La Teoria

MMP Blog #37: L’Interesse Pubblico

MMP Blog #37: L’Interesse Pubblico

In una moderna economia capitalistica, le famiglie e le imprese prendono molte delle decisioni economiche importanti che contribuiscono a determinare i livelli di occupazione e produzione, la composizione di detta produzione, la distribuzione del reddito ed i prezzi a cui la produzione è venduta.

Talvolta si sente affermare che un’economia di “libero mercato”, composta di individui che perseguono esclusivamente il proprio interesse, può operare “armoniosamente” come se fosse guidata da una “mano invisibile”. Anche se le economie capitalistiche moderne sono spesso descritte come economie “di mercato”, bisogna ammettere che buona parte, se non la maggior parte, dell’attività economica avviene al di fuori dei mercati. Ad esempio, all’interno delle famiglie, delle famiglie allargate e dei gruppi sociali. I genitori si prendono (principalmente) cura dei propri figli senza alcun compenso monetario né incentivo da parte delle “forze di mercato”. E come dimostrò molto tempo fa Ronald Coase, l’organizzazione della produzione all’interno di un’impresa è un tentativo intenzionale di ridurre il ruolo giocato dal “mercato” nell’aumentare l’efficienza dell’impresa stessa. Anche la struttura industriale – che comprende sia l’integrazione verticale [tra imprese] che quella orizzontale – si realizza al fine di sovvertire le forze di mercato. I sindacati dei lavoratori e l’organizzazione della dirigenza sostituiscono ai mercati la trattativa.

Considerate queste realtà, sarebbe piuttosto azzardato concludere che le economie capitalistiche sono simili alle “economie di libero mercato” dei libri di testo di economia – e sarebbe un persino un atto di fede ancora più azzardato credere che lo Stato possa essere rimosso, così da consentire alla mano invisibile di guidare le economie esistenti nel mondo reale verso l’equilibrio.

In realtà, [già] a partire dagli anni ’50, gli economisti dimostrarono rigorosamente che le condizioni sotto le quali un’economia così stilizzata avrebbe potuto raggiungere un tale risultato non ci si poteva aspettare esistessero nel mondo reale. In altre parole, l’affermazione secondo cui i “liberi mercati” sarebbero il migliore risultato non ha [alcun] fondamento scientifico. In ogni caso queste affermazioni, anche se valide per qualche ipotetica economia, sono irrilevanti per le moderne economie capitalistiche che esistono nella realtà. Questo perché tutte le moderne economie capitalistiche sono “miste”, caratterizzate da aziende enormi (incluse le multinazionali), organizzazioni di lavoratori e uno Stato interventista. Persone ed imprese operano all’interno di strutture “socio-politico-cultural-economiche” che sono sia vincolanti sia abilitanti. A volte gli obiettivi di persone ed imprese coincidono con quello che si potrebbe definire l’interesse pubblico, ma spesso ciò non avviene. In questo blog discuteremo dell’interesse pubblico e del ruolo giocato dallo Stato nel tentare di allineare interessi privati ed interesse pubblico.

Cos’è l’interesse pubblico? Non è facile definire o identificare l’interesse pubblico. Una delle funzioni fondamentali di qualunque organizzazione sociale è quella di fornire il cibo, il vestiario, un riparo, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, il contesto legislativo e la socializzazione necessari per la sopravvivenza della società.

Anche se è la macroeconomia l’oggetto di questo Primer, non esiste alcuna distinzione netta tra la sfera dell’economia e gli ambiti di altre scienze sociali che studiano i processi sociali. Di solito pensiamo all’economia come alla parte principale dell’organizzazione sociale, responsabile dell’approvvigionamento dei mezzi materiali per la sopravvivenza – cibo, vestiario, riparo e così via.

Tuttavia, l’economia è sempre immersa nel complesso dell’organizzazione sociale, influenza ed è a sua volta influenzata dalla cultura, dalla politica e dalle istituzioni sociali. Possiamo anche essere d’accordo sul fatto che qualunque organizzazione economica di successo dovrebbe essere in grado di produrre per la sua popolazione [una quantità di] cibo adeguata, ma ciò lascia comunque aperte molte questioni: che tipo di cibo? Come lo si dovrebbe produrre? Come lo si dovrebbe distribuire? E anche: cosa significa [una quantità] adeguata?

Inoltre, nessuna società è composta da persone e gruppi in armonia. Esistono sempre pretese ed obiettivi conflittuali che devono essere moderati. Non esiste un interesse pubblico singolo, ovvio, per il quale tutti i membri di una società desiderano battersi. Anche se possiamo identificare un insieme di obiettivi per cui gran parte della società vorrebbe impegnarsi, nel corso del tempo quell’insieme certamente varierà, così come evolvono sogni e speranze. L’interesse pubblico è un concetto in evoluzione. Lo Stato deve giocare un ruolo importante nella società, poiché esso aiuta ad identificare l’interesse sociale e a stabilire una struttura sociale in cui persone e gruppi si impegneranno per conseguire l’interesse sociale.

A lungo si è creduto che uno Stato democratico fosse il più adatto a farlo.

Anche le organizzazioni internazionali giocano un ruolo nell’aiutare ad identificare obiettivi ampiamente condivisi. Ad esempio, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, adottata nel 1948, impegna i Paesi firmatari nei confronti di una serie di obiettivi comuni relativamente ben definiti. Nel 1968, la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani suggerì che la Carta “costituisce per i membri della comunità internazionale un impegno” a proteggere i diritti umani di tutte le persone. Ci sono 30 Articoli che descrivono i diritti [in essa] inclusi.

Qui elencheremo solo alcuni di essi, che saranno importanti per la discussione che segue:

  • il diritto a non essere soggetti a discriminazioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altra opinione, origine geografica o sociale, proprietà, stati di nascita o altro;
  • il diritto ad uno standard di vita adeguato alla salute e al benessere (della persona e) della sua famiglia, ivi compresi il cibo, il vestiario, un’abitazione, l’assistenza medica e i servizi sociali essenziali;
  • il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, disabilità, vedovanza, vecchiaia o mancanza di altri mezzi di sostentamento in circostanze al di fuori del proprio controllo;
  • il diritto al lavoro, alla libera scelta dell’occupazione, a condizioni lavorative giuste e vantaggiose, alla protezione contro la disoccupazione.

È chiaro che molti dei diritti umani qui identificati sono collegati al [buon] funzionamento dell’economia.

Prima, per esempio, abbiamo sostenuto che qualunque economia di successo dovrebbe fornire in maniera adeguata il cibo, il vestiario e un riparo e molti dei diritti umani elencati nella Dichiarazione ONU sono rivolti al benessere materiale della popolazione di un Paese. Inoltre, altri diritti umani, che all’apparenza non sembrano correlati alle prestazioni economiche, presuppongono in realtà la realizzazione di altri diritti umani che sono direttamente correlati al benessere materiale.

Ad esempio, in una moderna economia capitalistica l’accesso ad un’occupazione retribuita è necessario per la partecipazione attiva alla [vita di] società (un altro diritto umano riconosciuto). Non solo un posto di lavoro garantisce un reddito che consente di acquistare cibo, vestiario e riparo; esso offre anche accesso alle reti sociali, genera sentimenti di autostima poiché consente di contribuire alla produzione sociale, aumenta il prestigio sociale ed aiuta a provvedere al pensionamento in età avanzata.

In effetti, si è dimostrato che l’occupazione porta con sé un ampio spettro di altri benefici alle persone e alla società, tra cui una migliore salute fisica e psicologica, una riduzione della criminalità e dell’abuso di stupefacenti, una riduzione degli abusi infantili e matrimoniali ed un più elevato livello di partecipazione ad altre attività sociali e politiche. A riconoscimento dell’importanza dell’accesso all’occupazione, presto ci dedicheremo ad un programma specifico che contribuisce ad assicurare questo diritto: il Lavoro Garantito.

Concludiamo con tre punti importanti. Il primo: l’interesse pubblico è ampio e in evoluzione, e pertanto varia nel corso del tempo e dello spazio. La Carta dell’ONU traccia quelli che i suoi firmatari individuano come diritti umani “universali”. È una lista utile ma non pienamente sufficiente, da essere considerata in una definizione di interesse pubblico. Ciò che oggi è considerato un diritto umano sarebbe potuto apparire assolutamente utopistico un secolo fa; e la lista odierna apparirà fin troppo cautamente conservativa in un qualche momento futuro. L’interesse pubblico è un’agenda intrinsecamente progressista (liberale nel senso statunitense [del termine]) che si batte per migliorare di continuo il benessere materiale, sociale, fisico e psicologico di tutti i componenti della società. È intrinsecamente “ambiziosa”, nel senso che non esiste un punto d’arrivo poiché le frontiere dell’interesse pubblico si espanderanno continuamente.

Secondo: lo Stato, così come le organizzazioni internazionali (quali le Nazioni Unite), devono giocare un ruolo importante nel plasmare la nostra visione circa le tipologie di società a cui aspiriamo. E, oltre a fissare questi obiettivi, lo Stato – a tutti i livelli – deve guidare lo sviluppo di una serie di istituzioni, regole di comportamento e sanzioni per comportamenti non desiderabili, al fine di perseguire il raggiungimento degli obiettivi individuati come interesse pubblico. E non si presume che lo Stato né le organizzazioni internazionali promuovano e perseguano automaticamente l’interesse pubblico. Tutte le organizzazioni umane sono fallibili.

E questo ci porta al terzo punto: tutto questo è fortemente controverso. Nessuno dei Paesi firmatari ha ancora garantito questi diritti umani in maniera soddisfacente. In questo senso, la Carta è in realtà una dichiarazione ambiziosa. I Paesi che hanno appoggiato l’Atto potrebbero decidere di ignorare alcune delle sue disposizioni. O potrebbero preferir rimandare al futuro alcune delle misure necessarie ad attuare le disposizioni. Inoltre, è probabile che alcuni diritti siano in conflitto con altri – il che significa che tentare di garantirne uno potrebbe rendere più arduo assicurarne un altro. Gruppi d’interesse nazionali potrebbero lottare duramente contro la politica ideata per raggiungere gli obiettivi.

Vi sono molte ragioni per cui ancora nessun Paese è riuscito ad assicurare questi diritti.

Tutto ciò ci porta chiaramente molto al di là dall’economia, [porta] nel regno della politica, della sociologia, della religione, dell’ideologia e della cultura. In generale, i conservatori tendono a definire l’interesse pubblico in termini circoscritti nel desiderio di limitare lo Stato [nella sua azione].

Come discusso in precedenza in questo Primer, questo è parte della ragione [dell’esistenza] del “mito del pareggio di bilancio” – si sostiene che lo Stato sia soggetto a limiti finanziari. Sappiamo che questo non è vero. Tuttavia, ciò non significa che lo Stato possa, o dovrebbe, fare ogni cosa.

D’altra parte, i liberali (nel senso americano del termine) tendono a definire l’interesse pubblico in termini più generali – più vicini all’ideale dell’ONU. Sono convinti che, senza un sostegno pubblico sostanziale, questi diritti umani non possano essere conquistati. I conservatori che potrebbero essere d’accordo col “nocciolo” della Carta dell’ONU obietterebbero che, anche se questi sono obiettivi desiderabili, non è lo Stato l’agente di cambiamento appropriato per il loro raggiungimento.

Anche se l’economia può fare un po’ di luce su quest’argomento, essa non può fornire una risposta conclusiva. Nel prossimo blog esamineremo un approccio conservatore alla MMT – quello della scuola Austriaca. Vedremo che la MMT è coerente con un’economia in cui l’intervento pubblico è ridotto – una la cui idea è quella di un “interesse pubblico” piuttosto circoscritto. Non è una visione che questo Primer abbraccia, ma è [quantomeno] una visione coerente con l’approccio MMT. Il che è un riconoscimento importante. La MMT, di per sé, non è di sinistra né di destra. È una descrizione di come funziona la “Moneta moderna”.

Tuttavia, quando aggiungiamo la MMT alla visione più liberale di interesse pubblico (come rappresentata dalla Carta dell’ONU), o quando la sommiamo a considerazioni di interesse pubblico quali “piena occupazione e stabilità dei prezzi”, allora la MMT ci aiuta a trovare una via per raggiungere quell’interesse pubblico eliminando rapidamente il concetto che lo Stato non si possa “permettere” tali politiche.

Di certo, chi comprende la MMT può rifiutare l’idea che la “piena occupazione”, la “stabilità dei prezzi” e la “stabilità economica” siano obiettivi politici non desiderabili. Alcuni potrebbero sostenere che l'”interesse pubblico” non debba perseguire tali obiettivi. All’estremo, potrebbero persino rifiutare in toto la nozione di “interesse pubblico”. Si tratta, tuttavia, di un punto di vista estremo che (fortunatamente, per quanto mi riguarda) viene completamente rifiutato in tutto il mondo.

Dopo la nostra escursione sullo “Stato poco interventista” e sull'”accettazione minima” della nozione di un interesse pubblico, ci dedichiamo ad un programma di piena occupazione che aiuterebbe a raggiungere alcuni dei diritti umani elencati dall’ONU. Consentirà di realizzare la piena occupazione (almeno secondo il modello) e allo stesso tempo, di promuovere effettivamente la stabilità dei prezzi e persino la stabilità economica. Potrebbe sembrare un arduo compito, ma segue dalla logica dell’approccio della finanza funzionale di Lerner.

 

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Originale pubblicato il 19 febbraio 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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