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Provincia di Ferrara, esposto contro i tagli del Governo

Provincia di Ferrara, esposto contro i tagli del Governo

Il Presidente della Provincia di Ferrara, Tiziano Tagliani, ha presentato un esposto cautelativo alla Procura della Repubblica, alla Prefettura di Ferrara e alla sezione regionale della Corte dei Conti di Bologna, per rendere nota la situazione finanziaria drammatica della Provincia, che rischia di mettere in serio pericolo servizi fondamentali come la manutenzione delle strade e delle scuole superiori.

In questa condizione si trovano le province italiane.

La Legge Finanziaria 190 del 2014 (Legge di Stabilità 2015), che risponde al diktat della riduzione del deficit statale, ha imposto alle Province di ridurre drasticamente la spesa pubblica.

Abbiamo intervistato il Presidente Tagliani.

Chi legge i numeri dei bilanci degli enti locali spesso non è consapevole del fatto che una spesa pubblica sempre più all’osso corrisponde ad una riduzione dei servizi. Ci può fare esempi relativi alla sua Provincia?

« Possiamo fare un esempio semplicissimo. È appurato che alle Province italiane mancheranno nel 2017 650 milioni. Un dato che è stato confermato dagli esperti del Sose, durante l’audizione in commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo il 16 marzo scorso. Apprendiamo da anticipazioni giornalistiche che il Governo potrebbe arrivare ad un finanziamento attorno ai 200 milioni, cioè una cifra ancora molto distante dal reale fabbisogno.

Questo non solo sarà un problema per approvare i bilanci preventivi per l’anno in corso, ma soprattutto renderà difficile garantire i servizi fondamentali che la legge Delrio assegna alle Province: essenzialmente la manutenzione delle strade e delle scuole secondarie superiori.

Solo per la Provincia di Ferrara lo squilibrio contabile è già stato valutato attorno ai 10,5 milioni.

A questo punto la domanda è semplice: com’è possibile, se la situazione è questa, garantire la manutenzione di una rete stradale provinciale di circa 850 chilometri di estensione e di 34 edifici scolastici più 16 palestre, in cui entrano tutti i giorni circa 14 mila ragazzi?

Qui hanno origine le ragioni degli esposti che, come presidenti di Provincia, abbiamo fatto rispondendo all’invito che il presidente nazionale UPI (Unione Province d’Italia) ci ha rivolto, per rendere massimamente nota la gravità del problema. »

Ritiene che questa situazione sia compatibile con ciò che detta la nostra Costituzione?

« Assolutamente no. L’esito referendario dello sorso 4 dicembre sulla riforma costituzionale ha sancito la volontà popolare di confermare le Province come istituzioni che compongono l’ordinamento repubblicano.

La riforma della Costituzione ne prevedeva la sostanziale abolizione, ma i cittadini hanno detto il contrario.

Perciò viene a crearsi un disallineamento, peraltro già rilevato in questi anni dalla Corte costituzionale e dalla magistratura contabile, fra l’aspetto normativo, che assegna alle Province compiti e funzioni, e un quadro di finanza pubblica assolutamente incompatibile con tali compiti.

Un giudizio confermato dalla stessa Corte dei Conti, che lo scorso 23 febbraio, sempre in commissione bicamerale per il federalismo fiscale, ha definito “irragionevoli” i tagli alle Province, [giudizio] ora rafforzato ulteriormente dalla conferma referendaria della copertura costituzionale dell’ente Provincia.

Perciò non pare fuori luogo l’opinione di chi sostiene che occorrerebbe, alla luce dei fatti, un’azione di riordino normativo che ridefinisca meglio l’intera questione istituzionale, anche se ora il problema più urgente è trovare le risorse necessarie per garantire adesso i servizi fondamentali ai cittadini. »

Molti economisti hanno spiegato perché. Ma ci interessa l’opinione di chi ogni giorno deve combattere per continuare a garantire uno standard di civiltà ai concittadini. Come immagina la sua Provincia dopo anni di politiche di austerity?

« Credo che, compressi come siamo sulla soluzione di contingenze se non addirittura di emergenze, risulti obiettivamente difficile immaginarsi il futuro prossimo.

Posso solo dire, per esperienza diretta, che, così com’è, l’attuale situazione non funziona e non potrà durare a lungo. A volte scherzosamente dico con alcuni colleghi che nel nome della semplificazione siamo passati da un assetto istituzionale formato da Comuni, Province, Regioni e Stato, a uno composto da Comuni, Unioni di Comuni, Province, Aree Vaste, Regioni e Stato.

Mi rendo conto che è una battuta, però si dovrà trovare, prima o poi, il modo per riprendere in mano i fili di una riforma che sappia guardare all’intera architettura istituzionale e non solo colpire l’anello debole in nome del principio, certamente sensibile, del contenimento della spesa pubblica.

Si può partire da quello che pure di buono c’è nell’attuale quadro normativo sulle Province e cioè sull’idea condivisibile di centrare il governo locale sulla figura dei sindaci e quindi riservare loro la prerogativa della legittimazione diretta. In questo modo le Province, mantenendo un ruolo istituzionale di coordinamento territoriale e di governo di area vasta – pensiamo alle reti viarie, di trasporto, telematiche, della sanità, dei servizi – in cui siano gli stessi sindaci a condividere le linee di governo e di sviluppo del territorio e di collegamento con altri territori, in termini di alleanze e accordi.

In questo senso vedrei sempre più centrale l’organo, peraltro già previsto, dell’assemblea dei sindaci.

Abbiamo bisogno di più efficienza, professionalità e di semplificazione nell’azione della Pubblica Amministrazione, e queste soluzioni mi sembrano in grado di condurci in quella direzione. »


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