L'Editoriale

Proposta di “lavoro garantito” dalla sinistra spagnola

Alberto Garzón, candidato alle elezioni spagnole per Izquierda Unida

El País, importante quotidiano spagnolo, ospita una recente intervista ad Alberto Garzón, esponente della sinistra spagnola e candidato per il partito Izquierda Unida (Sinistra Unita) alle elezioni politiche che si terranno nel prossimo dicembre.

La proposta di Garzón prevede la garanzia di un posto di lavoro pubblico per un milione di persone in cerca di occupazione nel primo anno dall’entrata in vigore del progetto. La prospettiva è quella di allargare la partecipazione a tutti i disoccupati negli anni successivi.

Il pagamento dei salari sarebbe totalmente a carico dello Stato, che con una spesa complessiva di circa 9,6 miliardi di euro (l’1% del Pil spagnolo) potrebbe garantire una paga mensile di 900/1200 euro ad ogni nuovo occupato. Chi ha redatto il piano ha appositamente previsto che il livello del salario fosse vicino al minimo attuale, così che le persone già occupate non siano portate ad abbandonare il proprio posto di lavoro per usufruire di quello offerto dallo Stato: non è questo l’obiettivo del progetto.

La settimana lavorativa sarebbe composta da 7 ore giornaliere di lavoro in aree di interesse pubblico, come servizi sociali, cura dell’ambiente, attività ricreative, nettezza urbana, attività culturali ecc. Inoltre, il 12% dell’orario lavorativo sarebbe dedicato alla formazione professionale dei partecipanti.

Quest’ultimo punto denota con chiarezza l’obiettivo del piano: offrire un posto di lavoro di transizione a quelle persone che non riescono a trovare lavoro nel settore privato, dando loro quella continuità professionale e quell’abitudine al lavoro che li rende idonei a trovare occupazione nel settore privato, che non ama assumere persone disoccupate da molto tempo e disabituate al lavoro.

L’impressione è quindi positiva: Izquierda Unida sembra aver compreso che l’intervento diretto dello Stato nell’economia non è qualcosa che ci si possa permettere di trascurare o, peggio, negare. Tuttavia, permangono ancora alcuni punti interrogativi sulla solidità delle argomentazioni (tecniche) nelle mani di Garzón e dei suoi. Nell’intervista, infatti, si parla anche di coperture. Si dice, ad esempio, che la spesa di 9,6 miliardi di euro verrebbe “finanziata” da un aumento dell’IVA sui prodotti di lusso, da una tassa sulle case vuote e sulle transazioni finanziarie e dalla lotta all’evasione fiscale. Tutto ciò è, in parte, in contraddizione con lo spirito del progetto, che si propone di dare una spinta all’economia spagnola attraverso la spesa dello Stato. Limitare la spesa a deficit, tentare di “coprire” le spese con altre tasse, è poco sensato in presenza di disoccupazione. In un mondo ideale in cui tutti hanno la stessa domanda di risparmio netto (vale a dire, soldi non presi in prestito), occupare 100 disoccupati senza aumentare il deficit pubblico significa necessariamente provocare 100 licenziamenti da qualche altra parte nell’economia. Detto ciò, non ci troviamo in un mondo ideale, quindi è vero che la redistribuzione della ricchezza finanziaria dalla classe ricca alla classe povera può generare un aumento della spesa totale, dunque dell’occupazione [1].

Non è comunque il caso di farsi prendere dallo sconforto. Si deve tenere conto del fatto che non è facile, e in politica può essere controproducente, spiegare all’opinione pubblica argomentazioni che mettano in discussione il principio di senso comune secondo il quale il deficit e il debito pubblico siano elementi negativi. A due mesi dalle elezioni, uscire su El País dicendo che abbiamo bisogno di più debito pubblico per uscire dalla crisi probabilmente non sarebbe stata una strategia comunicativa migliore di quella adottata da Garzón, che, peraltro, sappiamo essere accompagnato da buoni consiglieri, come il fratello Eduardo Garzón, economista di cui abbiamo avuto modo di apprezzare l’umiltà e l’elasticità mentale, durante il Mosler Spain Tour di settembre.

Tirando le somme, abbiamo davanti agli occhi un evento di assoluto rilievo: il primo tentativo di promuovere politiche economiche tese alla piena occupazione in un Paese europeo dall’inizio della crisi, nel 2008. Un primo tentativo di ribaltare la concezione secondo cui lo Stato è il male e il lavoro è un privilegio. Finalmente l’impegno di chi, come Rete MMT, promuove la cultura del vero progresso economico-sociale, inizia a portare effetti tangibili.


Note

1.^ Se lo Stato toglie ricchezza finanziaria netta a chi ha molti risparmi e spende la stessa quantità di valuta a beneficio di chi ne ha pochi (i disoccupati), probabilmente riesce a fare in modo che la quantità di valuta “trasferita” venga poi spesa nell’economia, generando reddito e occupazione (per approfondimenti: deficit)


Crediamo nella libera circolazione del sapere. Ogni nostro progetto è fruibile gratuitamente e realizzato in forma volontaria dagli attivisti di Rete MMT Italia. Se ti è piaciuto, premiaci con una libera donazione.

Commenta