Approfondimento

Forse la riforma delle Banche Popolari non è stata fatta per la tua felicità

Il 20 gennaio il Consiglio dei Ministri si è riunito per approvare delle disposizioni “urgenti” per il sistema bancario e gli investimenti.

Vale la pena fare alcune considerazioni per capire perché una tale riforma è tanto urgente che non si poteva aspettare la nomina del nuovo Presidente della Repubblica.

Tra le disposizioni urgenti approvate c’è la riforma delle Banche Popolari.

Dieci Banche Popolari obbligatoriamente per legge saranno trasformate in S.p.a.. Il Governo nel sottolineare il valore storico della riforma ha voluto precisare per bocca di Renzi che:

… non si tratta di danneggiare la storia dei piccoli istituti, ma di fare in modo che le banche italiane siano all’altezza delle sfide. Abbiamo troppi banchieri e facciamo troppo poco credito.

Ma tanto entusiasmo per lo storico traguardo non sembra condiviso, né per i modi né per il risultato, dal presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri che in una nota del 21 gennaio ha scritto sull’urgenza del Decreto:

… sorprende davvero che nel nostro Paese il Governo decida invece di intervenire – con urgenza e tramite un decreto legge – sul voto capitario delle banche cooperative. Perché questa foga nel voler modificare la natura delle banche cooperative?

Mentre sulla scelta fatta dal governo dice:

Le banche mutualistiche e cooperative in questi anni hanno incontrato il favore del mercato e dei risparmiatori, perché hanno dimostrato di non essere peggiori delle banche costituite in società per azioni, ma semmai migliori, sia in Italia sia in molti altri paesi. È incomprensibile la scelta di attaccarle o di obbligarle a trasformarsi in s.p.a. non appena grazie al loro successo raggiungono dimensioni rilevanti.

A sostegno dell’operato del governo il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha spiegato che

La scelta quantitativa

con l’applicazione del decreto a dieci grandi Banche Popolari

concilia la necessità di dare una scossa forte preservando però in alcuni casi una forma di governance che ha servito bene il Paese.

Il Ministro ha poi aggiunto che

come sempre quando il ministero si occupa di questioni bancarie, ascolta i consigli della Banca d’Italia.

Ed allora vale la pena capire quali sono stati i consigli della Banca d’Italia. A tal proposito è interessante quanto dichiarato dal Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, in audizione al Senato alla Commissione VI Finanze e Tesoro, proprio sulla riforma delle Banche Popolari. Era il giugno del 2011.

Il Vice Direttore Generale partendo dal fatto che:

La cooperativa bancaria, rivolgendo la propria operatività prevalentemente al socio-cliente e al territorio di riferimento, dà rilievo alla persona prima ancora che al capitale, beneficia di minori asimmetrie informative e può quindi vantare una migliore capacità di selezione del credito e una minore rischiosità.

e ritenendo necessaria una nuova regolamentazione delle banche popolari afferma in materia di trasformazione in S.p.a. delle stessa che:

Non siamo contrari alle proposte che permettono la trasformazione volontaria da banca popolare a società per azioni (ora possibile solo per finalità di vigilanza), soprattutto nel caso di banche popolari grandi e quotate.

Per concludere che le riforme devono essere fatte per preservare la stabilità delle banche popolari e non per eliminarle, anche per il bene della finanza nazionale:

L’auspicio è che una significativa riforma del quadro legislativo permetta un salto di qualità nei meccanismi di governo delle popolari, creando le condizioni per operare efficacemente e per preservare la stabilità dei gruppi della categoria e, in ultima analisi, del complessivo sistema finanziario nazionale.

Probabilmente queste posizioni non proprio comode per il governo espresse con chiarezza e decisione dal Vice Direttore Generale della Banca d’Italia andavano superate.

Ma per fortuna del governo quel Vice Direttore Generale non c’è più ed allora la riforma si è potuta fare con minori difficoltà. Infatti la dott.ssa Anna Maria Tarantola, è stata nominata presidente della RAI (o forse dovremmo dire trasferita) l’anno dopo, nel giugno del 2012, ed ora non può più intervenire in materia di riforme delle banche popolari, ma solo darne notizia.


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