'”equilibrio generale”) è il fatto che il default sia escluso per assunto. Si presume che tutti gli ITD siano ugualmente sicuri, perché tutte le promesse sono sempre mantenute e tutti i debiti sempre ripagati (per dirla tutta, molti di questi modelli utilizzano un caratteristico agente che è [contemporaneamente] sia debitore sia creditore e che, abbastanza razionalmente, non commetterebbe mai default nei confronti di se stesso in maniera schizofrenica!).

Ciò significa che tutti possono indebitarsi al tasso d’interesse privo di rischio e che qualunque venditore accetterebbe l’ITD di un acquirente; non c’è necessità di contanti né di alcun vincolo di liquidità, mai. Né avremmo bisogno di specialisti di qualche genere – come le banche – per valutare il merito creditizio, di assicurazioni sui depositi, né di una banca centrale che agisce come prestatore di ultima istanza.

Ovviamente, se ignoriamo la liquidità ed il rischio di default, escludiamo praticamente tutte le domande interessanti sulla Moneta, sugli istituti finanziari e sulla politica monetaria.

Torniamo alla domanda più importante sul debito, esaminata in dettaglio in precedenza: cosa si possiede esattamente nel momento in cui un ITD viene emesso? Tutti gli ITD hanno un requisito in comune: l’emettitore deve accettare il suo ITD quando gli viene presentato [come mezzo di pagamento]. Come discusso in precedenza, la banca si riprende il suo ITD (deposito a vista) quando un debitore lo presenta per rimborsare un prestito. Lo Stato si riprende il suo ITD nel pagamento delle tasse. Se emettete un ITD a favore del vostro vicino per una tazza di zucchero, il vicino ve la può presentare per ottenere dello zucchero. Rifiutare il vostro stesso debito quando vi viene presentato per un pagamento costituisce un default.

Un’altra promessa che caratterizza molti ITD monetari è la convertibilità su richiesta (o sulla base di qualche specifica condizione, come un periodo d’attesa) in un altro ITD monetario o persino in una merce. Ad esempio, se vigesse un regime aureo lo Stato potrebbe promettere di convertire la sua valuta (un ITD stampato su un gettone o su carta) in un certi numero di once di metallo prezioso. O un Paese con tasso di cambio fisso potrebbe promettere di convertire la sua valuta in un certo numero di unità di una valuta estera. Le banche promettono di convertire i loro ITD sotto forma di depositi a vista in Moneta nazionale ad alto potenziale [HPM] (valuta o riserve presso la banca centrale).

È importante ricordare che una promessa di conversione non è indispensabile per l’emissione di un ITD – è, in un certo senso, volontaria. Le moderne valute sovrane “fiat” in un regime di tasso di cambio fluttuante, ad esempio, sono accettate senza alcuna promessa di conversione. Molti attribuiscono questo fatto all’istituto del corso legale, laddove gli Stati sovrani hanno promulgato una legislazione che richiede l’accettazione delle loro valute nei pagamenti. Ma ci sono (e ci sono state) valute che circolano senza alcun corso legale, così come valute che persino con corso legale furono rifiutate.

Se in molti Paesi la valuta non può essere scambiata con metallo prezioso, se il corso legale non è necessario né sufficiente ad assicurare che una valuta sia accettata e se la “promessa di pagamento” da parte dello Stato – in fin dei conti – non consiste in nulla (eccetto che nello scambiare valuta propria con [altra] valuta propria), allora perché qualcuno dovrebbe voler accettare la valuta di uno Stato?

Come abbiamo enfatizzato, questo avviene perché lo Stato sovrano ha l’autorità di imporre e riscuotere le tasse (ed altri pagamenti [da effettuare] in suo favore, come tariffe e multe). Gli oneri fiscali sono imposti nella Moneta di conto nazionale – Dollari negli USA, in Canada e in Australia.

Inoltre, lo Stato sovrano determina anche cosa è necessario per adempiere l’onere fiscale. In tutti i Paesi moderni, è la valuta dello Stato ad essere accettata per il pagamento delle tasse. Anche se i contribuenti scrivono perlopiù assegni tratti su banche private per pagare le tasse, in effetti, quando lo Stato riceve questi assegni, addebita le riserve delle banche private – riserve che sono ITD della banca centrale.

In effetti, le banche private sono intermediari tra i contribuenti e lo Stato che effettuano pagamenti in valuta e in riserve per conto dei contribuenti. Una volta che le banche hanno eseguito questi pagamenti, il contribuente ha adempiuto il suo obbligo, quindi l’onere fiscale è eliminato.

Ne concludiamo che la valuta “fiat” dello Stato è accettata perché è il principale (e di solito l’unico) mezzo che lo Stato accetta per il pagamento delle tasse. È vero, ovviamente, che la valuta dello Stato si può usare anche per altri scopi: la valuta si può usare per fare acquisti, ripagare debiti o risparmiare nei “salvadanai a forma di porcellino”. Tuttavia, questi altri usi della valuta sono secondari, e derivano dalla disponibilità dello Stato di accettare la sua valuta come mezzo di pagamento delle tasse.

In ultima analisi, è [proprio] perché chiunque è soggetto ad obblighi fiscali può usarla per eliminare tali oneri che la valuta è ricercata e può quindi essere usata per gli acuisti o per il pagamento di obblighi privati.

Ne possiamo concludere che le tasse guidano la Moneta.

In primis lo Stato crea una Moneta di conto (il Dollaro, la Sterlina, l’Euro), quindi impone oneri fiscali [denominati] nella Moneta di conto nazionale. In tutti i Paesi moderni, ciò è sufficiente ad assicurare che anche molti dei debiti, degli asset e dei prezzi (la maggior parte, in effetti) saranno denominati nella Moneta di conto nazionale. Fintanto che accetta la sua valuta per il pagamento delle tasse, lo Stato è quindi in grado di emettere una valuta denominata anch’essa in quella Moneta di conto.

La possibilità di agire in giudizio per far rispettare i contratti monetari rappresenta una parte della ragione per cui gli ITD privati sono stipulati nella Moneta di conto dello Stato. Inoltre, gli ITD monetari sono spesso resi convertibili negli ITD dello Stato – Moneta ad alto potenziale [HPM]. Questo li può rendere più accettabili.

Ecco il problema, comunque: concordare soltanto di accettare i vostri ITD come mezzo di pagamento è una promessa abbastanza facile da mantenere. Ma promettere di convertire i vostri ITD negli ITD emessi da un altro soggetto (specialmente su richiesta e ad un tasso di cambio fisso – che è necessario per la liquidazione al valore nominale in una Moneta di conto) è più difficile. Richiede di mantenere una riserva di ITD dell’altro soggetto o di avere facile accesso a quegli ITD nel momento in cui la conversione sia richiesta.

Non riuscire a mantenere la promessa di conversione è un default. Esiste pertanto un rischio aggiuntivo di default, che deriva da una promessa di conversione e che va considerato nel momento in cui si valuta di promuovere la generale accettabilità di un ITD.

Questo dà luogo al concetto di liquidità: quanto velocemente è possibile convertire un asset senza che perda molto valore? Generalmente l’asset più liquido è l’ITD dello Stato (lo Stato promette di convertire i suoi ITD nei suoi ITD e di accettarli in tutti i pagamenti a lui dovuti), quindi la conversione di altre passività è spesso in HPM. Le banche detengono un po’ di HPM per poter soddisfare le richieste di conversione, ma a rendere sicura la promessa di conversione della banca sono l’accesso all’assicurazione sui depositi e alla banca centrale.

Assicurazione sui depositi significa che lo Stato stesso convertirà le passività della banca in HPM al valore nominale; accesso alla banca centrale significa che una banca può sempre prendere in prestito tanta HPM quanta ne occorre per soddisfare la domanda di conversioni.

Molto tempo fa, in questo Primer, abbiamo introdotto il concetto di piramide di passività – gli ITD emessi da altri istituti e dalle famiglie sono convertibili in passività bancarie. Questi altri soggetti studiano quindi accordi che rendono più probabile la soddisfazione da parte loro delle richieste di conversione, come l’istituzione degli scoperti di conto. Tutti gli ITD si dispongono in una struttura piramidale che vede in cima l’ITD dello Stato – lo possiamo pensare come un leveraging sulla HPM.

Non tutte le promesse sono ugualmente valide, comunque – il rischio di default varia in base all’ITD. Esiste un altro principio fondamentale dei debiti: non si può ripagare un debito usando un proprio ITD.

Ma lo Stato sovrano è speciale. Come abbiamo detto, quando al sovrano si presenta il suo stesso ITD, egli promette di scambiare quell’ITD con un altro dei suoi ITD o permette a chi lo presenta di “riscattarlo” per il pagamento delle tasse.

Lo Stato esegue i suoi pagamenti – compreso il riscatto dei suoi debiti – usando i propri ITD. Di certo, lo Stato può ritirare le sue passività – realizzando un surplus di bilancio – ma non deve ripagarle usando ITD di qualcun altro. Lo Stato sovrano, quindi, è davvero speciale. Ogni altro soggetto, per estinguere un debito, deve consegnare ITD di una seconda o terza parte. Nella maggior parte dei casi si tratterà della passività di una banca, che viene utilizzata per sostenere i pagamenti relativi al debito.

Il rischio di default sugli ITD di una banca è ridotto (inesistente nel caso in cui lo Stato garantisce i depositi), quindi le passività bancarie sono ampiamente accettate. Le banche si specializzano nel farsi garanti (stimando il merito creditizio) di “coloro che prendono in prestito” – coloro di cui [le banche] detengono gli ITD. Non solo le banche intermediano tra lo Stato ed i suoi contribuenti, esse intermediano anche accettando gli ITD di coloro che sono indebitati ed emettendo ITD bancari come i depositi.

Gli ITD che [le banche] possiedono hanno generalmente un rischio di default più elevato (eccetto il caso del debito dello Stato) e sono meno liquidi degli ITD che emettono. Per questo servizio guadagnano un profitto, determinato in larga misura dalla loro abilità di far pagare un tasso d’interesse più alto sugli ITD che possiedono rispetto al tasso che loro stesse devono pagare. Torna di nuovo utile l’immagine di una piramide del debito – chi si trova più in basso nella piramide usa gli ITD emessi dalle entità [che si trovano] più in alto per eseguire i pagamenti ed estinguere i debiti.

Questo ci porta al tasso d’interesse, che Keynes sostenne essere un premio per la rinuncia alla liquidità. Poiché la valuta emessa dallo Stato (contante) è l’asset più liquido, non deve fruttare un interesse; i depositi bancari a vista possono essere altrettanto liquidi e, per molti versi, sono persino più comodi del contante, quindi non necessariamente devono fruttare un interesse (in alcuni casi le banche fanno pagare una commissione sui depositi a vista; in altri, pagano un interesse positivo – questo ha a che vedere con la regolamentazione e con la competizione, questioni che non affronteremo in questa sede).

Altri ITD, meno liquidi, devono fruttare un interesse per indurre i ricchi a detenerli. Inoltre l’interesse compensa per il rischio di default; questo in aggiunta al compenso per la non liquidità dell’asset.

Keynes prosegue spiegando come il desiderio di liquidità limiti la domanda effettiva e dia luogo alla disoccupazione – argomenti al di là dei nostri propositi odierni, anche se toccati in precedenza (la disoccupazione ha luogo perché le persone vogliono “la luna”).

Torniamo al ragionamento di Goodhart secondo cui l’economia convenzionale non avrebbe spazio per la Moneta perché, nei modelli rigorosi, non esiste alcun rischio di default. Per Keynes, la scienza economica convenzionale è priva di una teoria che spieghi in maniera plausibile il possesso di Moneta proprio perché nei modelli non esiste alcuna incertezza di base, che si rende necessaria per spiegare il motivo per cui la liquidità ha valore. Tra i due ragionamenti sussiste una relazione e spiega il motivo per cui gli istituti finanziari sono importanti: essi emettono ITD liquidi con basso (o nessun) rischio di default. È questa la ragione per cui i loro ITD sono spesso classificati come “Moneta”, a differenza degli ITD monetari di altri. Perciò, come disse Minsky: “chiunque può creare Moneta”; ma prosegue: “il problema è farla accettare” (ibid.).

Questo ci riporta alla massima di Clower: la Moneta compra beni e i beni comprano Moneta, ma i beni non comprano beni. Quest’affermazione, sorprendentemente arguta, ci ha fatto percorrere un lungo cammino attraverso la teoria, le istituzioni e persino un po’ di storia della Moneta e di giurisprudenza.

Di certo, abbiamo appena scalfito la superfice di molte delle questioni di quello che si rivela essere un tema complesso e controverso. In effetti, in macroeconomia la “Moneta” è presumibilmente l’argomento più difficile e controverso – cos’è la Moneta, qual è il suo ruolo e cosa dovrebbe fare la politica a tal proposito sono le domande che, sin dal principio, hanno occupato la maggior parte dei macroeconomisti.

Le tre affermazioni basilari esaminate in questo blog conclusivo ci hanno permesso di costruire la base delle risposte a queste domande.

Questo è stato un blog lungo e difficile. Potreste aver bisogno di leggerlo due o tre volte. E magari vorreste comprare il libro (che contiene una discussione più lunga ed anche una conclusione adeguata) per leggerlo con comodo.

Grazie ai molti partecipanti che (perlopiù) hanno reso piacevole quest’impresa. Scusatemi l’aver dovuto accorciare il Primer di circa sei settimane – l’avrei voluto proseguire fino alla data di pubblicazione del libro. Non siamo riusciti ad affrontare proprio tutti gli argomenti che mi ero riproposto. Tuttavia, li trovate nel libro.

Passate una buona estate. I blog del Primer resteranno online, ma non ne posterò nessuno nuovo. Mi rivedrete sulla prima pagina di NEP di tanto in tanto. E su Great Leap Forward.

 

Note del Traduttore

1.^ HPM: High Powered Money, o Base Monetaria

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Originale pubblicato il 27 giugno 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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