La Teoria

Le operazioni delle Banche Centrali moderne, Principio n. 6

Le operazioni delle Banche Centrali moderne - Principio n. 6

Principio n. 6: La potenziale dimensione delle deviazioni del tasso overnight rispetto al tasso fissato dalla Banca Centrale è determinata dall’ampiezza dello spread o corridoio tra l’interesse pagato sulle riserve e il tasso di penalizzazione imposto per aver preso in prestito dalla Banca Centrale.

Nei dibattiti tra orizzontalisti e strutturalisti, Pollin (1996) suggerisce che le Banche Centrali – la FED, in particolare – non hanno piena capacità di raggiungere il loro tassi target, e presenta un’analisi econometrica a supporto di questa argomentazione.

Considerata la vasta quantità di ricerca su questo tema (effettuata) da allora, è ora chiaro che è necessario fare una distinzione tra le procedure operative in atto al fine di raggiungere il tasso target e l’effettiva capacità della Banca Centrale di raggiungere il tasso con un livello minimo di volatilità.

Numerose Banche Centrali hanno utilizzato procedure che hanno comportato una volatilità significativa (o, almeno, statisticamente significativa), tuttavia ora il fatto che che una Banca Centrale possa raggiungere il suo tasso target tanto precisamente quanto desideri, è fondato.

Sebbene le riserve obbligatorie possano migliorare la capacità della Banca Centrale di raggiungere il tasso overnight target, esse sono solo un possibile modo di ridurre la variabilità del tasso stesso. Negli Stati Uniti, in seguito all’aumento della tecnologia applicata ai Retail Sweep Accounts, per le banche è diventato più probabile incorrere in scoperti overnight, essendo la quantità di riserve domandate meno legata alla (necessità di detenere) riserve obbligatorie e più strettamente relativa ai bisogni delle banche di saldare i pagamenti giornalieri, più variabili rispetto alla domanda bi-settimanale delle riserve obbligatorie, maggiormente prevedibile.

Non sorprendentemente, la volatilità del tasso dei fondi federali aumentò drammaticamente. Comunque, l’aumentata volatilità del tasso dei fondi federali fu possibile solo come risultato del consistente spread tra il tasso di penalizzazione imposto sui prestiti concessi dalla Fed e il tasso d’interesse pagato sulle riserve (0%).

Sebbene la Fed abbia fissato il tasso di sconto al di sotto del tasso dei fondi federali target prima del 2003, i costi non-monetari associati al fatto di prendere a prestito dalla discount window [uno strumento di politica monetaria che – in caso di scarsità di liquidità conseguente a disordini nel settore bancario – mette a disposizione delle banche fondi a breve termine, ndt – www.businessdictionary.com] combinati con la sostanziale penalizzazione storicamente imposta sugli scoperti overnight (il tasso giornaliero dei fondi federali più 400 punti base), hanno fatto sì che il tasso dei fondi federali potesse aumentare sostanzialmente se le riserve messe a disposizione fossero state insufficienti a soddisfare la domanda esistente.

D’altro canto, se fosse circolata una quantità di riserve maggiore rispetto a quanto le banche desideravano detenerne, il tasso sui fondi federali avrebbe potuto scivolare scivolare ben al di sotto del tasso target e diminuire (teoricamente) fino a zero se l’eccesso di riserve fosse persistito. Molti paesi in cui non esiste l’istituto delle riserve obbligatorie – per esempio, Canada, Gran Bretagna, Norvegia, Svezia, Nuova Zelanda e Australia – hanno mantenuto basso il livello di volatilità del tasso overnight pagando un interesse – diciamo dello 0,25% al di sotto del tasso fissato – sui saldi delle Banca Centrale e caricando l’interesse per i prestiti overnight – diciamo – allo 0,25% al di sopra del tasso overnight fissato (Sellon and Weiner 1997, Woodford 2001, Lavoie 2005).

Il tasso overnight, allora, si stabilizza tra i due tassi senza che si muova al di fuori del range o “spread”; in pratica, alcune di queste Banche Centrali hanno raggiunto il proprio tasso target con una precisione sostanzialmente maggiore rispetto a quella della Fed (Woodford 2001, Lavoie 2005).

è così persino quando la domanda di riserve in questi paesi è funzione solo delle tecnologie esistenti e dei flussi di pagamento, e quindi (quando la domanda di riserve) è molto inelastica [rispetto al tasso d’interesse, ndt].

Il lending facility primario della Fed [fonte di finanziamenti per le istituzioni finanziarie che necessitano di capitale addizionale. L’istituto fu ideato per mettere a disposizione di diverse istituzioni finanziarie la liquidità, ndt – www.businessdictionary.com] – implementato nel gennaio 2003 – presta a tutte le banche (previa un’appropriata garanzia) ad un tasso dell’1% al di sopra del tasso target dei fondi federali (ridotto a 25 punti base oltre il livello target nel marzo 2008). Non considerando i costi non monetari storicamente associati al(le operazioni di) prestito presso la Fed al un tasso di penalizzazione, la Fed è operativamente simile alle altre Banche Centrali che hanno scelto di limitare direttamente il potenziale di crescita del tasso overnight.

La Fed di New York ha notato l’effetto di ridurre il range della volatilità potenziale del tasso dei fondi federali nel suo report annuale:

La volatilità del tasso dei fondi federali è stata eccezionalmente bassa nel 2003 e nel 2004, quando i tassi target per i fondi federali raggiunsero i minimi storici [1%]. A quel tempo, il gap tra il tasso target e il limite minimo dei tassi – 0% [poiché la Fed non paga interessi sulle riserve] – si è ridotto sostanzialmente, [fatto] che – unito al fenomeno del credit facility primario adottato nel 2003, ha limitato effettivamente il potenziale range di intermediazione finanziaria dei tassi.

Da allora, il potenziale spazio per movimenti al ribasso si è ampliato sostanzialmente [poiché il tasso target è aumentato] (Federal Reserve Bank of New York 2006, 21)

Coerentemente con questo principio, è riconosciuto che

l’aumentata volatilità nel tasso dei fondi federali nel 2005 fu, almeno parzialmente, dovuta allo scenario caratterizzato da tassi d’interesse più alti

servito ad ampliare lo spazio potenziale di intermediazione.

In alcuni casi, sono state impiegate procedure operative mirate a migliorare la capacità delle Banche Centrali di compensare cambiamenti autonomi nel proprio bilancio o soddisfare in maniera più precisa la domanda bancaria, in modo da ridurre la volatilità (alcuni esempi relativi alla Banca del Canada sono forniti nel Principio 8).

Combinato con lo stretto “corridoio” tra il tasso pagato sulle riserve e il tasso di penalizzazione, queste tattiche possono essere particolarmente efficaci nell’eliminare quasi del tutto le deviazioni dal tasso target.

Ma mentre le prime sono coerenti con il compito di una Banca centrale di soddisfare la domanda di riserve descritta nel Principio n. 4, ci sono procedure persino più semplici per eliminare efficacemente la volatilità, [procedure] che sono coerenti con il principio in base al quale la volatilità potenziale è determinata dall’ampiezza del corridoio. Per esempio, Fullwiler (2005), Whitsell (2006), e Lacker (2006) propongono indipendentemente (l’uno dall’altro) che la Banca Centrale fissi il tasso target uguale al tasso pagato sulle riserve, lasciando (invece) un eccesso sostanziale di saldi in circolazione.

Come il Presidente della FED di Richmond, Jeffrey Lacker, ha spiegato,

il tasso del mercato dei fondi [federali] non aumenterebbe oltre (il tasso pagato sui saldi) se non per riflettere il rischio creditizio specifico.

Lo staff della Fed di New York avrebbe semplicemente bisogno di fornire un ammontare di riserve sufficienti a creare un eccesso di offerta (di riserve) nel sistema che sarà sufficiente a soddisfare i bisogni di saldo giornalieri. Ma non avrebbero bisogno di stimare le riserve giornalmente (2006, 3).

Considerate le difficoltà nei mercati monetari che iniziano in tarda estate e il crollo del 2007, Mosler (2007) e Goodhart (2008b) propongono di fare un passo avanti e fissare sia il tasso di penalizzazione che il tasso pagato sulle riserve al livello del tasso target, creando un corridoio di ampiezza pari a zero, almeno (nella proposta di Goodhart) in modo che i saldi domandati [siano] uguali a qualche percentuale (determinata politicamente) dei depositi retail delle banche.

Nel contesto di sostanziale instabilità di mercato, Mosler (2007) ha argomentato che

quando le [banche centrali] capiranno pienamente le loro operazioni monetarie …, offriranno fondi ai loro tassi target o [a tassi] di poco superiori ad essi e avranno anche disponibilità di fondi al loro tasso target o [ad un tasso] di poco inferiore ad esso.

Il punto rilevante qui è riconoscere che tale procedura metterebbe la Banca Centrale in condizione di raggiungere il tasso target essenzialmente senza volatilità e con poco sforzo profuso – se mai ce ne fosse bisogno – persino quando prevalgono circostanze straordinarie nel sistema finanziario.

Complessivamente, la quantità di riserve domandate dalle banche non ha nulla a che fare con la capacità della Banca Centrale di raggiungere il tasso d’interesse target con il livello minimo di volatilità. Sebbene in assenza di riserve obbligatorie la domanda di riserve diventa molto più inelastica rispetto al tasso di interesse, il corridoio determinato dal tasso di penalizzazione imposto dalla Banca Centrale e il tasso pagato sulle riserve fissa il limite per le deviazioni potenziali dal tasso target. Il fatto che alcune Banche Centrali abbiano lasciato immutate le procedure operative che determinano una volatilità maggiore è abbastanza differente dal suggerire che esse non possano fare altrimenti.

 

Paper originale pubblicato il 1 giugno 2008

Traduzione a cura di Maria Consiglia Di Fonzo

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