Approfondimento

Il taglio delle indennità di disoccupazione negli Stati Uniti è crudele e stupido – Terza Parte

La lezione su cui gli studenti sono continuamente martellati è che tutto questo dimostra come interventi politici che mirano a ridurre il tasso di disoccupazione sono del tutto inutili. L’unico modo in cui il tasso “naturale” può essere abbassato (se non del tutto) è attraverso le politiche progettate per ridurre gli ostacoli strutturali nel mercato del lavoro. Che cosa sono questi ostacoli? Ad esempio, tagliare l’ indennità di disoccupazione, ma non solo.

L’Ufficio di presidenza della banca dati del mercato del lavoro US JOLTS fornisce le stime del tasso di uscita dal lavoro. Il grafico seguente (per il periodo dal gennaio 2000 al novembre 2013) mostra in modo convincente che il tasso di uscita dal lavoro (nella percentuale non è inclusa la manodopera agricola) si comporta in modo ciclico, come ci si aspetterebbe – cioè, aumenta quando i tempi sono buoni e diminuisce quando i tempi sono cattivi.

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Le barre grigie rappresentano i periodi di recessione (picco-valle).

È chiaro che quando il tasso di disoccupazione aumenta, il tasso di abbandono crolla. Esattamente l’opposto di quello previsto dalla teoria del lavoro vista dalla parte dell’offerta e questo significa che la loro pretesa causalità tra aumento dei sussidi di disoccupazione e un aumento della disoccupazione è una vera sciocchezza priva di senso.

Molti studi hanno dimostrato il fenomeno raffigurato nel grafico.

I lavoratori diventano molto prudenti quando la disoccupazione comincia a salire e rimandano eventuali cambiamenti (per cercare ad esempio un lavoro desiderato) per optare sulla sicurezza del loro lavoro attuale.

Quando invece si creano più posti di lavoro il tasso di assunzioni aumenta ed allora i lavoratori possono accettare un maggior rischio ed il tasso di uscita tende a salire.

Terzo, ci sono un mucchio di persone che cercano lavoro in più rispetto ai posti di lavoro disponibili.

Il seguente grafico mostra il numero totale di disoccupati al variare dei posti disponibili (tenendo conto anche dei lavoratori non occupati nell’industria e degli stagionali) e ci dà una chiara misura di quanto sia stretta la relazione tra la domanda di lavoro (lavoro offerto) e il numero di persone in cerca di lavoro (quindi i disoccupati). Si tratta di un modo alternativo di presentare i rapporti tra disoccupazione e posti disponibili.

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Le aree ombreggiate indicano i periodi di recessione.

Nel luglio 2010, il Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti ha così descritto i dati:

Quando è iniziata la recessione nel dicembre 2007, ci sono stati 1,8 disoccupati per ogni posto disponibile. Il rapporto è salito a un massimo di 6.2 disoccupati per posto di lavoro, più del doppio del rapporto fino a quel momento registrato da quando è iniziata la serie JOLTS. Dall’elevato valore di 6,2 disoccupati per posto di lavoro disponibile del novembre 2009, il rapporto è sceso a 5,0 nel giugno 2010.

Dal 2010, il rapporto sta migliorando costantemente e la crescita dell’occupazione continua ma ha ancora una lunga strada da percorrere prima di raggiungere i livelli pre-crisi in cui, al suo punto più basso (marzo 2007) ci sono stati 1,4 disoccupati per posto di lavoro disponibile.

Il rapporto si è ridotto al 2,9 dopo che per alcuni mesi è rimasto fermo a 3. Questo significa che il mercato del lavoro è migliorato molto lentamente, senza un evidente miglioramento per alcuni mesi. La ripresa sicuramente non è robusta.

Il mercato del lavoro in genere si comporta nel corso del ciclo economico in modo asimmetrico come si può vedere dal grafico. Il peggioramento è rapido e netto. La ripresa è molto più lenta ed è tanto più lenta quanto più lenta è la crescita dell’occupazione che non solo deve assorbire i nuovi ingressi tra la forza lavoro disponibile (dovuti alla crescita della popolazione), ma deve anche affrontare l’ enorme bacino di disoccupati creato dalla recessione.

Una delle cose che ripeto spesso è che i disoccupati non possono cercare posti di lavoro che non ci sono! Questo è quello che esattamente accade quando la domanda aggregata crolla e si riducono le opportunità di lavoro.

Un altro modo di vedere come varia il lavoro e dirci in quale direzione cambia è quello di confrontare i licenziamenti con le uscite volontarie. Il grafico seguente mostra i movimenti di assunzioni e uscite per l’economia statunitense, pubblicato dal BLS per il periodo da dicembre 2000 a ottobre 2013.

Il mercato del lavoro è chiaramente dinamico, nel senso che anche in fase di recessione vengono continuamente creati e distrutti posti di lavoro e i relativi tassi variano in modo ciclico. Così, anche se sono stati creati nuovi posti di lavoro, al culmine della crisi c’è stata una grave carenza di nuovi posti di lavoro, come è mostrato nel grafico.

Le differenze inoltre crollano per le ragioni sopra annotate.

Quando il mercato del lavoro è fortemente limitato da una domanda aggregata bassa, la base di disoccupati si espande e il riordino dei diversi gruppi demografici nella base diventa significativo. I lavoratori con più competenze sono in grado di cambiare lavoro durante una recessione più facilmente di un lavoratore scarsamente qualificato, in quanto possono superare più facilmente i pregiudizi e le discriminazioni da parte dei datori di lavoro.

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I dati più recenti mostrano che, mentre assunzioni e uscite indicano che la ripresa procede, il miglioramento è modesto. Questo è un effetto scala. Gli indici sono statici.

Il mercato del lavoro statunitense è ora bloccato in una situazione in cui la modesta crescita dell’occupazione assorbe a malapena i nuovi lavoratori entrati nel mercato del lavoro mentre i lavoratori più svantaggiati (con basse competenze) sono stati intrappolati nella disoccupazione di lunga durata.

Di conseguenza, quando vi è una generale carenza di posti di lavoro, i lavoratori più qualificati (in genere i più istruiti) tendono a prendere i lavori che sono stati precedentemente occupati da lavoratori meno qualificati. I lavoratori con una bassa qualifica sono poi costretti ad abbandonare aumentando la base dei disoccupati. Quindi ci sono due inefficienze: (a) la sottoccupazione delle competenze, e (b) la disoccupazione.

Il bumping down è uno dei costi (inefficienze) della recessione, è la parte dell’iceberg che si trova sotto l’acqua!

Vi invito a leggere il mio blog – Full employment apparently equals 12.2 per cent labour wastage e More fiscal stimulus needed in the US (La piena occupazione apparentemente è pari al 12,2 per cento lavoro non utilizzato e necessita di un maggior stimolo fiscale negli Stati Uniti) – per ulteriori discussioni su questo punto.

Infine, il grafico seguente mostra la serie BLS che considera il rapporto percentuale tra i disoccupati, più tutti quelli che hanno temporaneamente smesso di cercare lavoro (lavoratori marginali), più i lavoratori a tempo parziale per ragioni economiche (non volontarie, ndr) ed esprime il numeratore come percentuale di tutta la forza lavoro civile oltre a tutti i lavoratori che hanno smesso di cercare lavoro.

Il tasso attuale è del 13,2 per cento e prima della crisi era 8,1 per cento.

Il numero totale dei lavoratori occupati a tempo parziale per motivi economici è un indicatore approssimativo (stima conservativa) dei sottoccupati negli Stati Uniti.

I lavoratori marginali ci dicono il numero di lavoratori che desiderano e sono disponibili a lavorare ma che non cercano attivamente lavoro nel periodo di censimento per il mese del sondaggio in questione.

Nel loro insieme essi rappresentano un ampio spreco di lavoro negli Stati Uniti e comprende tutti i lavoratori che avrebbero lavorato se gli si fosse offerto un posto di lavoro o più ore di lavoro.

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La tabella seguente si compone di due serie temporali (valori in percentuale). Si può facilmente vedere come gli Stati Uniti nel confronto con lo stato di pre-crisi non hanno ancora una situazione molto buona.

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Conclusione

I dati JOLTS sono molto utili perché permettono di analizzare alcune delle più semplici affermazioni fatte da un approccio mainstream sulla disoccupazione. Il risultato è chiaro. Non vi è alcuna validità nella visione del lavoro vista da parte dell’offerta cioè che la disoccupazione di massa è in qualche modo dovuta ai disoccupati attratti dal tempo libero a causa dei sussidi di disoccupazione eccessivi o per qualche altra ragione.

L’evidenza consistente e forte è che – la disoccupazione di massa negli Stati Uniti è il risultato di un fallimento di un sistema economia incapace di produrre un numero sufficiente di posti di lavoro, crollati all’inizio del 2008 a causa del crollo della domanda aggregata.

Da allora l’economia è in uno stato “affamato” di spesa perché il settore privato non è disposto a correre dei rischi (deleveraging) ed il settore pubblico è bloccato da una rete conservatrice di incoscienza dopo aver inizialmente, a fronte di un crollo totale nel 2008, fornito un buon stimolo fiscale per rilanciare l’economia.

È stata una spinta debole e gli impatti stanno scomparendo come si allargano i tagli alla spesa statale. L’eliminazione dei sussidi di disoccupazione favorirà ulteriormente questo rallentamento.

Quale potrebbe essere una politica ragionevole per chi ha proposta questi tagli? La presunzione di chi ha negoziato il taglio dei benefici è che i disoccupati otterranno più posti di lavoro (consentitemi di ignorare per il momento la questione della qualità del lavoro). Ebbene la politica potrebbe decidere l’eliminazione della retribuzione mensile per tutti i politici che votano per i tagli quando:

  1. La forza lavoro si riduce o rallenta rispetto al suo tasso di crescita pre-crisi.
  2. La crescita dell’occupazione non riesce a tenere il passo necessario per assorbire tutti i nuovi ingressi nella forza lavoro (scoraggiati o altro) più le persone che sono state private dei sussidi.

Per ogni mese in cui si verificano queste condizioni, i politici non devono essere pagati.

Ho il sospetto che non tanti avrebbero votato per questo disegno di legge!

 

Originale pubblicato il 30 dicembre 2013

Traduzione a cura di Stefano Sanna

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