La Teoria

MMP Blog #12: Moneta-merce sotto forma di monete metalliche? Metallismo Vs Nominalismo, prima parte

MMP Blog #12: Moneta-merce sotto forma di monete metalliche? Metallismo Vs Nominalismo, prima parte

La scorsa settimana ho affermato che le monete metalliche non sono mai state una forma di Moneta-merce; piuttosto sono sempre state ITD dell’emettitore. Essenzialmente, una moneta d’oro non è altro che l’ITD dello Stato, impresso sull’oro. È solo un “simbolo” dell’indebitamento dello Stato – nient’altro che una registrazione di quel debito. Lo Stato deve riprendersi il suo ITD nei pagamenti fatti in suo favore. “Le tasse guidano la Moneta” – questi “oggetti-Moneta” sono accettati perché esistono le tasse “a garantirli”, non perché incorporano oro. Come promesso, questa settimana inizierò a scacciare l’idea per cui le monete metalliche erano Moneta-merce. La settimana prossima termineremo la discussione.

In questo Primer non voglio entrare nel dettaglio della storia dell’economia – in questa sede siamo più interessati al modo in cui “funziona” la Moneta oggi. Tuttavia, ciò non significa che la storia non sia importante, né che dovremmo ignorare il modo in cui le nostre storie passate influenzano il nostro modo di vedere la Moneta oggi. Per esempio, una credenza comune (accettata dalla maggior parte degli economisti) è che la prima forma della Moneta è stata quella di una merce. I nostri antenati avevano i mercati, ma si basavano sullo – scomodo – baratto, finché qualcuno ebbe la brillante idea di scegliere una merce da utilizzare come mezzo di scambio. All’inizio potrebbero essere state delle belle conchiglie marine, ma, tramite un qualche tipo di processo evolutivo, come forma più efficiente di Moneta-merce, i metalli preziosi furono scelti.

Ovviamente il metallo aveva un valore intrinseco – era desiderato per altri usi (e, se consideriamo la teoria marxista del valore-lavoro, possiamo dire che il metallo possedeva anche un valore-lavoro in quanto doveva essere estratto e raffinato). In ogni caso, era il valore intrinseco che impartiva valore al metallo coniato. Questo aiutò a prevenire l’inflazione – cioè il declino del potere d’acquisto della moneta metallica in termini di altre merci – poiché essa avrebbe sempre potuto essere fusa e venduta come lingotto. Esiste ogni sorta di storie riguardo al modo in cui lo Stato ridusse il valore delle monete metalliche (mediante la riduzione del contenuto di metallo prezioso), provocando l’inflazione.

Più tardi, lo Stato emise banconote di carta (o monete metalliche che avevano un valore intrinseco molto basso), ma con la promessa di scambiarle con metallo [prezioso]. Di nuovo, esistono molte storie riguardo allo Stato che non mantenne questa promessa. E poi finalmente concludiamo con la “Moneta fiat” odierna, senza nulla di “reale” che ne garantisca il valore. Ed è così che arriviamo alle Repubbliche di Weimar e agli Zimbawe [di turno] – [cioè agli Stati che] senza che ci sia niente, di fatto, a garantire il valore della Moneta, attualmente tendono a causare iperinflazione, stampandone troppa. Il che ci porta alla lamentela da parte dei gold bug: se solo potessimo tornare ad uno standard monetario “reale” – l’oro.

In questa discussione non possiamo fornire un resoconto storico dettagliato, per sfatare i miti tradizionali sulla storia della Moneta. Vediamo invece di fornire la panoramica di un’alternativa.

Per prima cosa dobbiamo notare che la Moneta di conto è vecchia di migliaia di anni – almeno quattro millenni, e probabilmente molti di più (l’aggettivo “moderna” nell’espressione “teoria della Moneta moderna” proviene dall’affermazione di Keynes per cui la Moneta è Moneta di Stato da “almeno” 4000 anni a questa parte). Lo sappiamo, per esempio, perché abbiamo tavolette d’argilla della Mesopotamia che registrano valori in termini monetari, ed anche listini prezzi in quella Moneta di conto.

Sappiamo anche che le origini della Moneta sono strettamente legate ai debiti e alla tenuta di registri, e che molte delle parole associate a Moneta e debito hanno un significato religioso: debito, peccato, ricompensa, rimborso, “dare un colpo di spugna” e Anno del Giubileo. In aramaico – la lingua parlata da Cristo – la parola usata per indicare “debito” è la stessa di quella usata per dire “peccato”. Nel “Padre Nostro” normalmente si legge “rimetti a noi i nostri debiti”, ma si potrebbe anche tradurre con “le nostre trasgressioni” o “i nostri peccati” [1] – o come dice Margaret Atwood “i nostri debiti peccaminosi” [2].

Registrazioni di crediti e debiti erano molto simili alle moderne registrazioni elettroniche – incise sull’argilla anziché sui nastri dei calcolatori. I nomi di tutte le prime Monete di conto derivavano da misure del principale cereale usato nell’alimentazione – quanti stai [3] d’orzo equivalenti erano dovuti, posseduti, e pagati. Tutto ciò è più coerente con la visione della Moneta come un’unità di conto, una rappresentazione del valore sociale ed un ITD, piuttosto che una merce.

O, come diciamo noi MMTer, la Moneta è un “gettone”, come il “biglietto” del guardaroba grazie al quale si può riprendere il proprio cappotto al termine di un’opera lirica.

In effetti il “pegno” nell’espressione banco dei pegni proviene dal termine “impegno”, come nel caso del collaterale dato in cambio di un ITD che ha la forma di gettone rilasciato dal negozio e che verrà in seguito “scambiato” di nuovo con l’oggetto lasciato [in pegno]. Il Santo patrono dei banchi dei pegni (e, appropriatamente, dei ladri) è San Nicola, e l’espressione “Vecchio Nicola” fa riferimento al diavolo (da cui il vestito rosso e la cenere del camino), al quale diamo in pegno le nostre anime. Il divieto di desiderare la donna d’altri del Decimo Comandamento (che si estende a schiavi o schiave, buoi, asini, e a qualunque cosa appartenga al nostro vicino) non ha nulla a che vedere con sesso e adulterio, quanto piuttosto si riferisce al fatto di riceverli in pegno per i debiti. Di contro, Cristo è noto come “il Redentore” – colui che si fa avanti per pagare i debiti che noi non possiamo redimere, una tradizione molto più antica che sta dietro la pratica del sacrificio umano per ricompensare gli dei. *

Tutti conosciamo l’ammonizione di Shakespeare “non essere né uno che dà in prestito, né uno che prende in prestito”, poiché solitamente la religione vede come peccatori sia il “diavolo” creditore, sia il debitore che “vende la propria anima” dando in pegno sua moglie e i suoi figli [e riducendoli] in schiavitù; [anche] se non allo stesso modo, entrambi sono comunque corrotti, [poiché] uniti nell’orrendo patto. Solo la “redenzione” può liberarci dai debiti che gravano sull’umanità a causa del peccato originale di Eva.

Chiaramente oggi – più che al Vecchio Nicola – la maggior parte dell’umanità non può sfuggire al peccato/debito originale dovuto all’esattore delle tasse. Il Diavolo tenne il primo libro contabile, annotando accuratamente le anime comprate e solo la morte poteva “dare un colpo di spugna” poiché “la morte estingue tutti i debiti”. Oggi abbiamo il nostro esattore delle tasse, che come la morte è l’unica cosa certa nella vita. Tra i due abbiamo avuto le tavolette d’argilla della Mesopotamia a registrare debiti e crediti nella Moneta di conto del Tempio prima e del Palazzo poi, per i primi millenni successivi all’invenzione della Moneta come misura universale dei nostri peccati, molteplici ed eterogenei.

Le prime monete metalliche furono create migliaia di anni più tardi, nella regione della Magna Grecia (per quanto ne sappiamo, in Lidia, nel VII secolo a.C.). E nonostante tutto ciò che è stato scritto riguardo le monete metalliche, esse raramente sono state più di una piccolissima porzione degli “oggetti-Moneta” coinvolti nella finanza e nel pagamento del debito. Per la maggior parte della storia europea, per esempio, gran parte di quel lavoro è stato svolto da tally stick [4], cambiali, e “conti al bar” (ancora una volta è rivelatore il riferimento all’espressione “dare un colpo di spugna” – cosa che avrebbe potuto non essere fatta per un anno o due al pub, dove la proprietaria della birreria teneva i conti).

Infatti, fino a tempi molto recenti, la maggior parte dei pagamenti fatti in favore della Corona d’Inghilterra erano sotto forma di tally stick (gli ITD del Re, registrati come intagli nel legno di nocciolo) – il cui uso fu abbandonato durante il XIX secolo (con un risultato catastrofico: lo Scacchiere [5] li gettò nel fuoco con tale entusiasmo che il Parlamento fu raso al suolo dalle fiamme di quei demoniaci esattori fiscali!). Nella maggior parte dei regni, la quantità di monete metalliche era così esigua che avrebbe potuto essere (ed era) spesso ritirata dalla circolazione per poter essere fusa e coniata di nuovo.

(Se ci pensate, ritirare dalla circolazione tutte le monete metalliche per fonderle e coniarle di nuovo sarebbe un’attività davvero strana e inutile se le monete avessero valore per via del metallo in esse incorporato!).

Allora cos’erano quelle monete metalliche, e perché contenevano metallo prezioso? Non lo sappiamo con certezza. La storia della Moneta è

persa nelle nebbie del tempo, quando il ghiaccio si stava sciogliendo… quando il clima era incantevole e la mente libera di essere feconda di nuove idee – nelle isole delle Esperidi o Atlantide o qualche Eden dell’Asia centrale

come era solito dire Keynes. Siamo costretti a speculare.

Un’ipotesi riguardo alla prima Grecia (la madre sia della democrazia che del conio – quasi certamente i due sono collegati in qualche maniera) è che le élite avessero quasi monopolizzato il metallo prezioso, che era importante nei loro circoli sociali tenuti insieme dallo “scambio di doni gerarchico”. Esse avevano potere sull’agorà (sede del mercato) ed erano ostili all’ascesa delle polis (città-Stato con forma di governo democratica). Secondo lo studioso classico Leslie Kurke, la polis coniò per prima la Moneta da usare nell’agorà per

rappresentare l’affermazione dello Stato della sua autorità ultima di costituire e regolare il valore [di ogni cosa] in tutte le sfere in cui questa Moneta d’uso generale operava… In tal senso il conio emesso dallo Stato assumeva la funzione di equivalente universale, rappresentando la fusione in un singolo gettone – come l’agorà rappresentava il luogo – di molti domini di valore diversi, tutti sotto l’autorità ultima della città [6].

L’uso di metalli preziosi era un consapevole “marameo” [7] alle élite, che avevano riposto grande valore cerimoniale nel metallo prezioso. Coniando il loro metallo prezioso affinché semplici, comuni cittadini potessero usarlo nelle case di prostituzione dell’agorà, la polis infangava lo scambio di doni gerarchico delle élite – appropriandosi del metallo prezioso, e con il suo timbro a sostenerne l’autorità ultima.

Poiché la polis usava monete metalliche per i propri pagamenti, ed insisteva per il pagamento in monete metalliche, essa introdusse nell’agorà la propria sovranità relativamente all’attività di commercio al dettaglio. Contemporaneamente, l’agorà e il suo uso di Moneta coniata sovvertì le gerarchie dello scambio di doni, proprio perché lo spostamento verso un’ottica orientata al pagamento delle tasse e alla regolarità dei pagamenti ai cittadini funzionari (così come alle dure pene imposte ai funzionari che continuassero ad accettare doni) mise in dubbio l’ordine “naturale” delle cose, fondato su doni e favori. Come sostiene Kurke, poiché le monete metalliche non sono altro che simboli dell’autorità della città, esse avrebbero potuto essere fatte di un qualunque materiale. Tuttavia, poiché gli aristocratici misuravano il valore di un uomo dalla quantità e dalla qualità di metallo prezioso che egli aveva accumulato, alla polis fu richiesto di coniare monete metalliche di alta qualità, che non variavano nel grado di purezza (notare che l’oro è definito metallo nobile perché rimane invariato nel tempo, come il re; allo stesso modo, il metallo coniato non doveva subire variazioni). I cittadini della polis, grazie alla loro associazione a monete metalliche di qualità elevata ed omogenea (e, nei testi letterari dell’epoca, la “tempra” del cittadino era provata dalla qualità delle monete metalliche emesse dalla sua città), ottennero uguaglianza nello stato [sociale]; mettendo a disposizione una unità di misura standard per il valore, il conio rendeva la forza lavoro comparabile, e in tal senso il conio era un’innovazione a sostegno dell’egualitarismo.

Da allora in avanti, tipicamente le monete contennero metallo prezioso. Roma portò avanti la tradizione, e la tesi di Kurke è coerente con l’affermazione di Sant’Agostino, il quale dichiarò che, proprio come le persone sono monete di Cristo, le monete di metallo prezioso di Roma rappresentano una visualizzazione del potere imperiale –poichè facevano inesorabilmente il volere dell’imperatore, proprio come il fedele compie quello di Cristo [8]. Si noti, di nuovo, il legame tra Moneta e religione.

Ok, questo ci porta al tempo dei Romani. La prossima settimana esamineremo il conio da Roma fino ai tempi moderni.

 

Note del Traduttore

1.^ Per chiarezza, le traduzioni sono state adattate alla traduzione italiana più comune

2.^ Margaret Atwood, Payback: debt and the shadow side of wealth, Anansi, 2008

3.^ Staio: unità di misura della capacità: 1 staio = 35,2 litri

4.^ Tally stick: stecche di legno o ossa di animali usate sin dal Paleolitico, ed in Inghilterra fino al 1826, per registrare e documentare informazioni tra cui numeri, quantità, debiti e crediti tramite l’incisione di tacche; fonte: Wikipedia.org

5.^ Scacchiere: Ministro dell’Economia del Regno Unito

6.^ Leslie Kurke, Coins, Bodies, Games, and Gold, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 1999; xxi, 385; paper 29,95$ (ISBN 0-691-00736-5), rilegatura 65,00$ (ISBN 0-691-01731-X)

7.^ Marameo: gesto di agitare le dita della mano puntando il pollice sulla punta del naso, in segno di derisione

8.^ Se qualcuno conosce l’origine del paragone di Sant’Agostino tra persone e monete metalliche, per favore la indichi. Ringrazio Chris Desan, David Fox e altri partecipanti di un recente seminario all’Università di Cambridge per il discorso che ho fatto in questa sede

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Originale pubblicato il 21 agosto 2011

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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