La Teoria

MMP Blog #29: E un Paese che adotta una valuta estera? Seconda parte (1)

MMP Blog #29-1: E un Paese che adotta una valuta estera? Seconda parte (1)

In Europa centrale si sta facendo strada un altro piano di salvataggio dell’UME — in cui la BCE si comporta da prestatore di ultima istanza per le banche europee. Essa sta tentando il metodo di salvataggio — tentato e fallito — adottato dalla Fed. Come ora sappiamo, la Fed ha concesso in prestito e speso oltre 29 MILA MILIARDI DI DOLLARI nel tentativo di salvare (principalmente) le banche statunitensi. Non ha funzionato. Le banche di più grandi dimensioni si trovano tuttora in stato d’insolvenza ed hanno continuato le loro massicce frodi nel tentativo di coprire le loro insolvenze. Non si può nascondere l’insolvenza attraverso ingenti prestiti da parte della Banca Centrale. Ed i problemi di Eurolandia sono aggravati dalle insolvenze di tutti gli Stati membri, praticamente.

Di certo, anche noi [negli USA] abbiamo probabili situazioni d’insolvenza di alcuni nostri Stati — ma noi abbiamo un Governo sovrano, che alla fine farà la cosa giusta (come notoriamente affermò Mr. Churchill, gli Americani ci girano intorno prima di arrivarci, dopo avere tentato qualunque altra cosa prima). Ma gli Stati dell’Eurozona non hanno sostegno da parte di alcuno Stato sovrano. E si noti che la BCE continua a non essere disposta a svolgere questo lavoro. Un disastroso collasso finanziario ed una possibile Grande Depressione 2.0 rimangono lo scenario più verosimile.

Come ha fatto Eurolandia a trovarsi in un caos del genere? Prima parte: Debito Privato

Tutti conosciamo la storia preferita che ci raccontano: Stati mediterranei dissoluti e spendaccioni hanno fatto esplodere i propri conti, provocando la crisi. Se solo avessero seguito l’esempio della Germania — come si presuppone avrebbero dovuto fare una volta adottato l’Euro — l’UME avrebbe funzionato alla perfezione.

Anche se la storia dell’eccesso di spesa è una forzatura perfino nel caso dei Greci, non si adatta facilmente ad Irlanda e Islanda — e neppure alla Spagna — tutte realizzavano deficit di bilancio contenuti (o persino surplus), fino all’insorgere della crisi. In verità, c’erano due problemi.

Primo, come nella maggior parte dei Paesi occidentali dopo la deregolamentazione del sistema finanziario e la riduzione dei controlli su di esso, in molti Paesi di Eurolandia il debito del settore privato è esploso. Etichettarlo come un problema di debito sovrano è alquanto fuorviante. Le dinamiche sono certamente complesse, ma è evidente che esiste un qualche motivo che sta favorendo la crescita del debito nel mondo sviluppato, [motivo] che non può essere ridotto a un deficit del bilancio pubblico fuori controllo. Né ha senso puntare il dito contro i Paesi del Mediterraneo, visto che (per lo più) è il mondo dei Paesi anglofoni — tra cui USA, Canada ed Australia — ad aver visto alcuni degli incrementi più notevoli del debito delle famiglie.

Nel caso degli USA, il rapporto relativo al debito complessivo ha raggiunto il 500%, di cui solo il debito delle famiglie costituisce il 100%, e il debito degli istituti finanziari ammonta ad un ulteriore 125% del Pil.

Si osservi questo grafico che mostra l’andamento nel tempo del rapporto debito/Pil relativo al settore privato e quello del settore pubblico [in diversi Paesi].

Andamento nel tempo del rapporto debito/Pil relativo al settore privato e quello del settore pubblico in diversi Paesi

Chiaramente, fino al 2007 il rapporto debito/Pil realmente elevato era [nei diversi Paesi] quello relativo al settore privato. La storia è molto simile a quella degli USA. Si noti, tuttavia, che il problema tende ad aggravarsi in quei Paesi caratterizzati da livelli di debito pubblico più ridotti — esiste [cioè] una relazione inversa tra rapporto debito/Pil del settore privato e rapporto debito/Pil del settore pubblico. Perché?

E come sappiamo dalle precedenti sezioni del MMP, l’identità dei saldi settoriali mostra che il saldo del settore privato nazionale è pari al saldo del settore pubblico nazionale al netto del saldo estero. Per farla breve, se un Paese (diciamo gli USA) realizza un deficit delle partite correnti, allora il saldo del suo settore privato nazionale (famiglie e imprese) è pari al saldo del settore pubblico meno il deficit delle partite correnti. Per concretizzare, quando gli USA realizzano un deficit delle partite correnti del 5% del Pil ed un deficit di bilancio [pubblico] del 10% del Pil, il settore privato nazionale realizza un surplus del 5%; o, se il suo deficit delle partite correnti è pari all’8% del Pil e il suo deficit di bilancio è del 3%, allora il settore privato deve realizzare un deficit del 5% — incrementando il proprio debito.

{Un inciso: una ragione importante per cui gran parte del mondo sviluppato ha avuto, in relazione al Pil, una crescita del debito del suo settore privato e di quello pubblico, è che abbiamo assistito all’ascesa del surplus delle partite correnti dei BRIC 1 (e di altri Paesi, specialmente in Asia) — bilanciati dal deficit delle partite correnti dei Paesi occidentali sviluppati, considerati nel loro insieme. Pertanto, il deficit di bilancio dei Paesi sviluppati è aumentato persino quando il debito del loro settore privato è cresciuto. Di per sé, non è né un bene né un male. Ma, nel corso del tempo, il rapporto debito/Pil, e pertanto i costi per onorare il debito del settore privato nazionale dei Paesi occidentali, sono cresciuti in misura eccessiva. È stato, questo, uno dei fattori che più hanno contribuito alla CFG}

Secondo i nostri fedeli all’Austerità la soluzione, in particolar modo per gli Stati occidentali, è stringere la cinghia. Ma questo tende a rallentare la crescita, ad incrementare la disoccupazione, e ad appesantire – pertanto – il fardello del debito del settore privato. L’idea è che ciò ridurrà il rapporto relativo a debito e deficit pubblici, ma nella pratica questo non funziona per via degli effetti che ha sul settore privato nazionale. La stretta fiscale può avvenire in concomitanza con la riduzione del debito e del deficit del settore privato solo se, in qualche modo, ciò provoca una riduzione del deficit delle partite correnti. Eppure, molti Paesi nel mondo si affidano ai surplus delle partite correnti per alimentare la crescita nazionale e mantenere solidi i bilanci dei settori privato e pubblico nazionali. Essi, pertanto, reagiscono alla stretta fiscale dei partner commerciali — deprezzando i propri tassi di cambio o riducendo i propri costi. Alla fine, questo dà il via ad una sorta di moderna dinamica mercantilistica che spinge alla corsa per l’attuazione di politiche al ribasso, [corsa] che pochi Paesi occidentali possono vincere.

La Germania, tuttavia, si è specializzata in tali dinamiche e ha giocato bene le sue carte. Ha mantenuto in linea i salari nominali aumentando di molto, al contempo, la produttività. Come risultato, nonostante gli standard di vita ragionevolmente elevati, è diventata un produttore di basso costo in Europa. Dati i vantaggi di produttività, può competere direttamente con i Paesi non facenti parte dell’Eurozona, nonostante l’Euro appaia una valuta sopravvalutata. Per la Germania, comunque, l’Euro è fortemente sottovalutato — anche se la maggior parte dei Paesi dell’Eurozona lo considerano sopravvalutato. Il risultato è che la Germania ha potuto operare con un surplus delle partite correnti che ha consentito al suo settore privato nazionale, e a quello pubblico, di realizzare deficit relativamente contenuti. Il rapporto relativo al debito tedesco complessivo è al 200% del Pil, inferiore di circa il 50% rispetto alla media dell’Eurozona.

Non a caso, l’identità dei saldi settoriali ha colpito in modo particolarmente duro i Paesi periferici, poiché essi soffrono di quello che per loro è un Euro sopravvalutato, e di una produttività inferiore rispetto a quella di cui gode la Germania. Vista la propensione alla realizzazione di deficit delle partite correnti, non sorprende scoprire che i Paesi del Mediterraneo sono caratterizzati da un debito del settore privato e di quello pubblico più consistenti.

Ora, se il centro dell’Europa comprendesse i meccanismi di bilancio, risulterebbe ovvio che i saldi relativamente “migliori” della Germania sono dovuti a quelli relativamente “peggiori” della periferia. Se ognuno avesse avuto valute differenti, la soluzione sarebbe stata quella di variare i tassi di cambio, in modo che [le valute de] i nostri debitori avrebbero conseguito un deprezzamento, mentre la Germania avrebbe visto un apprezzamento della sua valuta. Poiché all’interno dell’Eurozona ciò non è possibile, l’unico aggiustamento di prezzo che potrebbe funzionare sarebbe un aumento di salari e prezzi in Germania o una riduzione di salari e prezzi nella periferia. Ma la BCE, la Bundesbank e la politica dell’Unione Europea più in generale, non consentiranno una significativa inflazione di salari e prezzi al centro. Pertanto, l’unica soluzione è una persistente pressione deflazionistica sulla periferia. Tali dinamiche portano ad una crescita lenta ed aggravano, pertanto, i problemi derivanti dal fardello del debito.

 

Note del Traduttore

1.^ BRIC: Brasile, Russia, India, Cina

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Originale pubblicato il 25 dicembre 2011

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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