L'Editoriale

Addio ai mondiali e all’interesse generale

Addio ai mondiali e all'interesse generale

Non è una questione di metafora. È un questione di visione sul lungo termine. È una questione di progettualità e di scelte.

L’esito negativo dell’Italia alle qualificazioni ai Mondiali 2018 ha dato il via a un ragionamento che, in realtà, circolava già da tempo. Come spesso accade, però, si ha il coraggio di farlo a voce alta solo dopo aver toccato il fondo. E il fondo è stato toccato.

Il management del calcio italiano ha scelto di disinvestire sul lungo termine e di non alimentare quella funzione sociale a cui, volente o nolente, il più popolare degli sport deve assolvere. Ha scelto di dare priorità agli interessi particolari delle singole squadre italiane piuttosto che all’interesse generale della nazionale. È una questione di investimenti, i quali però non vanno intesi esclusivamente in termini di risorse finanziarie ma anche di progettualità. Le risorse finanziarie sono lo strumento per realizzare un progetto.

Solo ora in tanti si accorgono che era necessario ragionare sul lungo termine, alimentare le potenzialità dei ragazzi che oggi giocano nei campi delle parrocchie o nelle squadre di periferia, rispondere a un interesse generale che, come tale, chiedeva anche il coinvolgimento e la visione prospettiva dello Stato. Gli interessi particolari delle singole squadre del campionato bloccano l’attenzione al breve termine, ai conti in ordine dei club e ai loro guadagni. La nazionale doveva guardare oltre.

I nostri tempi sono contraddistinti da questa mancanza di visione per l’interesse generale.

Non è solo una questione di tattica di gioco o di allenatore, come non è solo una questione di leader o di singole manovre finanziarie. È il fallimento di un tipo di società che ci dicevano vincente, è il fallimento di aver fatto prevalere il mercato sull’interesse generale. In tanti oggi dicono che è necessario rifondare il calcio italiano affinché riacquisisca la sua valenza sociale. Chissà se quelle persone riescono a pensare ai danni, ancora peggiori, che possono essere causati dall’assenza dello Stato, imprigionato dalle politiche di austerità e dal mero interesse dei mercati. Speriamo che l’esito della nazionale di ieri possa aprire il ragionamento, dato che la devastazione sociale davanti ai nostri occhi ancora non l’ha ancora fatto.


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1 Commento

  • Sono perplesso. Qualcuno ha mai pensato al calcio – così parossisticamente seguito dalle masse e quindi così socialmente significativo – come un micidiale strumento di “distrazione di massa”? Quali sarebbero gli effetti positivi di una nazionale vincente sulla devastazione sociale ed economica davanti ai nostri occhi? Vorrei suggerirne uno tra i molti: temporaneo effetto anestetizzante degli effetti negativi sull’individuo di una realtà degradata a mezzo di euforia da vittoria.

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