La Teoria

MMP Blog #18: Operazioni di politica fiscale e politica monetaria in uno Stato che emette la propria valuta

MMP Blog #18: Operazioni di politica fiscale e politica monetaria in uno Stato che emette la propria valuta

Questa settimana inizieremo ad esaminare i nostri prossimi argomenti: spesa pubblica, tassazione, determinazione del tasso d’interesse ed emissione di Titoli. Analizzeremo il processo di formulazione della politica fiscale e di quella monetaria da parte di uno Stato che emette la propria valuta. Terremo a mente che il regime di tasso di cambio scelto ha effetti sul funzionamento della politica interna. Distingueremo le procedure operative ed i vincoli che si applicano a tutti gli Stati che emettono la propria valuta da quelle che si applicano solo agli Stati che consentono alla propria valuta di fluttuare. Durante le scorse 17 (!) settimane abbiamo sfiorato molti di questi punti, ma è giunta l’ora di “andare al sodo” e vedere qualche dettaglio. Come sempre, stiamo cercando di rimanere fedeli agli obiettivi di un “Primer” — un’analisi piuttosto generale, [così] che possa essere applicata a tutti i Paesi che emettono la propria valuta. Evidenzieremo quando i risultati possono essere applicati solo a specifici regimi di tassi di cambio. E approfondiremo alcune delle procedure adottate che — in realtà “legano i lacci delle scarpe” — i vincoli autoimposti. Questa settimana forniremo una rapida panoramica dei principi generali.

Principi che non si applicano ad uno Stato che emette [la propria] valuta. Iniziamo da alcune delle convinzioni comuni che in realtà sono false — sarebbe a dire che le seguenti affermazioni NON valgono per gli Stati che emettono la propria valuta.

  1. Gli Stati hanno vincoli di bilancio (come famiglie e imprese) e devono raccogliere risorse attraverso la tassazione o l’indebitamento
  2. I deficit di bilancio sono negativi, un fardello per l’economia, eccetto che in alcune circostanze
  3. I deficit pubblici determinano l’aumento dei tassi d’interesse, spiazzando il settore privato… e causano necessariamente inflazione
  4. I deficit pubblici lasciano [l’eredità del] debito alle generazioni future: lo Stato deve ridurre la spesa pubblica o aumentare la tassazione oggi, per alleggerire questo fardello [domani]
  5. I deficit pubblici sottraggono risparmi che potrebbero invece essere usati per [finanziare] investimenti
  6. Abbiamo bisogno dei risparmi per finanziare gli investimenti e il deficit pubblico
  7. Deficit pubblici più elevati oggi, implicano tasse più alte domani, [necessarie] a pagare interessi e quota capitale del debito che è risultato dei deficit [annuali]

Anche se queste affermazioni sono coerenti con il sapere convenzionale, e nonostante siano più o meno accurate se applicate al caso di uno Stato che non emette la propria valuta, non possono essere applicate ad uno Stato che emette la [propria] valuta.

Principi che si applicano ad uno Stato che emette [la propria] valuta. Sostituiamo queste affermazioni false con altre che sono vere per qualunque Stato che emetta la [propria] valuta, persino per uno che opera sotto un regime di cambi fissi

  • lo Stato sceglie un’unità di conto ed emette una valuta denominata in quell’unità [di conto];
  • lo Stato assicura una domanda per la propria valuta imponendo una passività fiscale che si può adempiere pagando con la sua valuta;
  • lo Stato spende accreditando riserve bancarie, e tassa addebitando riserve bancarie;
  • in questo modo, le banche agiscono da intermediari tra lo Stato e il settore privato, accreditando i conti dei depositanti quando lo Stato spende e addebitandoli quando le tasse vengono pagate;
  • i deficit pubblici implicano accrediti netti alle riserve del sistema bancario e anche ai depositi dei privati presso le banche;
  • la Banca Centrale fissa il livello tasso d’interesse overnight target; aggiunge/rimuove riserve nella quantità necessaria a raggiungere il tasso d’interesse stabilito;
  • il tasso d’interesse overnight target è “esogeno”, determinato dalla Banca Centrale; la quantità di riserve è “endogena”, determinata dalle necessità e dai desideri delle banche private; e il “moltiplicatore dei depositi” è semplicemente un rapporto ex post tra la quantità di riserve e quella di depositi — è più corretto pensare che i depositi si espandano endogenamente facendo “leverage” [leva, NdT] sulle riserve, ma senza alcun rapporto di leverage predeterminato;
  • il Tesoro coopera con la Banca Centrale, emettendo nuovi Titoli per drenare le riserve in eccesso, o acquistando Titoli quando le banche sono a corto di riserve;
  • per questo motivo, le vendite di Titoli non sono un’operazione di indebitamento usata dallo Stato sovrano, sono invece uno strumento di “gestione delle riserve” che aiuta la Banca Centrale a centrare gli obiettivi di tasso d’interesse;
  • il Tesoro può sempre “permettersi” qualunque cosa sia in vendita nella propria valuta, anche se lo Stato impone sempre limiti alla propria spesa;
  • l’ammontare di prestito da parte della Banca Centrale non è limitato se non da vincoli imposti dallo Stato (inclusi vincoli operativi adottati dalla Banca Centrale stessa).

A questo punto alcune di queste affermazioni sembreranno criptiche. Le chiariremo ulteriormente nelle prossime settimane. Qui stiamo impostando i principi generali — che verranno discussi più avanti — al fine di evidenziare le differenze con la “saggezza convenzionale” che assimila [invece] il bilancio dello Stato a quello di una famiglia.

Facciamo attenzione a riconoscere che questi principi non implicano che lo Stato debba spendere senza limite. E l’affermazione lo Stato può “permettersi” qualunque cosa sia in vendita nella sua valuta implica che lo Stato possa acquistare qualunque cosa sia in vendita nella sua valuta. Ovviamente, se le cose sono in vendita solo [ad un prezzo denominato] in una valuta estera, allora lo Stato non le può acquistare direttamente con la sua valuta.

Questi principi non negano che una spesa eccessiva da parte dello Stato sarebbe inflazionistica. Inoltre vi potrebbero esserci conseguenze sul tasso di cambio: se lo Stato spende troppo, o se fissa il proprio tasso d’interesse target [ad un livello] troppo basso, potrebbe generare una spinta al deprezzamento della valuta. Ciò significa che [nel formulare] la politica di determinazione del tasso d’interesse, così come la sua politica di bilancio, lo Stato è consapevole dei possibili effetti sui tassi di cambio e/o d’inflazione; in tal senso, la politica di determinazione del tasso d’interesse e quella fiscale sono “vincolate” dalla volontà del Governo di controllare il tasso di cambio o il tasso d’inflazione.

Questo ci porta al regime di tasso di cambio: anche se i principi sopra esposti si applicano [anche] agli Stati che vincolano i propri tassi di cambio, questi ultimi devono [tuttavia] condurre la politica fiscale e quella monetaria facendo attenzione a rispettare il vincolo. Per questa ragione, anche se questi Stati possono “permettersi” di spendere di più, essi potrebbero essere costretti a dover ridurre la spesa per proteggere i propri tassi di cambio. E, mentre lo Stato può abbassare “esogenamente” il proprio tasso d’interesse target, questo potrebbe entrare in conflitto con il suo di tasso di cambio target. Per tale ragione, se [lo Stato] stesse vincolando il suo tasso di cambio, potrebbe scegliere di mantenere alto il livello di tasso d’interesse target.

La prossima settimana inizieremo ad esaminare in maggior dettaglio il bilancio di uno Stato che emetta valuta [propria].

 

Scarica il Pdf impaginato per la stampa!Originale pubblicato il 2 ottobre 2011

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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