L'Editoriale

Kepler, la nuova ed inimmaginabile frontiera dell’export

Alla notizia che gli scienziati della Nasa hanno scoperto l’esistenza di un pianeta del tutto simile alla Terra, cioè adatto ad ospitare forme di vita affini alla nostra, i mercantilisti di tutto il mondo hanno avuto un sussulto di gioia ipotizzando nuovi mercati di sbocco per le proprie merci. Sicchè, in tempo di TTIP, c’è chi, precorrendo i tempi e le galassie, ha pensato ad un accordo di libero scambio tra pianeti. Già perché la Terra sta diventando un po’ troppo limitata per tutti i grandi esportatori che, senza sosta, provano a immaginare in quale angolo del mondo sia possibile allocare i propri prodotti.

Trascurano tuttavia che Kepler, è questo il nome del pianeta gemello della Terra, sia distante 1400 anni luce da noi. Ma i mercantilisti non demordono, fiduciosi come sono, e confidano che il progresso e le nuove frontiere della scienza possano in un futuro prossimo risolvere il problema del trasporto interplanetario.

Kepler diverrebbe la risposta definitiva degli esportatori: produrre al massimo sulla Terra continuando a comprimerne i consumi (cosa prima possibile solo su scala nazionale ma, ovviamente, non globale). Passeremo da lavorare sempre di più per ottenere sempre di meno a lavorare al massimo senza ricevere nulla in cambio. L’ERT e la Commissione Trilaterale vedono possibile l’utopia: produzione senza consumo. Kepler potrà ottenere beni e servizi reali senza dare in cambio alcun bene e servizio reale se non valuta kepler, spesa a deficit a più non posso. Non si tratterà più del super consumismo americano che compensa l’iperattività anoressica cinese.

D’ora in poi rinunceremo per intero alla nostra produzione convinti di aver vinto la “guerra commerciale con Kepler”…mentre su Kepler beneficeranno della ricchezza reale che abbiamo prodotto. Su Kepler saranno felici, sulla Terra saremo schiavi.


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