Approfondimento

Dentro l’UE: quali alternative?

Dentro l’UE: quali alternative?

Analizzare la situazione ed arrivare ad una conclusione: basta austerità!

I dati

Mai così male. Prosegue dritta verso l’iceberg la rotta della nave UE, che negli ultimi anni, dal 2008 in avanti, ha registrato un continuo e apparentemente inarrestabile peggioramento delle condizioni di vita della sua popolazione. Il tasso di disoccupazione è aumentato dall’8% al 12%, mentre la disoccupazione giovanile è cresciuta dal 16% al 23%. È allarmante il dato della disoccupazione di lungo periodo, che è raddoppiata: dal 3% al 6%. Il tutto accompagnato da un’inesorabile flessione della crescita salariale, che dal 4% del 2001 è arrivata all’1% di oggi, con annessa diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti. È su questa variabile, sulla “distruzione della domanda interna (M. Monti) e dei salari, che si gioca l’aumento del 4% della produttività registrato dal 2001 ad oggi.

Ma attenzione: in tutto ciò non vi è nulla di naturale o necessario.

Una sola causa

Se osservate l’assenza di cause ambientali (cataclismi, carestie ecc.) che possano aver portato alla crisi, e considerate che il carburante per far funzionare l’economia, cioè il denaro, viene creato dal nulla con semplici tocchi di tastiera in una banca centrale, allora arriverete all’immediata conclusione che quanto accade, parzialmente sintetizzato nelle righe sopra, è frutto di una scelta politica. Una mala gestione delle finanze nazionali con risvolti tragicamente concreti. In una parola: l’austerità.

L’austerità, ovvero i tagli alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse, è l’operazione con la quale, da ormai più di un decennio, i governi europei stanno togliendo denaro alla fetta più consistente e meno abbiente della popolazione. Si ha infatti un fenomeno politico notevole: mentre dal 2001 ad oggi la tassazione sulle vendite (in Italia l’IVA) ha visto in media una crescita dal 18,5% al 20,5%, la tassazione sulle società è stata costantemente ammortizzata, passando dal 33% al 25%. Se si considera questo fattore, unitamente alla diminuzione del potere d’acquisto, si comprende che l’economia ha visto un massiccio trasferimento di ricchezza dalle mani della classe lavoratrice alle mani della classe imprenditoriale.

Ma c’è di più. Il cerchio di coloro i quali hanno guadagnato dalla crisi va ristretto a quella fetta minoritaria di imprenditori e manager che stanno a capo delle aziende esportatrici. Questo per il semplice fatto che la distruzione della domanda interna riduce anche il reddito di quelle imprese che di domanda interna vivono, mentre lascia invariato il fatturato delle imprese che vendono all’estero. Queste ultime, per di più, vedono abbassarsi il costo della manodopera senza ripercussioni sulla domanda di prodotti, con conseguente aumento dei profitti.

Si evince quindi un fatto: le scelte politiche che hanno portato all’austerità sono state prese per favorire quei centri d’imputazione d’interesse che rappresentano le grandi multinazionali esportatrici e gli “investitori esteri”, a discapito del resto della popolazione, costretta alla deprivazione di quanto costruito con fatica nei decenni precedenti.

Una scelta

L’Unione Europea si trova dunque ad un bivio cruciale: proseguire sulla strada dell’austerità e della “distruzione della civiltà” (W. B. Mosler), oppure invertire la rotta e implementare una politica fiscale espansiva di stimolo in deficit all’economia, che dia ossigeno al settore privato e soprattutto vada a compensare le tremende disuguaglianze sociali che la scarsità di moneta ha generato.

Dentro l’Eurozona

Per intraprendere questa seconda strada è necessario, come anticipato, aumentare i deficit di bilancio dei governi nazionali, o trovare dei metodi alternativi per immettere ricchezza finanziaria netta nel settore privato: ricchezza finanziaria che quindi non derivi dall’indebitamento privato. Ci sono solamente tre modi per arrivare a questo mantenendo in vita l’Eurozona, e li illustriamo brevemente di seguito:

  1. La BCE effettua dei trasferimenti diretti agli Stati nazionali emettendo moneta e accreditandola sui conti degli Stati stessi. In questo caso non aumenterebbe il deficit degli Stati ma si avrebbe comunque immissione di ricchezza finanziaria netta nel settore privato. La passività corrispondente si troverebbe nel bilancio della BCE, e non nei bilanci pubblici. Facciamo notare che, tuttavia, questa proposta è inattuabile, stante l’attuale Statuto della BCE-SEBC che impedisce i trasferimenti diretti agli Stati membri da parte della banca centrale;
  2. Viene abolito il limite del 3% al rapporto deficit/Pil imposto dal Trattato di Maastricht e vengono garantiti i titoli di Stato dei Paesi membri, così che possano fare autonomamente il deficit necessario;
  3. Viene istituito un Ministero del Tesoro a livello europeo che possa spendere a deficit senza vincoli contabili. Le passività finanziarie del Ministero, se denominate in titoli di Stato, dovrebbero essere garantite dalla BCE.

A livello tecnico, nulla impedisce di implementare una qualsiasi di queste soluzioni, ma è fantascientifico immaginare che la classe politica europea possa decidere di prenderle in considerazione. Purtroppo i fatti parlano chiaro e dicono che l’attuale situazione economica non è frutto del caso, ma di deliberate scelte politiche. I vincoli contabili imposti a livello europeo che impediscono l’attuazione delle proposte sopra elencate sono lì a dimostrarlo: se l’intenzione fosse stata quella di agire nell’interesse pubblico, tali vincoli non sarebbero esistiti.

Fuori dall’Eurozona

Fortunatamente rimane un’ultima alternativa: l’uscita dall’Eurozona. Si tratta di un’operazione delicata, da effettuare con attenzione, ma che potrebbe effettivamente mettere fine alle ingiuste e non necessarie sofferenze dei popoli europei, se seguita dalle giuste scelte di politica economica.

Gli effetti negativi di possibili disordini dovuti all’annuncio del ritorno ad una valuta nazionale potrebbero essere evitati implementando il piano Mosler/Pilkington di non-conversione dei risparmi dei cittadini. Si eviterebbero in questo modo eventuali corse agli sportelli o deprezzamenti repentini della nuova valuta dovuti a vendite massicce della stessa sui mercati valutari.

Ma la conseguenza più importante di un ritorno alla valuta nazionale sarebbe la ritrovata libertà dai vincoli contabili, e con essa la possibilità di fare il deficit necessario a risollevare l’economia. Elenchiamo di seguito i tre accorgimenti fondamentali che un Governo nazionale dovrebbe mettere in atto per gestire al meglio la situazione di ritorno alla sovranità monetaria:

  1. Il deficit pubblico dovrebbe essere espanso fino al perfetto adattamento alla volontà di risparmio del settore privato in condizioni di piena occupazione. Questo garantirebbe il costante mantenimento del livello di spesa aggregata necessaria all’impiego di tutta la forza lavoro “impiegabile”. Tuttavia, persisterebbero forme di disoccupazione involontaria per quelle persone, disoccupate di lungo periodo, che hanno perso la propria continuità professionale e che per il settore privato risultano “non impiegabili”. Una risposta efficace a tale problema potrebbe essere l’istituzione di un Piano di Lavoro di Transizione che garantisca un lavoro socialmente utile a tutti coloro i quali desiderino lavorare.
  2. Lo Stato dovrebbe prendersi carico di effettuare quella serie di investimenti strategici in ricerca, infrastrutture, sanità, educazione, che sono indispensabili allo sviluppo economico di un sistema. La ritrovata capacità di spesa garantirebbe la possibilità di investire in tutti quegli ambiti non remunerativi o ad alto grado di centralizzazione (monopoli naturali), che solo lo Stato può gestire in modo funzionale all’interesse pubblico.
  3. I rapporti con l’estero dovrebbero essere gestiti non più in ottica mercantilistica e di svalutazione interna, ma prestando attenzione a massimizzare i termini reali di scambio. Vediamo cosa significa.
    Dato che ogni prodotto esportato è un prodotto costruito internamente con dispendio di risorse reali e poi consumato all’estero, è possibile dire che le esportazioni rappresentano un costo reale: una privazione di beni reali. Al contrario, le importazioni rappresentano un beneficio reale per il settore privato nazionale, in quanto approvvigionamento di beni non prodotti internamente. Per tale motivo, una gestione ottimale dei rapporti con l’estero dovrebbe tendere a massimizzare la quantità di importazioni a parità di esportazioni. Vale a dire, evitare surplus commerciali prolungati e, soprattutto, evitare svalutazioni artificiali, che diminuiscono i benefici reali (importazioni) a parità di costi reali (esportazioni).
    Tale gestione dei commerci internazionali non tiene conto dell’aspetto finanziario poiché tutta la volontà di risparmio (e di consumo) del settore privato potrebbe essere soddisfatta da un adeguato deficit pubblico privo di costi reali. Sarebbe pertanto assurdo cercare di ottenere ricchezza finanziaria dall’estero con dei surplus commerciali gravati da un costo reale.

Deficit pubblico per la piena occupazione, investimenti strategici e massimizzazione dei termini reali di scambio rappresentano il tris d’assi per una gestione ottimale dell’economia. Inutile dire che senza questi ingredienti il ritorno alla sovranità monetaria non avrebbe alcun effetto benefico.

Una luce

Tutto accade per scelta politica, e se l’Unione Europea vuole salvarsi dovrà ammettere che le proprie scelte sono state fino ad oggi drammaticamente sbagliate. Ma se ciò non avvenisse, in tutta Europa, tra la gente, nei corpi intermedi e nella politica, bisognerà creare la consapevolezza che l’austerità, il mostro che sta divorando la vita di milioni di persone, è solo una tigre di carta, un’invenzione, una superstizione. E con questa consapevolezza si potrà tornare a sperare.

 

Fonte dati: Tradingeconomics.com

Scarica il Pdf impaginato per la stampa!


Crediamo nella libera circolazione del sapere. Ogni nostro progetto è fruibile gratuitamente e realizzato in forma volontaria dagli attivisti di Rete MMT Italia. Se ti è piaciuto, premiaci con una libera donazione.

3 Commenti

  • Così parla un TRADITORE.
    NON esistono soluzioni “dentro” all’UE!

    Ma come bisogna dirvelo?
    Perdio!

    IMMEDIATA USCITA DA EUROZONA, UE E POSSIBILMENTE NATO!!!

    E FATELA FINITA DI FAR FIONTA CHE SI POSSA FAR CESSARE L’AUSTERITY, RESTANDO IN EUROZONA!

    LO DICEVA ANCHE QUEL GRANDISSIMO COGLIONE DI TSIPRAS!

    L’EUROZONA è IL NEMICO MORTALE:
    LO SI ABBATTE E BASTA!
    NON CI SI FA ACCORDI!

    PERDIO!

    • Caro Fabio,
      L’articolo denuncia in modo chiaro che
      “è fantascientifico immaginare che la classe politica europea possa decidere di prenderle in considerazione. Purtroppo i fatti parlano chiaro e dicono che l’attuale situazione economica non è frutto del caso, ma di deliberate scelte politiche. I vincoli contabili imposti a livello europeo che impediscono l’attuazione delle proposte sopra elencate sono lì a dimostrarlo: se l’intenzione fosse stata quella di agire nell’interesse pubblico, tali vincoli non sarebbero esistiti”.

      Non vedo dunque il motivo né del suo commento né della sua ira. Peraltro, le faccio notare che ciò che ha rallentato e ostacolato la diffusione della MMT in Italia sono proprio le maniere da lei magistralmente esemplificate, dunque riconsideri il suo modo di porsi alla luce del nostro, mi auguro comune, obiettivo: l’interesse pubblico.

Commenta