L'Editoriale

L’eredità di Augusto Graziani conserva il suo valore

Stavo per scrivere una retrospettiva su Ben Bernanke questa settimana, dal momento che presto termina il suo mandato come governatore della FED, ed è il momento di analizzare il trascorso del suo periodo in carica – così come lui stesso ha fatto sui suoi predecessori durante la Grande Depressione. Ma è venuto meno qualcosa di molto più importante, la scorsa settimana: l’economista italiano, Professor Augusto Graziani, è morto all’età di ottant’anni.

Augusto chi? Potreste chiedere. Il nome di Graziani non è ben noto neanche tra gli economisti, lasciamo perdere il pubblico generico, poiché lui era fuori dal mainstream neoclassico – e anche fuori dall’America continentale, che ha un pseudo-monopolio sulla celebrità nelle scienze economiche nei giorni che viviamo.

La sua voce Wikipedia mette in evidenza il suo attuale anonimato: è un semplice abbozzo.

Ma nell’ambito della comunità post-Keynesiana, e specialmente nella branca europea, Graziani fu un gigante. Merita di esser conosciuto molto meglio, e spero che la storia sia ben più generosa di lodi verso di lui di quanto non lo sia stato il mondo contemporaneo, dove il chiacchiericcio di economisti neoclassici come Bernanke soffoca la sapienza di veri saggi come Graziani.

Il più importante contributo di Graziani fu il derivare dai primi principi un’accurata descrizione della natura fondamentalmente monetaria dell’economia capitalistica. Questo iniziò con una questione semplice: può essere monetaria un’economia in cui come moneta funzioni una commodity – qualcosa come oro, argento, o in un senso più attuale, la pseudo-commodity bitcoin, che è “prodotta” via input d’energia? La sua risposta fu no, poiché tale economia è meramente un’economia di baratto con meno contorsioni. Da questo derivava il primo principio per cui

è monetaria un’economia che usa un segno di scambio essenzialmente senza valore

Il punto di partenza della teoria del circuito, è che una vera economia monetaria è incompatibile con la presenza di una moneta merce. Una moneta merce è per definizione un tipo di moneta che ogni produttore può produrre per se stesso. Ma un’economia che usa come moneta una commodity proveniente da un regolare processo produttivo, non può essere distinta da un’economia di baratto. Una vera economia monetaria deve di conseguenza essere una in cui si usa una moneta segno, che al giorno d’oggi è la moneta cartacea.

Il suo secondo principio era che questo segno non potesse essere un “Io Ti Devo” ordinario, come un credito commerciale emesso in cambio di beni, poiché questo ancora lasciava una relazione finanziaria tra compratore e venditore dopo che il bene era stato trasferito. Un pittore che compra della tinta da un rivenditore usando un credito commerciale ottiene la tinta, ma in aggiunta va via dal negozio con un debito verso il negozio. Ma se lui compra la tinta con dei soldi, allora dopo che i soldi cambiano mano, la tinta appartiene al pittore che non deve niente al negozio. La moneta è quindi un segno che è accettato come mezzo di pagamento finale da tutti i venditori.

Ad ogni modo, affermare che un’ economia monetaria fa uso della moneta cartacea non è sufficiente per identificarla come tale. Se, ad esempio, i beni vengono commerciati contro promesse di pagamento quali titoli di debito commerciale, ogni operazione commerciale vede la nascita di un debito dell’acquirente e un credito del venditore. Un’economia simile non è monetaria, ma è un’economia creditizia. Se in un’economia creditizia alla fine del periodo temporale [considerato] alcuni operatori detengono ancora moneta rispetto ad altri, è necessario un pagamento finale, il che significa che non è stata usata moneta. Se, dall’altro lato, i pagamenti liberatori fossero continuamente rimandati e rimpiazzati da nuove promesse, i compratori godrebbero di un illimitato privilegio di signoraggio. La moneta è di conseguenza qualcosa di diverso da una commodity ordinaria e qualcosa di più che una semplice promessa di pagamento.

Graziani quindi sviluppò tre condizioni necessarie per definire un’economia monetaria:

  1. La moneta deve essere una valuta segno (altrimenti darebbe luogo a un baratto e non a transazioni monetarie)
  2. La moneta dev’essere accettata come mezzo di liquidazione finale della transazione (altrimenti creerebbe credito e non moneta)
  3. La moneta non deve garantire privilegi di signoraggio per alcun agente che effettua il pagamento

Da questo Graziani derivò una semplice ma profonda intuizione che rovesciò due secoli di economia che fondamentalmente percepiva il capitalismo come una versione modificata del baratto. In questa visione convenzionale di baratto, tutti gli scambi coinvolgono due parti e due beni: la situazione ideale è laddove l’Agente A possiede il bene X (un cervo, ad esempio), e vuole il bene Y (ad esempio un castoro), mentre l’Agente B ha il castoro e vuole il cervo. Si incontrano, determinano un fattore di conversione, scambiano i rispettivi panieri di beni, e vanno a consumare i loro acquisti.

La moneta era trattata come un semplice accrocco tra questo baratto puro e la più comune situazione dove A aveva un cervo e voleva un castoro, mentre B possedeva un bene Q (grano, per dire) e desiderava il cervo. B avrebbe dovuto prima vendere il grano in cambio di un po’ della “moneta merce” stabilita Z (l’oro, diciamo). A avrebbe dovuto quindi volontariamente concedere il cervo a B in cambio dell’oro, sapendo che avrebbe potuto poi dare l’oro a qualcun altro in cambio di ciò che lui realmente desiderava, che era una certa quantità di castoro.

L’intuizione di Graziani fu che piuttosto che la bi-personale, bi-commodity visione del baratto, un’economia monetaria fosse quella in cui ogni scambio coinvolgeva tre persone (o soggetti istituzionali), un bene, e la moneta. Un’economia monetaria è quella in cui l’acquirente A dà disposizione alla banca Z di trasferire moneta dal conto di A al conto di B. In cambio, B da ad A il castoro che desidera (hmmm… non mi biasimate, è l’esempio di Adam Smith). Nelle parole di Graziani:

L’unico modo per soddisfare tali tre condizioni è che abbiamo pagamenti effettuati tramite promesse di un terzo attore, essendo una banca tipicamente il terzo attore, al giorno d’oggi. Quando un attore fa un pagamento per mezzo di un assegno, soddisfa il suo partner mediante la promessa della banca di pagare l’ammontare dovuto. Una volta effettuato il pagamento, non restano relazioni residue di debito e credito tra i due attori. Ma uno di loro è ora creditore della banca, mentre il secondo è debitore verso la stessa banca. Questo assicura che, nonostante l’effettuazione del pagamento finale tramite moneta cartacea, agli attori non è garantito alcun tipo di privilegio. Perché questo sia vero, ‘ogni pagamento monetario dev’essere di conseguenza una transazione triangolare, che coinvolge almeno tre agenti, chi paga, chi è pagato, e la banca. La vera moneta è di conseguenza moneta creditizia.

Alcune persone ricordano dov’erano quando J. F. Kennedy fu sparato, o quando fu uccisa la principessa Diana (o quando Miley Cyrus twerkò su MTV). Io ricordo dove mi trovavo nel momento in cui ho letto dei documenti che hanno alterato profondamente la mia visione del mondo. La lettura di questo paper di Graziani – una singola pagina in un singolo paper, non meno – fu una di queste occasioni.

Stavo lavorando come senior lecturer presso il mio ex datore di lavoro UWS, e mi era stato chiesto di prendere l’incarico del corso di economia finanziaria, dal momento che l’economista devotamente neoclassico che era stato lettore in precedenza era un così cattivo insegnante che c’era stata una rivolta studentesca. Non era contemplata l’ipotesi che io mi apprestassi a dar spazio alle cretinate che i libri di testo neoclassici mettevano a disposizione sull’argomento, così mi immersi nella letteratura strettamente monetaria in economia per costruire il mio corso.

Sapevo che Augusto Graziani era uno degli autori che dovevo leggere, dal momento che per coincidenza avevo assistito a un suo intervento in una conferenza del 1998 nell’Università di Bergamo in nord Italia. Non si trattava solo del suo profondo paper, il fatto che il suo rispondere spontaneo alle domande provenienti dalla platea avvenisse in un inglese perfetto. “Augusto” è un nome imponente per chiunque debba farsene carico – figuriamoci per un uomo non certo alto – ma con la sua postura elegante e la sua cultura impeccabile, Augusto portava il suo nome con aplomb.

Quando lessi il paper di Graziani nel 2002, un puzzle che mi aveva intralciato per anni fu istantaneamente risolto. Come passare dal modello implicitamente monetario dell’instabilità finanziaria che avevo sviluppato nel 1992, a uno strettamente monetario – in cui la deflazione potrebbe esacerbare una crisi del debito, come chiaramente era avvenuto durante la Grande Depressione? La risposta era semplice: le banche dovevano diventare parte essenziale del mio modello, ed ogni transazione doveva ricalcare la struttura triangolare che Graziani aveva delineato. Triangoli e banche regolate in un’economia monetaria, e non due linee tra acquirenti e venditori ed il baratto.

Tale intuizione mi guidò nel tempo allo sviluppo del mio programma di modellazione Minsky, che è ora parte indispensabile del mio approccio all’economia. Nel costruirlo realmente mi sono posizionato sulle spalle di quel gigante che fu Augusto Graziani. Ho fiducia che le scienze economiche del futuro gli accorderanno lo status che merita.

Concluderò con una citazione del ricordo di Graziani da parte di Riccardo Bellofiore nella Rivista di Economia Keynesiana:

Lui ci ricorda che la teoria economica deve mettere al centro del suo studio non le “imperfezioni” del mercato, ma piuttosto la “normalità” di potere e conflitto, non solo tra lavoro e capitale, ma anche tra fazioni del capitale e all’interno del capitalismo. Occorre abbandonare il riferimento a un immaginario mondo con un’economia di baratto “disturbata” dalla moneta o l’illusione che la moneta possa essere integrata in un modello economico che è non monetario nelle sue fondamenta.

Addio, Augusto. E un’esortazione agli autori di Wikipedia: sentitevi liberi di utilizzare questi contenuti e i link a seguire per dare a quest’uomo minuto ed elegante lo status che realmente merita di gigante delle scienze economiche.

 

Originale pubblicato il 13 gennaio 2014

Traduzione a cura di Daniele Basciu


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2 Commenti

  • tutto bello.. peccato che Augusto non alzi un dito contro chi si erge a padrone della moneta: le banche. anzi le tollera (se non invita addirittura) nel suo modello monetario. la moneta, oggi, NON è segno ma merce. perché? perché la banca se la fa pagare al suo valore nominale/potere di acquisto. oggi c’è la triangolazione A, B, Banca (con una triangolazione di livello superiore tra banche e banca centrale) ma è una triangolazione maligna, con la banca che crea il “segno” ma ne intasca gli interessi.. ah, già.. Augusto non dice nulla sugli interessi che la banca intasca (quando fa sparire, giustamente, il capitale imprestato e rientrante dagli imprenditori che lo avevano richiesto). dice solo (“teoria del circuito monetario, 1996”) che “andrebbero pagati in natura”, ossia in merci. ma questo implica altro problema: le merci (prodotte dagli imprenditori) sono destinate al mercato e rappresentano i guadagni dell’imprenditore stesso. quindi in soldoni Graziani AMMETTE che le banche creano moneta dal nulla e che si PAPPANO “COSE REALI”, grazie a questa magia (descritta BENISSIMO dal nostro Augusto – ma anche da altri)..

    mai osannare dei tizi perché pensiamo siano UNICI et PORTATORI di verità. mai.

    • C’è una fondamentale incomprensione su cosa sia la moneta.
      La moneta non è un qualcosa che si possa “possedere”. È una relazione di debito/credito fra due soggetti: chi la emette (debitore) e chi la riceve (creditore).
      Quando le banche creano depositi erogando un prestito, esse si stanno al contempo indebitando e accreditando con il cliente. Il debito sono i nuovi depositi, il credito è il mutuo. Quando il cliente salda il contratto viene distrutta l’attività finanziaria (il mutuo) e vengono distrutti i depositi prestati (“fatti sparire” è un termine improprio per l’accezione che si porta dietro. “Distrutti” è più corretto, perché effettivamente non vengono messi da nessuna parte: si distruggono in quanto relazione di debito/credito ormai saldata).
      Il pagamento degli interessi risulta in un trasferimento di ricchezza finanziaria netta (non reale, a meno che il cliente non si dimostri insolvente, ma in questo caso ci perde sia il cliente sia la banca, poiché il bene che viene messo all’asta viene venduto per molto meno dell’ammontare del mutuo. I famosi “buchi” delle banche).
      Le banche dunque non sono “padroni” di nulla se non della propria volontà di rischiare di non vedere restituito il prestito, cosa che può sfociare nel fallimento della banca stessa.

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